Serie - “Malattie respiratorie occupazionali”
Pubblicato: 2017-02-15

Asma bronchiale professionale

Università degli Studi di Pavia, Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense
Asma correlata al lavoro Asma professionale Asma esacerbata dal lavoro Rinite correlata al lavoro Rinite professionale Allergopatie professionali

Abstract

Dal 9 al 25% dei casi di asma bronchiale nell’adulto sono correlati all’attività lavorativa, che può provocare o riacutizzare un’asma preesistente. L’asma causata dal lavoro, definita Asma Professionale (AP), è la patologia respiratoria professionale più frequentemente segnalata e indennizzata in molte Nazioni, e costituisce una sensibile fonte di disabilità, e di costi sanitari e sociali. È pertanto importante che venga riconosciuta e diagnosticata correttamente. Più di 400 composti sono stati identificati come agenti causali di AP, incluse proteine ad elevato peso molecolare di origine animale o vegetale e sostanze chimiche a basso peso molecolare, che possono agire mediante meccanismi immunologici e non. Attualmente l’AP da farina di cereali nei panificatori è la forma più frequente nel mondo. Gli addetti alle pulizie sono un’altra categoria di lavoratori ad alto rischio. L’iter diagnostico dell’asma professionale si basa su una serie di step mirati da un lato a dimostrare che il paziente soffre di asma bronchiale, dall’altro a dimostrarne il nesso causale con l’attività lavorativa. La diagnosi precoce, seguita da un tempestivo allontanamento del soggetto dall’agente causale, è fondamentale per una prognosi favorevole. Pertanto, tutti i medici dovrebbero saper riconoscere tempestivamente questa patologia. Il test di provocazione bronchiale specifico è tuttora considerato il test di riferimento per la diagnosi di AP. In un’elevata percentuale di casi l’AP è associata a rinite, e i sintomi nasali spesso precedono l’insorgenza di quelli bronchiali, rappresentando in molti casi un marker precoce utile nella sorveglianza sanitaria. Alla diagnosi di AP conseguono per il sanitario che l’ha posta obblighi medico-legali, ossia il referto all’Autorità Giudiziaria, la denuncia all’organo di vigilanza e la certificazione per la segnalazione della malattia professionale all’Istituto assicuratore per l’avvio delle pratiche di indennizzo. Pertanto, l’accuratezza diagnostica è di particolare rilevanza in questo settore.

Introduzione

L’esposizione a sensibilizzanti o a irritanti in ambiente di lavoro può provocare o aggravare un’asma preesistente 1. L’asma professionale (AP), causata dall’esposizione lavorativa, è la forma più nota di asma correlata al lavoro (Work-Related Asthma, WRA) 2 (Figura 1), ma recentemente è stata evidenziata l’importanza dell’asma esacerbata dal lavoro (Work-exacerbated Asthma, WEA), poiché si stima che circa il 25% degli asmatici abbia riacutizzazioni in ambiente di lavoro 3.

Sono poi descritte alcune varianti di WRA 2, come la bronchite eosinofila professionale 4 o l’asma dei lavoratori dell’alluminio 5.

La WRA, e in particolare l’AP, è causa di disabilità e di costi individuali, sociali ed economici, ed è probabilmente sottodiagnosticata. Ogni medico può trovarsi di fronte a un paziente con questa patologia nella pratica quotidiana, ed è quindi importante che sappia riconoscerla e gestirla correttamente 6. Questo articolo tratta principalmente l’AP.

Asma professionale

L’AP è una patologia caratterizzata da ostruzione bronchiale variabile e/o variabile iperreattività bronchiale e/o infiammazione dovute a cause e condizioni attribuibili a un particolare ambiente di lavoro, e non a stimoli incontrati al di fuori di esso 2.

In base ai meccanismi patogenetici sottostanti si distinguono due tipi.

a) AP allergica o immunologica causata da sensibilizzanti

Ha alla base un meccanismo immunologico, che può essere mediato da immunoglobuline E (IgE) (AP allergica), o non-IgE mediato. È caratterizzata dalla presenza di un periodo di latenza tra inizio dell’esposizione lavorativa e comparsa dei sintomi. È associata a rinite in un’elevata percentuale di casi (fino al 92%) 7 8 e i sintomi nasali di solito compaiono 5-6 mesi prima di quelli bronchiali 9.

Gli agenti causali di AP IgE-mediata sono classicamente divisi in base al loro peso molecolare (p.m.). Gli agenti ad alto p.m. (> 10 kD) sono proteine o glicopeptidi di origine animale o vegetale, che si comportano come antigeni completi, stimolando la produzione di IgE, e la conseguente cascata infiammatoria allergica. Un meccanismo IgE-mediato è stato anche dimostrato per alcuni sensibilizzanti a basso p.m., che probabilmente agiscono come apteni, legandosi a una proteina carrier 1 (Tabella I).

Altri specifici sensibilizzanti occupazionali a basso p.m., come gli isocianati, possono invece provocare AP con le caratteristiche cliniche e patologiche dell’asma allergica (presenza di periodo di latenza, ecc.), ma con meccanismi immunologici non ancora completamente definiti (Tabella II).

Indipendentemente dall’agente causale, l’anatomia patologica dell’AP da sensibilizzanti è sempre caratterizzata da aumentato numero di cellule infiammatorie (eosinofili, mastociti, macrofagi, neutrofili, linfociti), estesa desquamazione epiteliale, iperplasia del muscolo liscio, ispessimento della membrana basale. L’infiammazione bronchiale contribuisce alle alterazioni funzionali, i.e. l’iperreattività bronchiale non specifica (Non-specific Bronchial Hyperresponsiveness, NSBH) e l’ostruzione bronchiale 10.

Attualmente sono riconosciuti più di 400 sensibilizzanti occupazionali responsabili di AP, e vi sono costantemente nuove segnalazioni 11. Una lista esaustiva e aggiornata annualmente è reperibile al link

b) Asma professionale da irritanti

Questa forma di AP, non allergica, non immunologica, è stata recentemente riclassificata sulla base delle caratteristiche di esposizione e della modalità di insorgenza dei sintomi 12.

Comprende una forma acuta, la Reactive Airways Disfunction Syndrome (RADS), che insorge dopo esposizione a concentrazioni molto elevate di irritanti, di solito per cause accidentali, e forme subacute o croniche indotte da esposizioni multiple ad alte o basse concentrazioni di irritanti.

La RADS è la forma più nota e definita perché è quella in cui è meglio riconoscibile il rapporto causale tra esposizione e insorgenza di sintomi. La Tabella III riporta i criteri che la identificano nella descrizione originale di Brooks 13 (colonna sinistra), e le successive modificazioni (colonna destra) 14 15.

I meccanismi dell’AP da irritanti non sono completamente noti, ma il danno dell’epitelio bronchiale gioca un ruolo centrale, con conseguente risposta infiammatoria, infiammazione neurogena per esposizione delle terminazioni nervose, aumentata permeabilità polmonare e remodeling dell’epitelio delle vie aeree 12.

Epidemiologia e fattori di rischio

Attualmente si stima che tra il 9 e il 25% dei casi di asma nell’adulto abbiano una relazione con l’attività lavorativa. In studi trasversali la frequenza di AP nei soggetti esposti ai più noti rischi sensibilizzanti è circa il 10% 1.

L’AP da farina di cereali nei panificatori è attualmente la più frequente in diverse nazioni 16. L’AP da di-isocianati, composti usati nella produzione di schiume poliuretaniche e come indurenti nelle vernici spray, è stata la forma più comune di AP in molte aree industrializzate nella seconda parte del secolo scorso 10, ed è tuttora molto frequente. L’AP da latice ha avuto grande importanza nel personale sanitario nello scorso ventennio, soprattutto per l’aumentato uso di guanti in latice per la protezione dall’infezione da HIV. Successivamente, per le misure preventive intraprese, la frequenza è nettamente diminuita 17. Attualmente, una delle categorie più a rischio di AP è quella degli addetti alle pulizie, che sono esposti a mix di irritanti e sensibilizzanti 18.

Nel determinismo dell’AP da sensibilizzanti il livello di esposizione è il fattore di rischio più importante, e vi è evidenza di una chiara relazione dose-risposta tra entità dell’esposizione e sviluppo di sensibilizzazione IgE-mediata e di sintomi correlati al lavoro 19. L’atopia è un fattore di rischio per lo sviluppo di AP IgE-mediata, anche se il livello di associazione è basso. Anche la presenza di Rinite Professionale (RP) rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di AP 8, mentre il ruolo predisponente del fumo di tabacco e dei fattori genetici è discusso 19 20.

Diagnosi di asma professionale

L’accuratezza diagnostica è particolarmente importante nell’AP poiché a una diagnosi positiva conseguono implicazioni cliniche, economiche e medico-legali 21 22. Compito del medico è dimostrare, oltreché la presenza di asma, anche il suo carattere di “professionalità”, ossia il nesso causale fra esposizione lavorativa e malattia 6 22.

La possibilità di un’origine professionale va sempre tenuta presente quando si valuta un soggetto in età lavorativa che riferisce l’insorgenza di sintomi asmatici, o l’aggravarsi di un’asma preesistente 6 22. L’AP va, in prima istanza, “sospettata”. La presunzione anamnestica va convalidata da dati obiettivi, in quanto l’anamnesi di per sé, anche se altamente suggestiva, ha scarsa specificità, e non è sufficiente per la diagnosi 23.

L’iter diagnostico di AP e i test utili sono riportati in Tabella IV 24.

La diagnosi precoce, seguita dal tempestivo allontanamento dall’esposizione all’agente causale, è fondamentale per una prognosi favorevole 22. Per questo sono stati proposti algoritmi di diverso approfondimento diagnostico, che possano consentire anche a medici non esperti in AP di porre il sospetto diagnostico, inviando poi i soggetti a centri specializzati per la conferma (Figura 2) 6.

1. Anamnesi patologica e occupazionale, e definizione del rischio professionale

Un’anamnesi accurata è la base per l’orientamento diagnostico.

L’anamnesi patologica deve indagare:

  1. presenza di patologie preesistenti, come asma o rinite, o di trait atopico personale o familiare;
  2. caratteristiche dei sintomi respiratori e presenza di sintomi accessori, in particolare nasali, indagando anche se sono comparsi insieme ai sintomi bronchiali, o li hanno preceduti;
  3. periodo di tempo intercorso fra inizio dell’attività lavorativa e inizio della sintomatologia (periodo di latenza), e durata dei sintomi prima della diagnosi;
  4. relazione temporale fra esposizione lavorativa e sintomi, sia nell’ambito della giornata di lavoro (i sintomi possono insorgere durante le ore lavorative, oppure tardivamente, dopo la fine del turno di lavoro), sia nei periodi di lavoro e di assenza dal lavoro per ferie, ecc.

L’anamnesi occupazionale deve raccogliere tutte le informazioni sull’esposizione professionale, attuale e dei lavori precedenti. Vanno indagati: durata dell’attività lavorativa, mansione specifica, sostanze utilizzate direttamente dal soggetto e dai colleghi in zone vicine, caratteristiche dell’ambiente di lavoro e del ciclo tecnologico (in aperto, in chiuso), eventuali variazioni del ciclo tecnologico e delle mansioni del soggetto, data dell’ultima esposizione lavorativa 6.

Elementi favorevoli per il sospetto di AP sono: 1) insorgenza dei sintomi dopo l’inizio di una nuova attività lavorativa o dell’utilizzo di nuove sostanze; 2) presenza dei sintomi in periodi lavorativi e assenza nei periodi di astensione dal lavoro (fenomeno arresto-ripresa positivo); 3) insorgenza dei sintomi in relazione a specifiche mansioni.

Compito del medico in questa fase dell’iter diagnostico è anche accertare la reale esposizione professionale del paziente, richiedendone documentazione al datore di lavoro (schede di sicurezza dei prodotti usati, risultato di indagini ambientali ecc.).

2. Diagnosi di asma bronchiale

La diagnosi di asma si basa sui caratteristici elementi clinico-funzionali 25 (Tabella IV). Il test con metacolina è il più utilizzato per la misura della NSBH. La presenza di NSBH conferma la diagnosi di asma. L’assenza di NSBH in un soggetto assente dall’esposizione lavorativa da un certo periodo di tempo non esclude la diagnosi di AP, mentre l’assenza di NSBH in un soggetto tuttora esposto all’agente causale rende la diagnosi di AP molto improbabile, dato l’elevato valore predittivo negativo del test con metacolina (> 95%) 26. Pertanto, tale test andrebbe sempre eseguito quando il paziente è in attività di lavoro 26 27.

3. Conferma della relazione tra esposizione lavorativa e sintomi

Una prima dimostrazione obiettiva della relazione fra esposizione lavorativa e sintomi suggerita dall’anamnesi può scaturire dalla misurazione seriata del Picco di Flusso Espiratorio (PEF) con apparecchi portatili in periodi di lavoro e di assenza dal lavoro 28. Per aumentare la sensibilità e la specificità, al monitoraggio del PEF può essere associata la misura della NSBH all’inizio e alla fine di ogni periodo 29. Il monitoraggio del PEF è di facile esecuzione anche in centri non specializzati 6, ma ha diversi limiti 28, e soprattutto consente solo di confermare oggettivamente la relazione fra esposizione lavorativa e sintomi, ma non di definire l’agente causale.

L’unico test in grado sia di confermare la relazione lavoro-sintomi, sia di identificare l’agente causale è il Test di Provocazione Bronchiale Specifico (TPBS), tuttora considerato il test di riferimento per la diagnosi di AP 30.

4. Dimostrazione della sensibilizzazione a un agente professionale e del suo ruolo causale nell’induzione della sintomatologia

AP da sensibilizzanti

Nel caso si sospetti un’AP IgE-mediata da un agente ad alto p.m., la sensibilizzazione può essere valutata tramite Skin Prick Test (SPT) e/o la ricerca di IgE specifiche nel siero, purtroppo però la disponibilità di estratti commerciali standardizzati e validati è limitata 31, e in molti casi gli estratti vengono preparati nei singoli laboratori partendo dai materiali grezzi. Una migliore identificazione delle proteine allergeniche contenute negli asmogeni professionali con le tecniche di biologia molecolare (microarray) dovrebbe consentire la preparazione di un maggior numero di estratti commerciali purificati e validi 32.

Il test di attivazione dei basofili (Basophil Activation Test, BAT) si è rivelato utile nell’identificazione dell’agente causale in diversi casi di AP 33 34, ma richiede ulteriori studi prima dell’introduzione nella pratica clinica.

Il riscontro di SPT positivo in un soggetto esposto a un allergene ad alto p.m., con anamnesi suggestiva, e con documentata NSBH o ostruzione bronchiale associata al lavoro consente una diagnosi altamente probabile di AP, che può permettere di non eseguire il TPBS 27. Al contrario, il riscontro di un SPT positivo in assenza di altri elementi clinici e funzionali non è da solo sufficiente a dimostrare che quell’allergene è responsabile dell’AP, e in questo caso è necessario procedere al TPBS 24 30.

Nei casi di sospetta AP da sensibilizzanti a basso p.m. l’unico mezzo per evidenziare il ruolo causale del sensibilizzante è il TPBS, che consiste nell’esposizione del soggetto in ambiente controllato a concentrazioni note e basse dell’agente sospettato e presente nell’ambiente di lavoro 30. La risposta bronchiale viene valutata tramite le variazioni del FEV1, prima e almeno durante le otto ore successive all’esposizione, associata alla misura delle variazioni nell’infiammazione bronchiale tramite il test dell’espettorato indotto o il FeNO, e alle variazioni della NSBH tramite test con metacolina. Nei casi di AP associata a rinite il TPBS consente di valutare contemporaneamente anche la risposta nasale 30 35.

I TPBS sono esami di delicata esecuzione, per la complessità delle metodiche e la possibilità di indurre risposte asmatiche, pertanto vanno eseguiti solo in ambienti specializzati e dotati di particolari attrezzature 30.

AP da irritanti

La diagnosi di RADS si basa sui criteri indicati nella Tabella III 1.

La diagnosi delle altre forme di asma da irritanti è più difficile, e si basa anch’essa sulla storia clinica, e sulle caratteristiche di esposizione, oltreché su dati obiettivi funzionali che confermino la presenza di asma 12.

Gestione dell’asma professionale

La gestione dell’AP include interventi sull’ambiente, terapie antiasmatiche e l’adempimento degli obblighi medico-legali 36.

Nell’AP da sensibilizzanti la cessazione dell’esposizione all’agente causale è il provvedimento più raccomandato, poiché è seguito da miglioramento dei sintomi e della funzionalità respiratoria, anche se una parte dei soggetti affetti non guarisce completamente 1 37. L’esposizione può cessare adottando provvedimenti igienistici nell’ambiente di lavoro (modificazioni dei processi lavorativi o delle sostanze usate, aumento della ventilazione, ecc.), oppure cambiando la mansione del soggetto, ricollocandolo in ambiente privo del rischio specifico, a volte con un totale cambio di attività, che più spesso comporta conseguenze socio-economiche negative (riduzione di stipendio, disoccupazione, ecc.) 37 38. La sola riduzione dell’esposizione può essere considerata in alcuni casi, soprattutto per motivi socio-economici 39, ma non può essere raccomandata come alternativa routinaria, in quanto i soggetti che continuano ad essere esposti peggiorano clinicamente e funzionalmente 1 37 40 41.

Il trattamento farmacologico segue le Linee Guida Internazionali sull’asma bronchiale 25. Nelle forme IgE-mediate in cui vi sia disponibilità di estratti validati e standardizzati è possibile instaurare un trattamento iposensibilizzante specifico, che si è dimostrato efficace nell’AP da farina di cereali e da latice 42. Recentemente sono state riportate esperienze positive con omalizumab nell’AP da farina di cereali 43 44.

Il trattamento dell’asma da irritanti prevede interventi ambientali atti a ridurre i livelli di esposizione, dopo i quali di solito il paziente può essere riammesso al lavoro seguendo le adeguate terapie antiasmatiche 12.

Ai fini di una corretta gestione, i lavoratori devono ricevere adeguata informazione e formazione sui rischi e sulle misure preventive da adottare per limitare l’esposizione, oltreché sulle terapie prescritte 1.

Obblighi medico-legali

Il medico che pone diagnosi di AP ha tre adempimenti medico-legali obbligatori:

  1. referto all’Autorità Giudiziaria (Procura della Repubblica o Ufficiale di Polizia Giudiziaria) (art. 365 Codice Penale e art. 334 Codice di Procedura Penale);
  2. denuncia di malattia professionale da inoltrare all’organo di vigilanza dell’ASL (art. 139 DPR 1124/65); La denuncia va inviata per conoscenza anche all’INAIL;
  3. primo certificato di malattia professionale, da consegnare al lavoratore che deve trasmetterla all’INAIL per il tramite del datore di lavoro, cui deve lui stesso consegnarlo.

Gli elenchi delle malattie per cui vige l’obbligo di denuncia e le tabelle delle malattie professionali riconosciute dall’INAIL sono periodicamente aggiornati: le ultime versioni sono rispettivamente comprese nel D.M. del 10.06.2014 e nel D.M. del 09.04.2008.

In Italia vige comunque un sistema assicurativo di tipo “misto”, ossia in cui vengono riconosciute non solo forme di AP elencate nelle citate tabelle, ma ogni forma di AP accertata con criteri diagnostici rigorosi. Per le malattie non tabellate l’onere della prova dell’eziologia professionale dell’affezione è a carico del lavoratore, ed è quindi evidente come sia fondamentale l’accuratezza diagnostica con la dimostrazione del nesso causale fra ambiente di lavoro e malattia.

Prevenzione

L’AP è prevenibile, e il controllo dell’ambiente è il cardine di ogni strategia preventiva primaria, secondaria e terziaria.

Per la prevenzione primaria la minimizzazione dell’esposizione è il provvedimento più efficace, soprattutto nell’AP da sensibilizzazione, data la chiara relazione dose-risposta tra esposizione, sensibilizzazione e sviluppo di malattia 19. È attualmente possibile dosare e monitorare le concentrazioni aerodisperse di diversi allergeni professionali 45, e identificare valori limite, come è stato proposto per la farina di frumento (0,5 mg/m3) 46, anche se va tenuto presente che per i sensibilizzanti non c’è alcun livello di esposizione che elimini completamente il rischio 47. È auspicabile che, laddove possibile, gli agenti a maggior potere sensibilizzante vengano sostituiti da altri meno potenti, com’è accaduto ad esempio nell’industria dei detergenti 48. Per gli agenti a basso p.m., poiché esiste una relazione tra struttura chimica e potere sensibilizzante 49 50, sarebbe auspicabile che di ogni nuovo composto immesso sul mercato venisse testato non solo il potere tossicologico, ma anche quello sensibilizzante 1.

La prevenzione primaria dell’AP da irritanti prevede l’eliminazione o la minimizzazione delle concentrazioni di irritanti aerodispersi, adeguata ventilazione degli ambienti, e l’uso di dispositivi di protezione individuale 12.

La valutazione dei fattori di rischio individuale nelle visite di screening prima dell’inizio di un’attività a rischio asmogeno è utile per conoscere le condizioni basali, ma non per escludere i soggetti dal lavoro, dati i bassi livelli di associazione con lo sviluppo di AP. Gli atopici o i soggetti con rinite o asma preesistente devono essere sottoposti a più intensa sorveglianza sanitaria, unitamente a un più rigoroso controllo ambientale 19 51.

La prevenzione secondaria, mirata all’identificazione di variazioni precliniche della malattia e alla diagnosi precoce, è in primis affidata ai Sistemi di Sorveglianza Sanitaria in ambiente di lavoro, e quindi al Medico Competente 52. In occasione delle visite periodiche va indagata l’insorgenza di sensibilizzazione agli allergeni professionali, o di sintomi di asma, o di rinite (particolarmente importanti come marker precoce di AP, in quanto possono precedere quelli di asma anche di 5-6 mesi), per avviare il soggetto ai necessari approfondimenti. In Italia la periodicità delle visite è di norma annuale 52, ma esse possono essere più ravvicinate nei soggetti con fattori predisponenti. Inoltre, ogni lavoratore può fare richiesta di una visita straordinaria nel caso rilevi l’insorgenza di sintomi sospetti, e pertanto i lavoratori devono essere educati a riconoscerli. Infine, poiché un lavoratore con sintomi di asma o rinite può in prima istanza rivolgersi al suo medico di famiglia, o ad altri specialisti, è importante che anche questi ultimi sappiano correlarli all’attività di lavoro.

La prevenzione terziaria, che ha lo scopo di limitare le conseguenze della malattia, si identifica con una corretta gestione della malattia (v. sopra).

Conclusioni

In conclusione, in un’elevata proporzione di asma nell’adulto è riconoscibile una relazione con il lavoro. L’asma professionale è prevenibile nello sviluppo e limitabile nelle conseguenze, e il controllo del rischio ambientale è il cardine di ogni strategia preventiva. La diagnosi precoce, seguita da un precoce allontanamento del soggetto dall’esposizione causale, è l’elemento più importante per una prognosi favorevole. È quindi fondamentale che tutti i medici che si occupano di asma pensino a questa possibile origine in una sintomatologia insorta o peggiorata in età adulta, e sappiano riconoscere i primi segni per procedere ai necessari approfondimenti. È altresì importante che i soggetti impiegati nei lavori a rischio siano informati e formati sui rischi e sui provvedimenti per minimizzare l’esposizione.

Figure e tabelle

Figura 1.Classificazione dell’asma correlata al lavoro (da Bernstein et al., 2013 2, mod.).

Figura 2.Algoritmo per un primo orientamento diagnostico su una sospetta WRA in centri non specializzati (da Moscato et al., 2012 6, mod.).

Alto peso molecolare Settori lavorativi
• Derivati (siero, urine) di animali di laboratorio • Laboratoristi, veterinari
• Proteine del latte e dell’uovo • Industria alimentare
• Derivati di prodotti ittici (pesci, crostacei, molluschi) • Industria alimentare
• Insetti • Apicultori, forestali, lavoratori con attività all’aperto
• Farina di cereali, soprattutto frumento • Panettieri, pasticceri, industria alimentare
• Latice della gomma • Personale sanitario, addetti alla produzione della gomma
• Pollini, fiori, derivati di vegetali vari • Giardinieri, fioristi, agricoltori
• Polveri di legno • Falegnami, mobilifici
• Polvere di caffé verde, di the • Industria alimentare
• Polvere di henné • Parrucchieri
• Enzimi biologici • Industria chimica e farmaceutica
Basso peso molecolare
• Anidridi acide (ftalica, maleica ecc.) • Industria plastica
• Amine • Industria plastica
• Colofonia • Saldatura elettronica
• Sali di platino • Raffineria del platino
• Disinfettanti (clorammina-T, glutaraldeide) • Personale sanitario
• Coloranti • Industria tessile
Tabella I.Principali agenti eziologici di AP allergica IgE-mediata.
Agenti Settori lavorativi
• Isocianati • Industria plastica, falegnami, verniciatori
• Sali di cromo e nickel • Saldatura, placcatura dei metalli
• Farmaci • Industria farmaceutica
• Sali di persolfato • Parrucchieri
• Sostanze chimiche varie (ossido di etilene, stirene ecc.) • Lavorazioni varie
• Enzimi e additivi alimentari (alfa amilasi ecc.) • Industria alimentare
Tabella II.Principali sensibilizzanti a basso peso molecolare responsabili di AP non IgE-mediata.
Criteri originali di Brooks (1985, ref. n. 13) Modificazioni successive (ref. n. 14, 15)
• Anamnesi di asma di nuova insorgenza • Anamnesi di asma di nuova insorgenza o riacutizzazione di asma infantile
• Relazione temporale tra insorgenza dei sintomi e una singola inalazione acuta di concentrazioni molto elevate di irritanti • I sintomi possono insorgere anche dopo ripetute inalazioni di concentrazioni molto elevate di irritanti
• Insorgenza dei sintomi entro 24 ore dall’esposizione • I sintomi possono insorgere anche più di 24 ore dopo esposizione
• Esposizione a concentrazioni molto elevate di gas, fumi, o vapori irritanti • Esposizione a concentrazioni molto elevate di gas, fumi, o vapori o polveri irritanti (es: disastro World Trade Center)
• Presenza di NSBH* o di ostruzione bronchiale reversibile (che persiste per almeno 3 mesi)
• Persistenza dei sintomi per almeno 3 mesi
Tabella III.Criteri per la diagnosi di RADS.
Step Test
1. Anamnesi patologica e occupazionale, e definizione del rischio professionale
2. Diagnosi di asma bronchiale Sintomi caratteristici (senso di costrizione toracica, tosse, dispnea, wheezing ecc.); spirometria e test di broncodilatazione, test con metacolina per NSBH*
3. Conferma della relazione fra esposizione lavorativa e sintomi Misurazione seriata del PEF** e della NSBH
4. Dimostrazione della sensibilizzazione a un agente professionale e del suo ruolo causale nell’induzione della sintomatologia SPT***, misura delle sIgE° nel siero, microarray, BAT#, TPBS§ con misura dell’infiammazione bronchiale con test dell’espettorato e/o FeNO^
Tabella IV.Step diagnostici di asma professionale e relative indagini.

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Affiliazioni

Gianna Moscato

Università degli Studi di Pavia, Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2017

Come citare

Moscato, G. (2017). Asma bronchiale professionale. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 32(1), 30-38. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2017-32-10
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