Articolo di revisione
Pubblicato: 2016-06-15

Ipertensione polmonare in corso di malattie parenchimali polmonari: quali prospettive terapeutiche?

UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano
UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano
UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano
Ipertensione polmonare Fibrosi polmonare idiopatica BPCO

Abstract

L’ipertensione polmonare secondaria a malattie del parenchima polmonare, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e la fibrosi polmonare idiopatica (IPF), è una condizione relativamente frequente che impatta negativamente sulla prognosi. Durante l’ultimo Congresso Mondiale di Nizza sono state fornite indicazioni precise sulla definizione di ipertensione polmonare secondaria a malattie del parenchima polmonare. L’utilizzo di ossigenoterapia a lungo termine non porta alla normalizzazione dei valori di pressione in arteria polmonare (PAP) o alla interruzione del fenomeno del rimodellamento vascolare; l’utilizzo di farmaci specifici per il trattamento della ipertensione polmonare secondaria a BPCO e IPF, soprattutto nelle forme severe, è stato più volte ipotizzato ma non esistono indicazioni specifiche in merito.

Articolo

L’ipertensione polmonare secondaria a malattie del parenchima polmonare, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e la fibrosi polmonare idiopatica (IPF), è una condizione relativamente frequente che impatta negativamente sulla prognosi. Questa condizione, inclusa nel gruppo 3 secondo l’ultima classificazione dell’ipertensione polmonare 1, riconosce oggi nella correzione dell’ipossia l’unico possibile approccio terapeutico. In termini prognostici il beneficio è peraltro limitato solo alla BPCO in assenza d’ipertensione polmonare, non essendo a tutt’oggi disponibili studi randomizzati e controllati sull’utilizzo dell’ossigenoterapia a lungo termine nelle forme di ipertensione polmonare secondaria.

I meccanismi patogenetici responsabili dell’insorgenza di malattia non sono ancora stati tutti chiariti. Ancora non si è capito se l’ipertensione polmonare secondaria è essa stessa una patologia a se stante o se legata solo alla malattia di base.

Nella forma secondaria a BPCO, l’ipossia insieme al fumo di sigaretta ed alla flogosi cronica sembrano essere i maggiori responsabili. Sono anche presenti fenomeni di “trombosi in situ” dovuti ad iperviscosità e stasi del flusso sanguigno. Anche il danno dell’endotelio vascolare, la inibizione della nitrossido sintetasi ed il rilascio di prostaglandine attive sono co-fattori importanti.

Nella forma secondaria ad IPF, oltre alle alterazioni già presenti nella forma secondaria a BPCO, è presente fibrosi arteriolare intimale con obliterazione del lume vascolare.

In tutto questo non si possono escludere in entrambe le forme dei fattori genetici predisponenti. Infatti, nella maggior parte di questi pazienti, l’ipertensione polmonare secondaria è di grado lieve o moderato, tuttavia un piccolo sottogruppo di pazienti presenta una forma severa.

Durante l’ultimo Congresso Mondiale di Nizza 1 sono state fornite indicazioni precise sulla definizione di ipertensione polmonare secondaria a malattie del parenchima polmonare. Si esclude la presenza di ipertensione polmonare secondaria se i valori di pressione polmonare media (mPAP) al cateterismo cardiaco destro sono inferiori a 25 mmHg. Si parla di ipertensione polmonare secondaria se al cateterismo cardiaco si è di fronte a valori di mPAP > 25 mmHg. Si parla di severa ipertensione polmonare secondaria se al cateterismo cardiaco si è di fronte a valori di mPAP ≥ 35 mmHg o se in presenza di valori di mPAP ≥ 25 mmHg con basso indice cardiaco (CI < 2,0 L/min/m2) (Tabella I).

L’utilizzo di ossigenoterapia a lungo termine non porta alla normalizzazione dei valori di pressione in arteria polmonare (PAP) o alla interruzione del fenomeno del rimodellamento vascolare; l’utilizzo di farmaci specifici per il trattamento della ipertensione polmonare secondaria a BPCO e IPF, soprattutto nelle forme severe, è stato più volte ipotizzato 2.

Fino ad ora i diversi studi condotti sull’uso di tali farmaci, utilizzati per la terapia delle forme di ipertensione polmonare di classe I (antirecettoriali dell’endotelina, inibitori delle fosfodiesterasi, stimolatori della guanilato ciclasi come il riociguat, ecc.) non hanno dato risultati univoci, sia nella IPF che nella BPCO.

IPF

L’IP è una nota complicanza di diverse interstiziopatie polmonari, se pur con prevalenza e severità differenti nelle diverse patologie 3 (Figura 1).

Gran parte dei trials sull’IPF sono stati condotti in popolazioni di pazienti molto diverse tra loro e spesso mal definite nei criteri di inclusione 4. Lo scetticismo verso questo tipo di approccio è stato ulteriormente alimentato, seppure indebitamente, dai risultati negativi degli studi condotti sull’utilizzo di inibitori recettoriali dell’endotelina nell’IPF senza ipertensione polmonare, ai quali si sono però recentemente aggiunti i risultati altrettanto negativi di un trial in doppio cieco, randomizzato, controllato contro placebo (ratio 2:1), che ha valutato l’utilizzo del bosentan in pazienti portatori di interstiziopatie fibrosanti 5. Lo studio è stato condotto sull’arco di 16 settimane valutando la riduzione dei valori delle resistenze vascolari polmonari in 60 pazienti randomizzati rispetto al basale. Sebbene solo in 39 fosse poi disponibile il controllo emodinamico a distanza, non si è registrato alcun beneficio.

Raghu et al. hanno pubblicato dapprima i risultati negativi dello studio sull’utilizzo dell’ambrisentan nella fibrosi polmonare idiopatica 6, un inibitore recettoriale selettivo dell’endotelina A, e più recentemente 7 una dettagliata analisi di un sottogruppo di questi pazienti con associata ipertensione polmonare. I pazienti hanno assunto ambrisentan (5 mg/die per due settimane, poi incrementato, secondo tolleranza, a 10 mg/die) o placebo in rapporto di 2:1. Sessantotto pazienti (su un totale di 488 inizialmente randomizzati nello studio globale), presentavano ipertensione polmonare (definita come una mPAP superiore a 25 mmHg e una pressione capillare di incuneamento uguale o inferiore a 15 mmHg), ma solamente in 19 erano disponibili dati emodinamici di follow up (12 in ambrisentan e 7 in placebo). Non si sono registrate significative differenze nel gruppo trattato rispetto al placebo.

L’assenza di efficacia e la maggior incidenza nel gruppo trattato di eventi di progressione di malattia rispetto al totale della popolazione, ha indotto gli autori a sconsigliare l’uso di questo farmaco nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica 6. Da notare poi che il 9% della popolazione totale presentava un aumento delle pressioni di riempimento ventricolari sinistre (nel 5% dei casi associati ad ipertensione polmonare, nel 4% senza ipertensione) indicativi di una cardiopatia sinistra sub-clinica. Infine, va segnalato come limitazione dello studio che, essendo questo trial stato interrotto prematuramente per assenza di beneficio nel gruppo trattato, l’esposizione al trattamento è stata temporalmente limitata, in media di 34 settimane.

Più recentemente qualche interessante segnale si è tuttavia intravisto, grazie alla pubblicazione di alcuni studi con esito positivo. È il caso di un piccolo trial pilota non randomizzato che ha utilizzato il riociguat per 12 settimane in 15 pazienti con varie forme di interstiziopatia registrando un miglioramento dell’indice cardiaco, delle resistenze vascolari polmonari e della distanza percorso al test del cammino (+25 ± 64 m), ma non della pressione media in arteria polmonare. Non è tuttavia chiaro quanto questi miglioramenti riflettessero davvero un favorevole andamento clinico 8. La limitatezza dello studio non permette altre considerazioni. Inoltre recentemente lo studio di fase II che riguardava l’utilizzo di riociguat in pazienti con ipertensione polmonare secondaria a polmonite interstiziale idiopatica è stato interrotto a causa del riscontro di aumentato rischio di eventi avversi fatali e/o seri nel gruppo trattato versus gruppo placebo.

Lo STEP_IPF è stato uno studio randomizzato controllato contro placebo sull’utilizzo del sildenafil alla dose di 20 mg tre volte al giorno (tid) nei pazienti con IPF in fase avanzata (definita da una DLCO inferiore al 35% del predetto) 9. Il trial prevedeva un primo periodo di 12 settimane in doppio cieco versus placebo in rapporto 1:1 e un secondo periodo in aperto, della durata di altre 12 settimane, durante il quale tutti i 180 pazienti arruolati venivano trattati con il sildenafil. Lo studio ha dato esito negativo sull’end-point primario definito come un miglioramento del 20% della distanza percorsa al test del cammino rispetto al basale mentre alcuni end-point secondari sono stati raggiunti (miglioramento della ossigenazione arteriosa, della DLCO, del grado di dispnea e della qualità di vita). Malgrado questi risultati sembrino sbarrare la strada al possibile utilizzo del sildenafil nei pazienti con IPF avanzata, una sottoanalisi ha però valutato la risposta clinica in un sottogruppo di 119 pazienti per i quali erano disponibili i dati ecocardiografici basali 10. I malati che a tempo zero presentavano un quadro di disfunzione ventricolare destra (18,6% del totale pari a 11 per braccio di trattamento) ed erano stati randomizzati nel gruppo trattato con sildenafil, al termine del periodo di osservazione, presentavano un miglioramento della distanza percorsa al test del cammino di circa 99 metri rispetto al basale oltre che un miglioramento del punteggio dei questionari sulla qualità della vita.

Questi risultati positivi non si registravano invece nei pazienti con ipertrofia ventricolare destra o aumento della pressione sistolica polmonare, di qualsiasi entità fosse, all’ecocardiogramma basale.

Risultati interessanti positivi sull’utilizzo di inibitori delle fosfodiesterasi (sildenafil o tadalafil) sono stati valutati, mediante cateterismo destro, in dieci pazienti con ipertensione polmonare severa associata a varie malattie interstiziali (polmonite cronica da ipersensibilità e IPF). Dopo un periodo medio di trattamento di 6,9 ± 5,8 mesi si è osservato un incremento dei valori di CI (2,9 ± 0,7 L/min/m2, p = 0,04) ed una riduzione dei valori delle resistenze vascolari polmonari (403 ± 190 dyn × sec × cm-5, p = 0,03), mentre non si sono riscontrati miglioramenti statisticamente significativi per quanto riguarda la distanza percorsa al test del cammino e i valori sierici di peptide natriuretico atriale (BNP) 11. Peraltro, non è affatto chiaro se l’eventuale miglioramento dell’emodinamica polmonare in questi pazienti si possa poi tradurre realmente in un miglioramento prognostico, o resti un aspetto meramente “cosmetico”. Infine anche l’incertezza sugli end-point secondari, come il test del cammino, mai validato nell’indicazione specifica delle malattie parenchimali con associata ipertensione polmonare e riportato con esiti discordanti in diversi studi, ha ulteriormente complicato l’interpretazione dei risultati osservati.

Un lavoro pubblicato sulla rivista Thorax ha valutato l’effetto della somministrazione di treprostinil per via parenterale in 15 pazienti con fibrosi polmonare e ipertensione polmonare severa (PAP media maggiore o uguale a 35 mmHg) in lista di attesa per trapianto polmonare. I risultati emodinamici, ecocardiografici e la distanza percorsa al test del cammino sono stati molto promettenti 12. Lo studio, che era accompagnato da un editoriale molto favorevole 13, è stato duramente criticato in una lettera pubblicata sulla stessa rivista dal gruppo di Newcastle upon Tyne, che ha sottolineato come nel lavoro pubblicato non fosse menzionato che 9 dei 15 pazienti erano già in trattamento “off label” con farmaci anti-ipertensivi polmonari (in 7 casi si trattava di inibitori delle fosfodiesterasi) e che quindi nella maggior parte dei casi il risultato ottenuto era frutto di una terapia di associazione, il cui utilizzo in pazienti con fibrosi polmonare è ampiamente discutibile 14.

Hoeper et al. hanno recentemente analizzato i dati del registro COMPERA sull’ipertensione polmonare, che includeva 151 malati con ipertensione associata a malattia interstiziale (PH-IIP). Nei pazienti con PH-IIP, quelli che rispondevano alla terapia con farmaci antiipertensivi polmonari (nell’80% dei casi si trattava di inibitori delle fosfodiesterasi) con un incremento di almeno 20 metri al test del cammino o un miglioramento della classe funzionale NYHA erano quelli con una maggiore sopravvivenza. Gli stessi autori, specificano nel loro lavoro che bisogna considerare questi dati ancora con cautela; essi devono essere considerati al momento solo una ipotesi 15. Simili risultati sono stati descritti da Hurdman et al. nelle forme di ipertensione polmonare secondaria a BPCO 16.

Un capitolo a parte riguarda l’azione dei nuovi farmaci antifibrotici, pirfenidone e nintedanib, sull’ipertensione polmonare nei pazienti con IPF. A tutt’oggi non sono disponibili dati in questo senso, ma in particolare per il nintedanib, un farmaco che fa parte della classe degli inibitori della tirosin kinasi, non si può escludere una sua attività inibitoria sui meccanismi responsabili dell’insorgenza di fenomeni di fibrosi e quindi in parte responsabili di sviluppo di ipertensione polmonare secondaria. Infatti lo studio sull’utilizzo dell’imatinib, un farmaco appartenente alla stessa famiglia del nintedanib, nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (IAP), aveva dato risultati emodinamici interessanti, ma il suo sviluppo si arrestò a seguito del rilievo di una maggiore percentuale di eventi avversi maggiori, come la formazione di ematomi subdurali. Le ragioni di questo non sono ancora chiare non potendosi tuttavia escludere una interazione fra utilizzo di anticoagulanti orali, assunti nella stragrande maggioranza dei pazienti con IAP, ed imatinib. È quindi possibile supporre che anche il nintedanib possa avere una azione sui meccanismi che stanno alla base dello sviluppo di ipertensione polmonare nei pazienti con IPF.

Il meccanismo antifibrotico di azione del pirfenidone non è ancora ben chiaro, ma è noto che questo farmaco associa alla sua azione antiproliferativa un’azione antinfiammatoria e che l’infiammazione sia alla base di molte forme di IAP, in particolare, ad esempio, di quella associata a infezione da HIV o a sclerosi sistemica progressiva. Non si può quindi escludere che anche il pirfenidone possa avere una certa azione di contrasto all’ipertensione polmonare, ma nessun dato è oggi disponibile a supporto di questa che resta una mera ipotesi teorica.

È anche ipotizzabile che uno di questi due farmaci, somministrato assieme a farmaci della classe I come gli inibitori delle fosfodiesterasi, possa svolgere una efficace azione terapeutica nei pazienti con IPF severa associata a ipertensione polmonare.

BPCO

Uno studio interessante ha riportato come il bosentan porta ad una riduzione della maggiore espressione del recettore dell’endotelina sulle cellule muscolari lisce della parete della arteria polmonare e delle piccole arteriole polmonari, provocato dal fumo di sigaretta. Questo effetto inibitorio potrebbe supportare il suo uso nelle forme di ipertensione polmonare secondaria a BPCO 17.

Il gruppo di Barcellona, Barbera e coll. ha pubblicato recentemente uno studio interessante sull’utilità del sildenafil nel migliorare le performance da sforzo in un gruppo di pazienti con BPCO e ipertensione polmonare. Si è trattato di un trial doppio cieco randomizzato placebo controllato che ha considerato 60 pazienti. 29 pazienti hanno ricevuto 20 mg di sildenafil tid e 31 di loro placebo. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un trattamento riabilitativo respiratorio di 3 mesi. L’end-point primario era il miglioramento della performance al test da sforzo a carico costante. Gli end-point secondari comprendevano il miglioramento della performance al test da sforzo a carico incrementale, della distanza percorsa al test del cammino ed il punteggio del questionario sulla vita.

Nessuno degli end point è stato raggiunto, perciò gli autori concludevano che in pazienti con ipertensione polmonare secondaria a BPCO, il trattamento con sildenafil non migliora ulteriormente i risultati di performance di esercizio, ottenuti con un programma di riabilitazione respiratoria 18. Nello studio sono stati considerati pazienti con forme di ipertensione polmonare secondaria non severe, mentre non è stato verificato l’impatto del farmaco nei pazienti con ipertensione severa.

Analoghi risultati sconfortanti sono stati ottenuti in uno studio su 120 pazienti con BPCO e lieve PH randomizzati a tadalafil (10 mg/die) o placebo, per 12 settimane avendo come end point primario il miglioramento della tolleranza all’esercizio fisico e allo sforzo in un programma di riabilitazione respiratoria 19.

Uno studio italiano randomizzato, controllato, multicentrico, in doppio cieco ha recentemente valutato l’utilizzo del sildenafil (20 mg tid) nell’ipertensione polmonare associata a BPCO per 16 settimane, avendo come end-point primario la riduzione dei valori delle resistenze vascolari polmonari (Spheric 1). Trentuno pazienti sono stati randomizzanti a sildenafil vs placebo (2:1). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a cateterismo cardiaco destro al baseline e 25 pazienti sono stati rivalutati al termine del trattamento. Nel gruppo trattato con il farmaco è stata riscontrata una riduzione delle resistenze vascolari polmonari (PVR), con un incremento dell’indice cardiaco e dell’indice di BODE 20.

Un altro piccolo studio 21 ha testato l’effetto del dehydroepiandrosterone (DHEA), che in modelli animali è capace di contrastare la ipossia cronica che conduce allo sviluppo di ipertensione polmonare, in 8 pazienti con ipertensione polmonare secondaria a BPCO. Il trattamento con DHEA ha migliorato statisticamente la distanza percorsa al test del cammino, i parametri emodinamici e la DLCO senza peggiorare gli scambi respiratori.

Malattie polmonari di gruppo 5

Diversa è la situazione per quelle patologie nelle quali lo sviluppo dell’ipertensione polmonare riconosce una genesi multifattoriale o ancora in parte inspiegabile, classificate nel gruppo 5 di Nizza. In molte di queste malattie, come la sarcoidosi, l’istiocitosi polmonare a cellule di Langerhans (PLCH) (Figura 2), la linfangioleiomiomatosi, si possono sviluppare forme di ipertensione polmonare di vario grado 22-24. In alcune di queste è stata segnalata una certa efficacia dei farmaci antiipertensivi polmonari, come gli antirecettoriali dell’endotelina e gli inibitori delle fosfodiesterasi 25-27.

Recentemente, uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco verso placebo condotto per 16 settimane in 35 pazienti con ipertensione polmonare in corso di sarcoidosi (23 in bosentan, 12 in placebo) ha dimostrato l’efficacia di questo farmaco nel migliorare l’emodinamica polmonare pur non influenzando la distanza percorsa al test del cammino 28.

Conclusioni

Gli studi finora condotti hanno dato risultati contraddittori ed hanno di molto rallentato lo sviluppo di trial clinici per il trattamento di queste forme secondarie; tuttavia l’ipertensione polmonare quando si manifesta in presenza di una malattia parenchimale polmonare ha l’impatto prognostico di una neoplasia, causando una riduzione drammatica dell’aspettativa di vita 30.

Per questo rinunciare a cercare possibili interventi terapeutici può rappresentare una porta chiusa per molti pazienti. Sebbene gran parte degli studi sinora pubblicati nei pazienti con ipertensione polmonare associata a malattie del parenchima, come l’IPF e la BPCO, siano stati contraddittori e gli studi difficilmente confrontabili per elevata disomogeneità del loro disegno, i dati più interessanti sono stati pubblicati sinora in studi su piccole popolazioni di pazienti.

Pur con una serie di limitazioni, i risultati migliori si registrano prevalentemente con farmaci appartenenti alla classe degli inibitori delle fosfodiesterasi ed al riociguat mentre, al momento nessun segnale positivo si è registrato con gli antirecettoriali dell’endotelina.

Lo sviluppo di sempre nuove molecole nell’ipertensione polmonare di classe I, come è appena avvenuto con il selexipag, merita una attenta valutazione anche in queste forme di ipertensione polmonare 30.

Inoltre si registrano ancora dei problemi importanti nel definire la popolazione da valutare per trattamento, qualsiasi sia la patologia respiratoria di base: tutti i pazienti con ipertensione polmonare o solo quelli con forme severe? Altra incertezza riguarda gli end point da utilizzare, considerando che sebbene la capacità di esercizio sia certamente ridotta in questi malati 1, non vi è alcuna certezza sull’attendibilità di end point secondari come il test del cammino.

È allora possibile che, in un prossimo futuro, nuovi trial su specifiche popolazioni di pazienti, selezionate in base a criteri di gravità emodinamica, o sulla scorta di una caratterizzazione genetica o biomolecolare, disegnati con solidi end point, possano aprire nuovi orizzonti di terapia anche per questi malati, oggi gravati da una prognosi decisamente infausta.

Figure e tabelle

Figura 1.Immagine HRCT polmonare di paziente affetto da fibrosi polmonare idiopatica ed ipertensione polmonare associata.

Figura 2.Immagine HRCT polmonare di paziente affetto da PLCH con associata ipertensione polmonare.

Terminologia Caratteristiche emodinamiche(Cateterismo cardiaco destro)
• BPCO/IPF/CPFE senza PH mPAP < 25 mmHg
• BPCO/IPF/CPFE con PH mPAP ≥ 25 mmHg
• BPCO/IPF/CPFE con severa PH mPAP ≥ 35 mmHg omPAP ≥ 25 con basso indice cardiaco(CI < 2,0 L/min/m2)
Tabella I.Classificazione emodinamica di ipertensione polmonare secondaria a malattie polmonari 1.

Riferimenti bibliografici

  1. Galiè N, Humbert M, Vachiery JL. 2015 ESC/ERS Guidelines for the diagnosis and treatment of pulmonary hypertension. Eur Respir J. 2015; 46:903-75.
  2. Adir Y, Harari S. Pulmonary hypertension associated with chronic obstructive lung disease and idiopathic pulmonary fibrosis. Curr Opin Pulm Med. 2014; 20:414-20.
  3. Caminati A, Cassandro R, Harari S. Pulmonary hypertension in chronic interstitial lung disease. Eur Resp Rev. 2013; 22:292-301.
  4. Harari S. Out-of-proportion pulmonary hypertension: a paradigm for rare diseases. Chest. 2012; 142:1087-8.
  5. Corte TJ, Keir GJ, Dimopoulos K. Bosentan in pulmonary hypertension associated with fibrotic idiopathic interstitial pneumonia. Am J Respir Crit Care Med. 2014; 190:208-17.
  6. Raghu G, Behr J, Brown KK. Treatment of idiopathic pulmonary fibrosis with ambrisentan: a parallel, randomized trial. Ann Intern Med. 2013; 158:641-9.
  7. Raghu G, Nathan SD, Behr J. Pulmonary hypertension in idiopathic pulmonary fibrosis with mild-to-moderate restriction. Eur Respir J. 2015; 46:1370-7.
  8. Hoeper MM, Halank M, Wilkens H. Riociguat for interstitial lung disease and pulmonary hypertension: a pilot trial. Eur Respir J. 2013; 41:853-6.
  9. The Idiopathic Pulmonary Fibrosis Clinical Research Network. A controlled trial of sildenafil in advanced idiopathic pulmonary fibrosis. N Engl J Med. 2010; 363:620-8.
  10. Han MK, Bach DS, Hagan PG. Sildenafil preserves exercise capacity in patients with idiopathic pulmonary fibrosis and right-sided ventricular dysfunction. Chest. 2013; 143:1699-708.
  11. Zimmermann GS, von Wulffen W, Huppmann P. Haemodynamic changes in pulmonary hypertension in patients with interstitial lung disease treated with PDE-5 inhibitors. Respirology. 2014; 19:700-6.
  12. Saggar R, Khanna D, Vaidya A. Changes in right heart hemodynamics and echocardiographic function in an advanced phenotype of pulmonary hypertension and right heart dysfunction associated with pulmonary fibrosis. Thorax. 2014; 69:123-9.
  13. Nathan SD. Pulmonary hypertension complicating pulmonary fibrosis: bad and ugly, but good to treat?. Thorax. 2014; 69:107-8.
  14. Corris PA, Sithamparanathan S, Thirugnanasothy L. The good the bad and the ugly. Thorax. 2014; 69:870-1.
  15. Hoeper MM, Behr J, Held M. Pulmonary hypertension in patients with chronic fibrosing idiopathic interstitial pneumonias. PLoS One. 2015; 10:e0141911.
  16. Hurdman J, Condliffe R, Elliot CA. Pulmonary hypertension in COPD: results from the ASPIRE registry. Eur Respir J. 2013; 41:1292-301.
  17. Hilde JM, Skjørten I, Hansteen V. Haemodynamic responses to exercise in patients with COPD. Eur Respir J. 2013; 41:1031-41.
  18. Blanco I, Santos S, Gea J. Sildenafil to improve respiratory rehabilitation outcomes in COPD: a controlled trial. Eur Respir J. 2013; 42:982-92.
  19. Goudie AR, Lipworth BJ, Hopkinson PJ. Tadalafil in patients with chronic obstructive pulmonary disease: a randomised, double-blind, parallel-group, placebo-controlled trial. Lancet Respir Med. 2014; 2:293-30.
  20. Vitulo P, Callari A, Martino L. SPHERIC-1 (Sildenafil and Pulmonary HypERtension in COPD): intention-to-treat (ITT) analysis of safety and efficacy data. J Heart Lung Transplant. 2014; 32:S148-9.
  21. Dumas de La Roque E, Savineau JP, Metivier AC. Dehydroepiandrosterone (DHEA) improves pulmonary hypertension in chronic obstructive pulmonary disease (COPD): a pilot study. Ann Endocrinol. 2012; 73:20-5.
  22. Harari S, Simonneau G, De Juli E. Prognostic value of pulmonary hypertension in patients with chronic interstitial lung disease referred for lung or heart-lung transplantation. J Heart Lung Transplant. 1997; 16:460-3.
  23. Harari S, Brenot F, Barberis M. Advanced pulmonary histiocytosis X is associated with severe pulmonary hypertension. Chest. 1997; 111:1142-4.
  24. Shorr AF, Helman DL, Davies DB. Pulmonary hypertension in advanced sarcoidosis: epidemiology and clinical characteristics. Eur Respir J. 2005; 25:783-8.
  25. Le Pavec J, Lorillon G, Jaïs X. Pulmonary Langerhans cell histiocytosis-associated pulmonary hypertension: clinical characteristics and impact of pulmonary arterial hypertension therapies. Chest. 2012; 142:1150-7.
  26. Cottin V, Harari S, Humbert M. Pulmonary hypertension in lymphangioleiomyomatosis: characteristics in 20 patients. Eur Respir J. 2012; 40:630-40.
  27. Keir GJ, Walsh SL, Gatzoulis MA. Treatment of sarcoidosis-associated pulmonary hypertension: A single centre retrospective experience using targeted therapies. Sarcoidosis Vasc Diffuse Lung Dis. 2014; 31:82-90.
  28. Baughman RP, Culver DA, Cordova FC. Bosentan for sarcoidosis-associated pulmonary hypertension: a double-blind placebo controlled randomized trial. Chest. 2014; 145:810-7.
  29. Hoeper MM, Simon R, Gibbs J. The changing landscape of pulmonary arterial hypertension and implications for patient care. Eur Respir Rev. 2014; 23:450-7.
  30. Sitbon O, Channick R, Chin KM. Selexipag for the treatment of pulmonary arterial hypertension. N Engl J Med. 2015; 373:2522-33.

Affiliazioni

Davide Elia

UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano

Robero Cassandro

UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano

Sergio Harari

UO Pneumologia, Ospedale San Giuseppe Multimedica, Milano

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2016

Come citare

Elia, D., Cassandro, R., & Harari, S. (2016). Ipertensione polmonare in corso di malattie parenchimali polmonari: quali prospettive terapeutiche?. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 31(3), 131-136. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2016-31-35
  • Abstract visualizzazioni - 238 volte
  • PDF downloaded - 579 volte