Commentario
Pubblicato: 2016-06-15

Controllo della TB e modello americano

UOC Pneumologia, Ospedale “Umberto I” - ASP 8, Siracusa
Ordinario di Filosofia della Scienza, Università di Messina
Division of Epidemiology, New York State Psychiatric Institute, Columbia University, New York City, USA
Controllo tubercolosi Screening della TB Infezione tubercolare latente

Abstract

L’aumento del flusso di migranti (in Europa + 51%), la recessione economica del 2008-2011 e l’insufficienza del sistema di controllo della tubercolosi, pongono l’Italia in una situazione equiparabile a quella vissuta dalla città di New York durante l’epidemia tubercolare degli anni 1975-1993. Il Dipartimento per il controllo della tubercolosi della città di New York rafforzò la sua attività di screening nei confronti delle popolazioni vulnerabili per diagnosticare i malati di tubercolosi, esaminare i loro contatti e somministrare la Terapia Direttamente Osservata ai casi attivi e la Terapia Preventiva Direttamente Osservata ai soggetti infetti. Il Dipartimento collaborò anche con le comunità coinvolte. In tal modo la città di New York vinse quella battaglia.Tenendo presente l’esperienza americana, è lecito supporre che anche l’Italia possa prevenire il rischio di una nuova epidemia.

Nonostante i progressi della tecnica medica, la tubercolosi (TB) uccide ogni giorno 4.000 adulti e 400 bambini, mentre 3 milioni di nuovi casi ogni anno non vengono diagnosticati 1.

Negli Stati Uniti, società di immigrati, mortalità e incidenza della TB diminuirono, prima della scoperta della streptomicina (1944), grazie al “Great Reform”, che migliorò la condizione sanitaria delle comunità più indigenti, provenienti, in parte, da paesi ad alta endemia tubercolare.

Senonché nel 1968 il sindaco di New York, John Lindsay, convinto della sua imminente eradicazione, cancellò molti posti letto per tubercolotici senza rafforzare la prevenzione. Dal 1970 una nuova destabilizzazione delle comunità povere favorì l’epidemia degli anni 1975-1993 2 e nel 1979 la TB fu dichiarata fuori controllo dal direttore del TB Control Bureau. Dal 1980 al 1985 l’incidenza di nuovi casi aumentò lentamente, ma dal 1986 si registrò un’impennata.

Tre decenni dopo, nel 1998 3, anche l’Italia ha tagliato le risorse per il controllo della TB. Perciò se non si vuole ripetere la vicenda americana, con trent’anni di latenza, occorre chiedersi quali eventi potevano far presagire l’epidemia nella New York degli anni ’90 e confrontarli con la storia recente della TB nel nostro Paese.

In effetti, un recente lavoro di Fattorini et al. 4 descrive statisticamente quanto già percepibile da almeno un decennio nei territori a più elevata immigrazione, cioè che le “notifiche di TB tra gli immigrati sono cresciute dal 39,4% del 2004 al 63% del 2013”. È dunque possibile che la percentuale di notifiche tra gli immigrati rilevata da Fattorini nel 2004 (39,4%) rappresenti il “corrispettivo italiano”, a distanza di 29 anni, della fase di lenta crescita dell’incidenza TB durante l’epidemia di New York.

L’epidemia di New York

Negli anni Settanta New York dovette fronteggiare una crisi del mercato abitativo che causò la migrazione, prevalentemente interna, di 7 milioni di persone e una conseguente disattenzione verso le malattie infettive. Sovraffollamento, instabilità economica, disgregazione del tessuto sociale e familiare, e progressivo peggioramento delle condizioni sanitarie, sfociarono nell’epidemia tubercolare.

Invero nel 1990, il dott. Kevin Cahill, del NYC Health Commission, sostenne la dichiarazione dell’emergenza TB, ma il sindaco Dinkins, probabilmente per non allarmare l’opinione pubblica, lo rimosse dalla Commission. Solo nel 1992-93, quando l’epidemia dilagò nei quartieri benestanti (Queens e Staten Island), il sistema di controllo della TB fu potenziato 5.

Nel 1993 l’OMS annunciò che la TB rappresentava una “Global Emergency”.

Il sistema di screening, fino al 1991, comprendeva: visita medica e, per i soggetti con più di 15 anni, Rx del torace; gli immigrati irregolari però sfuggivano al controllo. Una volta esplosa l’epidemia, il miglioramento di case finding e contact finding e la DOT consentirono di affrontarla adeguatamente 5, ma furono lo screening dell’infezione latente (LTBI) e il suo trattamento mediante DOPT (Directly Observed Preventive Therapy) a permettere l’ulteriore riduzione del 55% dei casi di TB nel periodo 1993-2010, mentre, negli stessi anni, Inghilterra e Galles (ove lo screening della LTBI era, di fatto, discrezionale) registrarono un incremento del 55% 6.

Flussi migratori ed epidemiologia della TB in Italia

Il flusso di migranti verso l’Europa, iniziato circa 10 anni fa, negli ultimi quattro anni è cresciuto del 51% in concomitanza con lo scoppio della guerra in Siria (2011) (Figura 1) 7. In Italia, immigrati e richiedenti asilo che, via mare, sbarcano soprattutto in Sicilia, vengono raggruppati in centri di accoglienza, spesso sovraffollati.

Lo screening della TB nei migranti, quando effettuato, differisce tra i vari stati; i dati indicano una prevalenza di malattia dello 0,1-1,2% 8.

In Italia è obbligatorio 3, ma non essendo eseguito uniformemente dalle regioni, il suo impatto sull’epidemiologia della TB è difficilmente calcolabile 9.

Consideriamo alcuni tra i principali centri:

  1. a Lampedusa, dopo screening passivo sui 74.000 migranti sbarcati tra il 2011 e il 2014, furono diagnosticati 20 casi di TB; gli autori stimarono una prevalenza di malattia di 20/100.000 = 0,02%, avvertendo che casi non così gravi da essere ospedalizzati potevano essere sfuggiti 10;
  2. nel centro di accoglienza di Bari, nel 2009, dopo screening con mantoux ed Rx torace su 1.007 immigrati, furono documentate prevalenze di malattia dello 0,80% e di LTBI del 60,7% 9;
  3. dopo analogo screening, a Brescia e Torino nel 1996-1997, su 1.318 immigrati, 8 risultarono affetti da TB attiva = 0,61% dell’intera popolazione e 0,81% di coloro che completarono lo screening, mentre il 39,4% risultò infetto 11;
  4. dopo screening con solo questionario, nella provincia di Roma nel 2009-2010, su 3.350 immigrati, 8 risultarono affetti da TB attiva = 0,24%, e 0,37% di coloro che completarono l’intervista 12;
  5. dopo screening con solo questionario, nel 2013, su 2.320 immigrati irregolari, rifugiati e richiedenti asilo esaminati a Roma e Milano, 4 risultarono affetti da TB = 0,17% 13.

Come prevedibile, il controllo della TB tra gli immigrati effettuato con o senza uso di questionario e/o mantoux e/o Rx torace ha dato risultati differenti compresi tra lo 0,02% e lo 0,80%.

Ruolo dell’economia

La recessione economica del 2008-2011 ha indotto molti stati europei a depotenziare o abolire i programmi di controllo delle malattie infettive, sebbene essa favorisca il contagio tubercolare e i modelli matematici facciano prevedere un aumento di mortalità per TB 14.

L’Italia ha avviato un sistema di accoglienza dei migranti, gestito da associazioni. I media potrebbero avere un ruolo formativo sul rischio TB, ma raramente affrontano il tema.

Un episodio analogo a quello del dott. Cahill 2 avvenuto in Italia e conclusosi poi con la condanna della Asp che aveva sospeso il tisiologo 15, non ha purtroppo catalizzato un dibattito costruttivo, riproponendo la triade migrazione, cattiva economia e volontà di non creare allarme che furono alla base dell’epidemia americana.

LTBI, il nocciolo del problema

Una recente pubblicazione di Zellweger 16 ci ricorda che i sistemi di screening all’arrivo, mirati alla sola identificazione di migranti con TB attiva (per esempio quelli con questionario), non consentono di prevenire la malattia nei soggetti con LTBI, e segnala come è tra costoro che viene diagnosticata la maggior parte dei casi di malattia attiva, entro 2-5 anni dall’arrivo nel nuovo paese, con un peso statistico rispetto ai migranti senza LTBI quantificabile in 386-590/100.000 vs 18-38/100.000. Impiegando la tecnica del DNA fingerprinting, un recente studio condotto a Brescia e Milano su 499 immigrati con tubercolosi attiva ha escluso il clustering per la maggior parte di essi e ciò ha permesso di concludere per la riattivazione di una LTBI 17.

Tale assunto, sebbene sia difficile comparare le strutture del controllo TB tra Lampedusa (screening all’arrivo e di tipo emergenziale) e Bari (screening successivo all’arrivo), potrebbe spiegare l’elevata difformità dei risultati: percentuale TB a Lampedusa (dove sono stati cercati i malati con semplice valutazione clinica) 40 volte più bassa rispetto a Bari (dove lo screening attivo con Mantoux ed Rx ha permesso l’individuazione di malati e infetti) e intermedia utilizzando gli screening mediante questionario.

Un sistema di screening passivo infatti evidenzia soltanto i casi di malattia tubercolare chiaramente sintomatici ma non consente di individuare i casi paucisintomatici (percentualmente più importanti) né i casi di LTBI per i quali è necessario un sistema di screening attivo. Inoltre la paucisintomaticità della TB fa sì che i casi gravi richiedenti ospedalizzazione (principale criterio diagnostico nello screening Lampedusa) rappresentino una percentuale minore e che una quota di malati possa sfuggire alla diagnosi tempestiva.

Uno sguardo al modello americano di screening TB rivolto all’individuazione di malati e infetti, ci rammenta che la ricerca e il trattamento della LTBI è obiettivo prioritario 6 e che dunque la vigente legislazione italiana, art. 2.5.2.2 3, raccomandando l’identificazione degli immigrati infetti e, se indicato, il loro trattamento, esprime una stringente attualità ed è in sintonia con le raccomandazioni dell’OMS.

Nondimeno, al di fuori delle esperienze standardizzate e pubblicate, personal communications portano a ritenere lo screening TB, di qualunque tipo, una pratica infrequente nei centri immigrati tanto che “il controllo TB in real life” sembra più vicino a quanto descritto a Lampedusa che non agli studi prospettici.

Conclusioni

Il controllo della TB in condizioni di elevata immigrazione deve misurarsi con le metodologie di screening, non del tutto adeguate, e la loro sostenibilità. È auspicabile un miglioramento dei programmi di controllo e cura seguendo lo stesso percorso che 20 anni fa, in condizioni analoghe, consentì agli USA un palese successo.

Figure e tabelle

Figura 1.Numero di persone costrette a fuggire a causa delle guerre 7.Legenda: Asse x: anni. Asse y: numero di persone, in milioni di unità

Riferimenti bibliografici

  1. World Health Organization. World Health Organization: Geneva; 2014.
  2. Wallace DN. Discriminatory public policies and the New York City tuberculosis epidemic, 1975-1993. Microb Infect. 2001; 3:515-24.
  3. Documento di Linee Guida per il controllo della malattia tubercolare. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n° 40 del 18/02/1999 – Serie generale.
  4. Fattorini L, Mustazzolu A, Borroni E. Tuberculosis in migrants from 106 countries in Italy, 2008-2014. Eur Respir J. 2016; 47:1273-6.
  5. Rieden TRF, Ujiwara PIF, Ashko RMW. Tuberculosis in New York City — Turning the Tide. N Engl J Med. 1995; 333:229-33.
  6. Ormerod LP. Further evidence supporting programmatic screening for, and treatment of latent TB Infection in new entrants to the UK from high TB prevalence countries. Thorax. 2013; 68:201.
  7. Rapporto Global Trends 2014 dell’UNHCR, pubblicato il 18 Giugno 2015 all’indirizzo.Publisher Full Text
  8. Coker R, Bell A, Pitman R. Tuberculosis screening in migrants in selected European countries shows wide disparities. Eur Respir J. 2006; 27:801-7.
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  15. Sentenza n. 581/2015, RG n. 339/2014 Tribunale di Siracusa, pubblicata il 24/09/2015.
  16. Zellweger JP. Public health, TB, immigration and travel challenge. Clinical Insights: Tuberculosis Prevention. Future Medicine. 2014;113-27.
  17. Franzetti F, Codecasa L, Matteelli A. Genotyping analyses of tuberculosis transmission among immigrant residents in Italy. Clin Microbiol Infect. 2010; 16:1149-54.

Affiliazioni

Salvatore Rossitto

UOC Pneumologia, Ospedale “Umberto I” - ASP 8, Siracusa

Pietro Emanuele

Ordinario di Filosofia della Scienza, Università di Messina

Deborah N. Wallace

Division of Epidemiology, New York State Psychiatric Institute, Columbia University, New York City, USA

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2016

Come citare

Rossitto, S., Emanuele, P., & Wallace, D. N. (2016). Controllo della TB e modello americano. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 31(3), 119-122. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2016-31-33
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