Articolo di revisione
Pubblicato: 2016-10-15

Il sonno e le apnee: dall’età evolutiva all’età adulta

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo
Apnee ostruttive nel sonno in età pediatrica Disturbi respiratori nel sonno Vie aeree superiori Russamento Diagnosi Terapia

Abstract

Il sonno è una delle funzioni fisiologiche che va incontro, nelle varie fasi della vita, a considerevoli variazioni in termini neurofisiologici e comportamentali. L’età evolutiva è un periodo caratterizzato da un processo continuo di cambiamento fisico e neuropsichico, e i processi di rimodellamento sinaptico, base neurofisiologica della plasticità cerebrale, tipica di questa fase di sviluppo, si verificano prevalentemente durante il sonno. Nella descrizione della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) in età evolutiva due aspetti fondamentali vanno sottolineati: la sua variabilità nelle differenti fasce di età e la sua specificità rispetto all’età adulta, tanto da rendere le definizioni e i criteri utilizzati per la diagnosi di OSAS nell’adulto non applicabili all’età pediatrica. Sebbene l’ipertrofia adenotonsillare sia il più comune fattore di rischio per l’OSAS pediatrica, l’obesità sta diventando un fattore di rischio sempre più diffuso in età evolutiva, prevalentemente nella seconda infanzia (6-9 anni) e nell’adolescenza. L’OSAS ha mostrato di influenzare la funzione cognitiva nei bambini e negli adulti; tuttavia, l’impatto dell’OSAS sulle funzioni cognitive nei bambini risulta essere più grave in quanto, agendo su strutture cerebrali plastiche, può modificare lo sviluppo neuropsichico, le capacità di apprendimento e le interazioni sociali. Appare evidente la diversità nella definizione di patologia tra l’età evolutiva e l’età adulta in base ai parametri strumentali: un indice AHI pari a 5, che nell’età pediatrica rappresenta il valore limite per un percorso terapeutico necessario ad evitare conseguenze a lungo termine, rappresenta invece, nell’età adulta, il valore limite inferiore per la definizione di patologia.

Articolo

Il sonno è una delle funzioni fisiologiche che va incontro, nelle varie fasi della vita, a considerevoli variazioni in termini neurofisiologici e comportamentali come effetto della progressiva maturazione delle diverse strutture cerebrali. Nelle prime fasi della crescita il cervello ha la plasticità di sviluppare funzioni che non possono essere raggiunte in epoche successive e il processo di rimodellamento sinaptico avviene quasi esclusivamente durante il sonno 1.

L’età evolutiva rappresenta un periodo della vita senza una rigida divisione temporale; caratteristica di tale periodo è un processo continuo di cambiamento oltre che sotto il profilo fisico, anche in quello neuro-psichico. In età prescolare, dai 2 ai 5 anni, si assiste ad una riduzione del tempo totale di sonno e del numero di “NAP”; la lunghezza dei cicli di sonno aumenta da 50’-60’ a 2 anni fino a 65’-90’ a 5 anni; il REM (Rapid Eye Movement) gradualmente si riduce dal 50% del tempo totale di sonno dei primi mesi di vita, al 20% circa in età adulta. Il sonno è molto stabile, con un ridotto numero di variazioni di stadio per ora di sonno (3,5 shifts/ora). In età scolare, tra i 6 e i 12 anni, si verifica una graduale riduzione dello stadio 3 NREM (Non Rapid Eye Movement), con aumento dello stadio NREM-2. In età adolescenziale si assiste ad una ulteriore riduzione del sonno NREM-3 e ad un progressivo ritardo della fase di addormentamento 2. L’attuale classificazione ICSD-3 (International Classification of Sleep Disorders - third edition) suddivide i disturbi del sonno in sette categorie: insonnia, disturbi respiratori del sonno, ipersonnie di origine centrale, disturbi del ritmo circadiano, parasonnie, disturbi del movimento nel sonno, sintomi isolati 3.

L’ICSD-3 ha uniformato i criteri diagnostici per bambino e adulto, pur riconoscendo delle entità nosologiche specifiche dell’età evolutiva; in particolare, vengono forniti criteri età-specifici per la diagnosi dell’insonnia cronica, delle parasonnie NREM, dei disturbi del movimento legati al sonno e dei disturbi respiratori nel sonno; tra questi, l’apnea ostruttiva nel sonno (OSA) rappresenta uno dei più comuni disturbi del sonno dell’età evolutiva 3 4.

Nella descrizione dell’OSAS in età evolutiva due aspetti fondamentali vanno sottolineati: la sua variabilità nelle differenti fasce di età e la sua specificità rispetto all’OSAS in età adulta.

Nella descrizione dell’OSAS in età evolutiva due aspetti fondamentali vanno sottolineati: la sua variabilità nelle differenti fasce di età e la sua specificità rispetto all’OSAS in età adulta, in termini fisiopatologici, epidemiologici, clinici, diagnostici e terapeutici, tanto da rendere le definizioni e i criteri utilizzati per la diagnosi di OSA nell’adulto non applicabili all’età pediatrica.

La prevalenza dell’OSA varia ampiamente nelle diverse fasi della vita: dall’1,1% in età pre-scolare al 4% in età scolare; sono riportati tassi di prevalenza tra il 24% e il 49% negli uomini e tra il 9% e il 23% nelle donne in età adulta non applicando il criterio della sonnolenza 5 6. Rispetto all’età adulta, nella quale l’OSA è più frequente nel sesso maschile, nei bambini non vi è differenza di genere 7. Nell’età evolutiva l’OSA presenta due picchi di incidenza: il primo si verifica tra i 2 e 5 anni di età, un secondo durante l’adolescenza 8.

Il manuale dell’American Academy of Sleep Medicine afferma che i criteri diagnostici per adulti possono essere utilizzati per i pazienti dall’età di 13 anni.

L’OSA è caratterizzata da ripetuti episodi di ostruzione parziale o totale delle vie aeree superiori che inducono ipossia intermittente e/o arousal e frammentazione del sonno. I criteri pediatrici per l’OSA si applicano ai pazienti da 0 a 18 anni. Tuttavia, il manuale dell’American Academy of Sleep Medicine afferma che i criteri diagnostici per adulti possono essere utilizzati per i pazienti dall’età di 13 anni 9.

Nell’adulto l’evento respiratorio patologico deve avere una durata di almeno 10 secondi, nel bambino la durata è dell’assenza di almeno due atti respiratori.

Per quanto riguarda i parametri respiratori per la diagnosi di OSA, l’American Academy of Sleep Medicine distingue gli eventi respiratori in apnee centrali, ostruttive, miste ed ipopnee, nell’adulto come nel bambino. Una rilevante differenza nelle definizioni riguarda la durata degli eventi: mentre nell’adulto l’evento respiratorio patologico deve avere una durata di almeno 10 secondi, nel bambino la durata è dell’assenza di almeno due atti respiratori. Inoltre, per il maggiore riscontro di eventi centrali in età pediatrica, la definizione di apnea centrale prevede l’assenza di flusso per almeno 20 secondi (non 10 secondi come nell’adulto); altra definizione prevede la cessazione dello sforzo respiratorio per almeno 2 respiri, ma associata ad arousal, a risveglio o a una desaturazione ≥ 3% 9.

Il respiro durante il sonno nel bambino e nell’adulto

Esistono grandi differenze del respiro durante il sonno tra bambini e adulti. Nel bambino la trachea e i bronchi sono poveri di tessuto cartilagineo, con maggiore tendenza al collabimento ostruttivo. La frequenza del respiro nel neonato è di circa 50 atti al minuto e si riduce progressivamente per raggiungere i valori dell’adulto verso i 15-18 anni. Proprio in considerazione della frequenza respiratoria superiore nei bambini, è stato proposto di conteggiare apnee di qualsiasi durata indipendentemente dal limite dei 10 secondi come negli adulti 9. Inoltre, la minore capacità funzionale residua, tipica dell’età pediatrica, può determinare importanti desaturazioni ossiemoglobiniche anche a seguito di brevi episodi apnoici 3.

Fino all’età di circa 3 anni la respirazione è prevalentemente di tipo addominale e con il progressivo sviluppo dei muscoli intercostali diventa sempre più di tipo toracico. La massa muscolare nei neonati e nei bambini piccoli è inferiore rispetto ai bambini più grandi e agli adulti. Pertanto, se richieste maggiori pressioni inspiratorie, il diaframma lavora ad un livello vicino alla soglia di fatica 10. Questo ha delle importanti ripercussioni nell’OSA in età pediatrica in quanto nei bambini l’ostruzione delle vie aeree superiori si verifica prevalentemente durante il sonno REM, fase in cui viene meno il tono dei muscoli intercostali e persiste soltanto l’attività del diaframma.

La maggior parte degli eventi respiratori nei bambini si verifica durante il sonno REM, tanto da definire l’OSA come patologia associata al sonno REM.

È noto dalle evidenze di letteratura che la maggior parte degli eventi respiratori nei bambini affetti da OSA si verifica durante il sonno REM, tanto da portare a definire l’OSA come patologia associata al sonno REM 11; di contro, il sonno ad onde lente sembra essere protettivo.

Questo aspetto è differente da quanto osservato negli adulti nei quali l’ostruzione si verifica durante il sonno N-REM come nel sonno REM 12 (Figura 1); l’attività del muscolo dilatatore del faringe si riduce maggiormente durante il sonno REM nei bambini rispetto agli adulti 13. Come per gli adulti, le apnee sono più lunghe durante il sonno REM del sonno N-REM 14, e sono associate ad una maggiore desaturazione ossiemoglobinica.

Gli arousal risultano essere correlati all’età in quanto si determinano con una minore frequenza nell’età evolutiva, mentre la loro incidenza aumenta con il passare degli anni. Dagli studi presenti in letteratura si può concludere che nei pazienti pediatrici soltanto il 20% delle apnee ostruttive si accompagna ad arousal 15.

Come risultato di una minore arousability, l’architettura del sonno in età evolutiva è solitamente preservata 15. Questo aspetto neurofisiologico è da considerarsi come un meccanismo di difesa poiché il minor numero di risvegli permette al bambino di conservare i benefici del sonno REM nonostante le crisi apnoiche ostruttive.

L’architettura del sonno in età evolutiva è solitamente preservata e questo aspetto neurofisiologico è un meccanismo di difesa poiché il minor numero di risvegli permette di conservare i benefici del sonno REM nonostante le crisi apnoiche ostruttive.

I mancati risvegli però inducono spesso lunghi e ininterrotti periodi di ipoventilazione ostruttiva che possono determinare interferenze sulle funzioni dell’apparato cardiorespiratorio 8.

È caratteristico dell’infanzia un aumentato drive respiratorio con graduale riduzione verso l’età adulta. Questo si associa ad un aumento dei riflessi e del tono delle vie aeree superiori nei bambini, con conseguente minore collassabilità rispetto agli adulti. Per questo i bambini con OSA hanno un modello di respirazione specifico, con ipoventilazione ostruttiva piuttosto che un modello ostruttivo ciclico, comunemente osservato nella respirazione degli adulti con disturbi respiratori del sonno 8.

Il picco di incidenza nella fascia di età prescolare, compresa tra i 2 e i 5 anni, corrisponde al periodo nel quale le adenoidi e le tonsille presentano il massimo sviluppo in rapporto allo spazio orofaringeo 7. Sebbene l’ipertrofia adenotonsillare sia un importante fattore di rischio per l’OSA pediatrica, non vi è alcuna relazione assoluta tra le dimensioni delle adenoidi e delle tonsille e la severità del disturbo respiratorio nel sonno 16. Tuttavia, l’obesità sta diventando sempre più importante e comune fattore di rischio anche per l’OSA pediatrico, prevalentemente nella seconda infanzia (6-9 anni) e nell’OSA durante l’adolescenza 17.

L’OSAS in età pediatrica si differenzia in tre fenotipi clinici: tipo I, associato a ipertrofia adenoidea e tonsillare; tipo II, principalmente ad obesità; tipo III, ai dismorfismi craniofacciali delle sindromi congenite.

In base al meccanismo fisiopatologico sottostante, l’OSAS in età pediatrica si differenzia in tre fenotipi clinici: tipo I, associato a ipertrofia adenoidea e tonsillare; tipo II, associato principalmente ad obesità; tipo III, associato ai dismorfismi craniofacciali delle sindromi congenite 18.

Il bambino con fenotipo tipo I, o Common Type, presenta generalmente un volto allungato, espressione sofferente, occhi alonati, spesso dismorfismi del volto, palato ogivale e respiro prevalentemente orale; non di rado è presente anche un difetto di crescita. Il fenotipo tipo II, o Adult Type, è associato ad obesità ed è generalmente caratterizzato da collo tozzo e dismorfismi craniofacciali caratterizzati da una riduzione della dimensione verticale del volto. In letteratura è descritto anche un fenotipo supplementare, tipo III, o Congenital Type, più tipico della prima infanzia, spesso già presente alla nascita, associato a sindromi congenite, caratterizzato prevalentemente da dismorfismi craniofacciali complessi (esempi: sindrome di Crouzon, di Arnold Chiari, di Pierre Robin, di Down, acondroplasia, paralisi cerebrali, ecc.) 18.

Clinica e comorbilità

L’eccessiva sonnolenza diurna (Excessive Day-time Sleepiness, EDS) è un sintomo di presentazione dell’OSAS nei bambini meno comune rispetto agli adulti 19; tuttavia, appaiono maggiormente descritte modifiche del comportamento caratterizzate da iperattività e inattenzione: l’utilizzo di questionari specifici riguardanti le alterazioni del comportamento associate alla sonnolenza diurna nell’età evolutiva, hanno evidenziato come la frequenza della sonnolenza diurna possa interessare circa il 40-50% dei bambini con OSAS 20. Per di più, la presenza di obesità sembra aumentare la probabilità di EDS; alcuni studi, infatti, sostengono che le manifestazioni di EDS possano essere differenti nei bambini con OSAS con fenotipo di tipo I rispetto ai bambini con OSAS con fenotipo tipo II: nel fenotipo OSAS tipo I, disattenzione e iperattività costituirebbero alterazioni comportamentali frequentemente descritte, associate a bassi punteggi nella scala di Epworth; nel fenotipo OSAS tipo II si riscontrano punteggi Epworth elevati 20.

Ci sono forti evidenze del fatto che i disturbi respiratori nel sonno nell’infanzia sono associati ad alterazioni nel comportamento (somatizzazione, depressione, aggressività), nella regolazione delle emozioni, nelle performance scolastiche, nell’attenzione sostenuta e selettiva, nella vigilanza 21.

L’impatto dell’OSA sulle funzioni cognitive nei bambini risulta essere più grave in quanto può modificare lo sviluppo neuropsichico, le capacità di apprendimento e le interazioni sociali.

L’OSA ha mostrato di influenzare la funzione cognitiva anche negli adulti 21. Tuttavia, l’impatto dell’OSA sulle funzioni cognitive nei bambini risulta essere più grave in quanto, agendo su strutture cerebrali plastiche, può modificare lo sviluppo neuropsichico, le capacità di apprendimento e le interazioni sociali 7.

I disturbi comportamentali e cognitivi presenti nel bambino con apnee ostruttive nel sonno potrebbero essere legati ad un’alterazione della corteccia prefrontale. La corteccia prefrontale, area cerebrale responsabile della regolazione delle funzioni esecutive e della programmazione del movimento, è una delle ultime aree del cervello a maturare nel corso del neuro-sviluppo. Il periodo della vita con il picco di incidenza dell’OSA potrebbe costituire un intervallo di tempo in cui, a causa della particolare vulnerabilità di tale area, il danno determinato dall’OSA sullo sviluppo della corteccia prefrontale potrebbe essere solo parzialmente reversibile 22.

Se non trattata o trattata in ritardo, l’OSA pediatrica può portare a una significativa morbilità che colpisce diversi organi e sistemi, nonostante la terapia appropriata. In adolescenti con OSA il rischio di sviluppare una sindrome metabolica è sei volte maggiore rispetto ai soggetti sani 23 24. Conseguenze cardiovascolari quali ipertensione arteriosa ed alterazioni della geometria del ventricolo sinistro sono state descritte nei bambini con OSA 25. Queste alterazioni sono da ricondurre all’attivazione simpatica e ad alterazioni infiammatorie dell’endotelio vascolare. Alcuni studi dimostrano che le complicanze cardiovascolari si riducono dopo trattamento, anche se meno frequentemente nei soggetti obesi e con familiarità per cardiopatia 26.

Una caratteristica esclusiva dell’OSA in età pediatrica è il suo impatto sulla crescita.

Una caratteristica esclusiva dell’OSA in età pediatrica è il suo impatto sulla crescita; il difetto di crescita è una conseguenza possibile di OSA nei bambini e la ripresa dell’accrescimento staturo-ponderale dopo intervento di adenotonsillectomia è comunemente riportato in letteratura 27. Il difetto di crescita nei bambini con apnee nel sonno è probabilmente legato ad una combinazione di più fattori quali anoressia, aumento del consumo di energia per aumento del lavoro respiratorio e ad una ridotta produzione dell’ormone della crescita la cui secrezione fisiologica presenta picchi più ampi e frequenti nel sonno NREM 27.

Una vasta gamma di sintomi e segni sono associati con l’OSAS nei bambini a seconda delle loro fasi di sviluppo. Il russamento o respiro rumoroso è il sintomo di presentazione più comune, insieme anche al respiro orale, più tipico dell’età prescolare; sonno agitato con frequenti cambi di posizione, posizioni di sonno anormali, incubi, sono descritti tra i bambini con OSAS, prevalentemente in età prescolare. Una eccessiva sudorazione durante il sonno è una manifestazione comune nell’OSAS pediatrica, così come episodi di pavor notturno e sonnambulismo non sono di raro riscontro, specie in età scolare. I bambini con OSA sono ad alto rischio per l’enuresi, primaria generalmente entro i due anni, secondaria in età scolare, che spesso si risolve quando il disturbo respiratorio nel sonno è adeguatamente trattato. I difetti di crescita descritti colpiscono prevalentemente la popolazione pediatrica in età prescolare, mentre in età scolare può essere registrata iporessia; disturbi del comportamento caratterizzati da iperattività e inattenzione appaiono più frequentemente descritti in età prescolare, mentre disturbi dell’apprendimento, sonnolenza diurna, instabilità emotiva, difficoltà al risveglio al mattino, bruxismo e cefalea diurna, sono più frequentemente descritti in età scolare 28. Da sottolineare, inoltre, come i tre differenti fenotipi di OSAS presentino, oltre ad un differente meccanismo fisiopatologico, una diversità nelle manifestazioni cliniche. Nel fenotipo OSAS tipo I risultano più comunemente descritti disturbi del comportamento quali iperattività, deficit dell’attenzione, mentre rare sono le complicanze cardiovascolari; nel tipo II, viceversa, le alterazioni cognitive appaiono meno frequentemente descritte, a fronte invece di una più frequente sonnolenza diurna e di alterazioni metaboliche e cardiovascolari 18.

Diagnosi

L’American Academy of Sleep Medicine, nella terza edizione della ICSD, suggerisce due criteri necessari per porre diagnosi di OSA in età pediatrica: 1) la presenza di uno o più dei seguenti sintomi clinici: russamento, respiro affannoso, paradosso o ostruito durante il sonno, eccessiva sonnolenza diurna, disturbi del comportamento, difetti di crescita o disturbi dell’apprendimento; 2) uno o entrambi i seguenti risultati all’esame diagnostico strumentale: (A) uno o più apnee ostruttive, apnee miste, o ipopnee per ora di sonno, (B) 25% del tempo totale di sonno con ipercapnia (PaCO2 > 50 mmHg) in associazione con uno o più dei seguenti parametri: russamento, appiattimento della curva di flusso, o movimento toraco-addominale paradosso 3.

Anche se la storia e l’esame fisico sono utili per determinare quali pazienti hanno bisogno di ulteriori indagini per OSA, questi non sono sufficienti per diagnosticare o determinare la gravità di OSA né in età pediatrica, né in età adulta 29 30.

I questionari sui disturbi del sonno in età pediatrica (es: Pediatric Sleep Questionnaire, Sleep Clinical Record) hanno una sensibilità dell’85% e una specificità dell’87%. La diagnostica strumentale dell’OSA si avvale della saturimetria, della poligrafia o monitoraggio cardiorespiratorio (MCR) e della polisonnografia (PSG) (Figura 2).

Un tracciato ossimetrico normale, in presenza di un quadro clinico suggestivo di OSAS, non esclude la presenza della patologia e rende necessario il ricorso ad un esame polisonnografico.

La saturimetria notturna possiede le caratteristiche di un ideale test di screening in età evolutiva: facilità di esecuzione, basso costo di attuazione, alto valore positivo di predittività diagnostica; già Brouillette aveva dimostrato che una registrazione pulsossimetrica notturna contenente tre o più clusters periodici di desaturazione con valori inferiori al 90% ha un valore predittivo di OSA pari al 97%. Dai dati di letteratura 31 l’ossimetria notturna in età pediatrica emerge come uno strumento prezioso che può facilitare le decisioni di trattamento quando la polisonnografia non è disponibile. Manca all’esame un valore altrettanto attendibile di predittività negativa: un tracciato ossimetrico normale, in presenza di un quadro clinico suggestivo di OSAS, non esclude la presenza della patologia e rende necessario il ricorso ad un esame poligrafico/polisonnografico per formulare una diagnosi conclusiva.

La PSG notturna in laboratorio rimane il gold standard per la diagnosi di OSA in età evolutiva. L’indice di disturbo respiratorio (Respiratory Disturbance Index, RDI) ne rappresenta il parametro di severità ed è il risultato di eventi respiratori patologici ostruttivi, apnee ed ipopnee, di eventi respiratori centrali, di limitazioni di flusso associate ad arousal, i così detti RERA (Respiratory Effort-Related Arousals). La PSG durante il sonno diurno ha una sensibilità che varia dal 69% al 75% ed una specificità dal 60% al 100%; queste diverse percentuali sono attribuibili al breve tempo di registrazione ed alla possibilità di non registrare il sonno REM nelle ore diurne 29, sottolineando l’importanza della esecuzione dell’esame nelle ore notturne.

L’innovazione tecnologica ha progressivamente introdotto dei sistemi di monitoraggio semplificati ed alternativi alla PSG. Ne consegue una versatilità di applicazione indispensabile per fare fronte alla sfida epidemiologica dell’OSA la cui elevata prevalenza rende difficile un approccio unicamente basato sulla PSG.

Il monitoraggio cardiorespiratorio è attualmente accettato come esame diagnostico di prima istanza nei pazienti adulti con un quadro clinico suggestivo per OSA. L’AHI (Apnea-Hypopnea Index), ossia il numero di apnee/ipopnee per ora di sonno stimato, ne rappresenta il parametro di severità ed include eventi respiratori ostruttivi, apnee e ipopnee, misti e centrali; non include invece i RERA.

Numerosi studi dimostrano che il MCR fornisce una valida alternativa alla PSG per la diagnosi di OSA nei bambini con un elevato sospetto clinico di OSA, anche se non è un esame raccomandato nelle più recenti linee guida emanate dall’American Academy of Pediatrics. Da sottolineare, tuttavia, che nei bambini al di sotto dei 3 anni di età e nei casi negativi al MCR, ma con un quadro clinico altamente suggestivo di OSA, una PSG convenzionale deve essere eseguita 32. Esiste una possibile sottostima della gravità della patologia nella registrazione poligrafica rispetto alla PSG, in primo luogo perché il tempo di registrazione totale viene utilizzato come denominatore nel calcolo dell’AHI rispetto al Tempo Totale di Sonno (Total Sleep Time, TST), in secondo luogo perché non vengono conteggiati nell’AHI, contrariamente all’RDI, gli eventi respiratori senza desaturazione ma associati a risvegli o ad arousal. Questo potrebbe influenzare le scelte di gestione clinica, prevalentemente nei bambini con apnea ostruttiva nel sonno di grado lieve 33.

In età evolutiva un indice AHI ≥ 1 eventi/ora è da considerarsi patologico.

Se diversa è l’espressione clinica dell’OSA nelle diverse età, differenti devono essere i parametri di diagnostica strumentale idonei a determinare la gravità della patologia respiratoria nel sonno nelle diverse fasce di età. In età evolutiva un indice AHI ≥ 1 eventi/ora è da considerarsi patologico 34. Ad oggi non esistono però dati sufficienti per condividere una definizione di OSA lieve, moderata o severa in età pediatrica, né vi è accordo comune per definire il valore minimo di indice di disturbo respiratorio che dovrebbe fungere da linea guida per porre indicazione di necessità terapeutica; dai dati di letteratura, un valore di AHI di almeno 5 è considerato dai più indicativo di tale necessità 35, ma bambini con un AHI inferiore a 5 possono presentare una condizione sintomatologica severa e richiedere l’intervento. Le linee guida italiane suddividono l’OSA dell’età pediatrica in 4 classi di severità secondo l’indice apnea/ipopnea come segue: OSA minima con RDI tra 1 e 3 e SaO2 media > 97%; OSA lieve con RDI tra 3 e 5 e SaO2 media > 97%; moderata: RDI tra 5-10 e SaO2 media > 95%; OSA severa RDI > 10 e con SaO2 media < 95% 4; classificazione confermata dalla maggioranza degli studi in letteratura 7. Appare evidente la diversità nella definizione di patologia tra l’età evolutiva e l’età adulta in base ai parametri strumentali: un indice AHI pari a 5, che nell’età pediatrica rappresenta il cut-off per un percorso terapeutico necessario ad evitare conseguenze a lungo termine, rappresenta, invece, nell’età adulta, il valore limite inferiore per la definizione di patologia.

Terapia

Ci sono varie opzioni terapeutiche per l’OSA nell’infanzia che si basano su condizioni mediche generali, età e parametri strumentali 35 (Tabella I). In età evolutiva la diagnosi precoce e il conseguente trattamento può migliorare le performance cognitive a lungo termine, con effetti importanti anche sul rendimento scolastico e le relazioni sociali e sullo sviluppo neuropsicologico.

Nel bambino la prima scelta terapeutica è rappresentata dall’adenotonsillectomia soprattutto nei casi di apnea moderata e severa (AHI ≥ 5); tale approccio deve considerarsi elettivo nei casi di ipertrofia adeno-tonsillare, portando ad un miglioramento dei parametri poligrafici/polisonnografici nella maggioranza dei pazienti.

Nel bambino la prima scelta terapeutica è rappresentata dall’adenotonsillectomia soprattutto nei casi di apnea moderata e severa (AHI ≥ 5).

Nonostante questo miglioramento, in una percentuale significativa di pazienti l’OSA persiste dopo l’adenotonsillectomia. La stima di questa proporzione in una popolazione relativamente a basso rischio varia da un minimo del 13%, al 29% quando si utilizza un AHI ≥ 5 come criterio, ad un massimo del 73% se si includono i bambini obesi 29. I bambini a più alto rischio della persistenza di OSA post-intervento, oltre agli obesi, sono quelli con un AHI pre-operatorio ≥ 20/ora, e i bambini con più di 7 anni di età. L’assenza del russamento dopo l’intervento è rassicurante per i genitori, ma non può essere dirimente del successo terapeutico. È pertanto consigliabile eseguire un esame strumentale post-operatorio nei bambini ad alto rischio, anche in assenza di russamento segnalato dai genitori 34. Sulla base degli studi pubblicati, si raccomanda che i bambini con un nadir della SpO2 < 80% in una PSG preoperatoria o con un AHI ≥ 24 debbano rimanere sotto osservazione dopo l’intervento, in quanto presentano un aumentato rischio di compromissione respiratoria postoperatoria 29.

La terapia con CPAP non è raccomandata come terapia di prima linea per l’OSA pediatrico.

La terapia con CPAP non è raccomandata come terapia di prima linea per l’OSA pediatrico; le indicazioni per la terapia con CPAP includono OSA severa senza indicazione al trattamento chirurgico, OSA residua dopo intervento chirurgico, trattamento chirurgico ritardato, OSA complessa, OSA ad alto rischio di complicanze anestesiologiche 35.

La principale zona grigia per quanto riguarda il trattamento dell’OSA coinvolge quei bambini che presentano un AHI superiore a 1, ma inferiore a 5 eventi per ora di sonno. Il rapporto rischio/beneficio dell’adenotonsillectomia in questi pazienti non è stato definito, e l’utilizzo della CPAP è scarsamente efficace in quanto applicata a vie aeree ostruite da ipertrofia adenoidea/tonsillare. Tali considerazioni hanno portato alla ricerca di alternative terapeutiche: la terapia medico-farmacologica che consiste nell’applicazione topica di corticosteroidi o anti-leucotrieni 35, da sola o in associazione ad altri trattamenti, e l’applicazione di apparecchi ortodontici 18.

La principale zona grigia per quanto riguarda il trattamento dell’OSA coinvolge quei bambini che presentano un AHI superiore a 1, ma inferiore a 5 eventi per ora di sonno.

Dalla letteratura si evince che le strade terapeutiche dell’OSA per via ortodontica si avvalgono essenzialmente di due tipologie di dispositivi: i Dispositivi di Avanzamento Mandibolare e l’Espansore Palatale Rapido (indicato con la sigla RME, Rapid Maxillary Expansion), trattamento elettivo nei casi di iposviluppo scheletrico del mascellare superiore, e comunque nei casi di OSA non grave, particolarmente efficace in età evolutiva, prima che termini la pubertà, quando la sutura non è ancora ossificata. La perdita di peso è consigliata in aggiunta ad altre terapie nei pazienti sovrappeso o obesi. Le linee guida 34 raccomandano una rivalutazione da 6 a 8 settimane dopo il trattamento; i pazienti che rimangono sintomatici dovrebbero essere sottoposti a test strumentali per un’ulteriore valutazione.

Figure e tabelle

Figura 1.Differenze nel sonno tra OSA bambino (A) e OSA adulto (B): in A struttura del sonno conservata, maggiore frequenza di eventi respiratori in sonno REM e minore numero di arousal rispetto a B.

Figura 2.Percorso diagnostico dell’OSA in età evolutiva.

• Calo ponderale (se il bambino è sovrappeso o obeso)
• Terapia farmacologica: antinfiammatori per via nasale
• Adenotonsillectomia: prima scelta nei bambini con ipertrofia adenotonsillare con AHI ≥ 5
• Terapia ortodontica: nei casi di OSA non grave nei bambini con indicazione
• CPAP: da considerare nei casi non responsivi ad altri trattamenti
Tabella I.Punti chiave della terapia dell’OSA in età evolutiva.

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Affiliazioni

Anna Lo Bue

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo

Adriana Salvaggio

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo

Giuseppe Insalaco

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biomedicina ed Immunologia Molecolare “A. Monroy”, Palermo

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2016

Come citare

Lo Bue, A., Salvaggio, A., & Insalaco, G. (2016). Il sonno e le apnee: dall’età evolutiva all’età adulta. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 31(5), 254-261. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2016-31-60
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