Criobiopsia e crioterapia: una chiamata a nuovi studi multidisciplinari per la diagnosi e il trattamento del tumore primitivo del polmone
Abstract
Come indicato dalle Linee guida dell’American College of Chest Physicians e dell’European Respiratory Society (ACCP/ERS), l’Endobronchial Ultrasound Guided Transbronchial Needle Aspiration (EBUS-TBNA) rappresenta la metodica di scelta per lo staging dei linfonodi mediastinici nello staging del tumore primitivo del polmone. In epoca di target therapy, la disponibilità di un campione bioptico di adeguato volume e privo di artefatti da crush, permette un’adeguata caratterizzazione delle eventuali mutazioni driver, con importanti risvolti terapeutici sia negli stadi avanzati del Non Small Cell Lung Cancer (NSCLC) che in quelli precoci. La criobiopsia mediastinica transbronchiale permette di campionare alcune delle stazioni linfonodali mediastiniche (7, 11R, 11L), fornendo biopsie di maggiori dimensioni ed architetturalmente più conservate rispetto all’EBUS-TBNA. Analogamente, la criobiopsia polmonare transbronchiale può essere utilizzata per la caratterizzazione delle lesioni polmonari periferiche, pur mancando ad oggi studi diretti di confronto con la biopsia transbronchiale (Trans-bronchial lung biopsy, TBLB) in guida radial-EBUS (r-EBUS). La criochirurgia è efficace nel trattamento della sintomatologia da ostruzione maligna della via aerea centrale in pazienti non candidabili a chirurgia; l’effetto antineoplastico immunomodulatore della criochirurgia potrebbe aprire nuovi scenari terapeutici in combinazione con la terapia a bersaglio molecolare. Nuovi studi sono necessari per individuare i pazienti che possano trarre beneficio dall’applicazione di dette metodiche e per la definizione del setting assistenziale periprocedurale.
Introduzione
Il funzionamento della criotecnologia applicata alla pneumologia interventistica risiede sul principio di Joule-Thompson: la repentina espansione attraverso una sonda di un gas allo stato liquido (solitamente N2O o CO2), nel passaggio da una zona ad alta ad una a bassa pressione, induce la riconversione in forma gassosa ed il raffreddamento del gas stesso. Il contatto tra criosonda e tessuto vitale sortisce un effetto citotossico potenziato dal rapido raffreddamento/lento scongelamento (principio opposto a quello della criopreservazione), con formazione immediata di cristalli di ghiaccio puro intra- ed extra-cellulari e trombosi vascolare diffusa a 6-12 ore 1. La criotecnologia è stata originariamente introdotta tra il 1975 ed il 1983 per il trattamento endoscopico dell’ostruzione della via aerea centrale (Central Airway Obstruction, CAO) da neoplasie maligne (debulking e ricanalizzazione bronchiale) 2, con successiva applicazione nella diagnostica delle interstiziopatie polmonari (Interstitial Lung Disease, ILD) e del rigetto cellulare acuto dopo trapianto di polmone 3. Più recentemente, la criobiopsia mediastinica transbronchiale (Transbronchial Mediastinal Cryobiopsy, TMC) e la criobiopsia polmonare transbronchiale (Transbronchial Lung Cryobiopsy, TBLC) hanno guadagnato una sempre maggiore popolarità per la diagnosi e la caratterizzazione molecolare del tumore primitivo del polmone (Primary Lung Cancer, PLC) e delle linfoadenopatie mediastiniche isolate. La crioterapia (o criochirurgia) è una modalità di trattamento del PLC a crescita endoluminale in pazienti unfit alla chirurgia (funzionalmente o per stadio di malattia), o ricorrente dopo radioterapia, chemioterapia o resezione polmonare. Scopo della presente revisione è l’analisi delle evidenze scientifiche circa un potenziale vantaggio di TMC e TBLC nella diagnostica e caratterizzazione del PLC rispetto alle metodiche attualmente in uso (EBUS-TBNA e TBLB). Verranno inoltre riportate le evidenze a favore della criochirurgia, non solo per la gestione della sintomatologia da CAO, ma anche per le proprietà immunomodulatrici in grado di potenziare gli effetti della radioterapia e/o della terapia a bersaglio molecolare.
La TMC: evidenze attuali, controversie e prospettive future
Come riportato dalle Linee Guida NCCN ed ASCO, la terapia a bersaglio molecolare rientra nello standard di trattamento di prima linea del NSCLC stadio III-IV, con evidenze crescenti a favore della somministrazione a scopo neoadiuvante/adiuvante anche negli stadi precoci 4,5; pertanto, contestualmente alla diagnosi di NSCLC, un’analisi molecolare ad ampio spettro è fortemente raccomandata non solo sul pezzo operatorio, ma anche su piccoli campioni bioptici, in virtù delle possibili implicazioni terapeutiche. Le Linee Guida dell’American College of Chest Physicians (ACCP) per la diagnosi e la stadiazione del NSCLC raccomandano l’esecuzione dell’EBUS-TBNA in caso di linfonodi con asse corto > 10 mm alla tomografia computerizzata (Computed Tomography, CT), indipendentemente dal grado di attività metabolica, o in caso di linfonodi con un patologico accumulo di 6-FDG, indipendentemente dalle dimensioni alla CT 6. Inoltre, sia l’ACCP che le linee guida dell’European Respiratory Society (ERS) raccomandano che l’EBUS-TBNA venga utilizzata per la stadiazione preoperatoria del mediastino in caso di tumori di dimensioni superiori ai 3 cm, a localizzazione centrale o PET-negativi 7. Come riportato in un recente studio prospettico multicentrico, l’EBUS-TBNA rimane dunque la tecnica con la più elevata sensibilità diagnostica per il PLC rispetto ad altre metodiche di campionamento endoscopico 8; tuttavia, il campione così prelevato può risultare talvolta quantitativamente insufficiente per la caratterizzazione istologica e/o la ricerca immunoistochimica delle mutazioni predittive. La contaminazione con cellule del sangue e/o la presenza di cellule con artefatti da crush possono inoltre inficiare l’analisi Next Generation Sequencing (NGS) del campione stesso 9-11. La presenza di foci di necrosi/fibrosi all’interno della ghiandola linfatica, per effetto della chemioterapia/radioterapia adiuvanti, riduce la sensibilità diagnostica dell’EBUS-TBNA nel restaging mediastinico del PLC rispetto allo staging iniziale (rispettivamente, 65% versus 89-98%) 12,13. L’uso dell’EBUS-TBNA nella diagnostica dei linfomi e delle malattie granulomatose con quadro clinico di linfoadenopatie mediastiniche isolate, resta invece ancora controverso a causa del basso valore predittivo negativo 14-16. In una case series del 2021, Gonuguntla et al. hanno riportato per la prima volta la fattibilità e l’efficacia della TMC in quattro pazienti con linfoadenopatie mediastiniche sottoposti a broncoscopia diagnostica 17. Le stazioni linfonodali campionate erano per tre pazienti la 7 e per uno la 11L (NdR, le stazioni 7, 11R e 11L sono più semplici da campionare con la criosonda, a differenza delle altre stazioni). Dopo aver effettuato l’EBUS-TBNA (con ago 21G in due casi; 19G in un caso; 22G in un caso), una criosonda flessibile da 1,1 mm veniva inserita nel canale operativo ed introdotta in visione nel sito di puntura dell’ago, controllando successivamente ecograficamente l’effettiva penetrazione nel linfonodo. La criosonda veniva attivata per 3 secondi e quindi ritirata al canale, estraendo en bloc il broncoscopio dalle vie aeree; nessun evento avverso veniva riportato, eccetto un caso di sanguinamento minore post-criobiopsia. Il materiale ottenuto era sufficiente sia per l’esame istopatologico che per l’immunoistochimica. Tecnicamente, l’ingresso della criosonda all’interno della parete tracheo-bronchiale è molto più difficoltoso che per l’ago da EBUS-TBNA, avendo la prima una punta completamente smussa, un corpo flessibile ed un diametro più ampio di quello esterno dell’ago (0,8 mm per il 21G, 0,7 mm per il 22G, 1,1 mm per il 19G). Per superare questa difficoltà, Zhang et al. hanno originariamente proposto di incidere con un elettrobisturi la parete tracheo-bronchiale adiacente al linfonodo da campionare 18; tale metodica è stata perlopiù abbandonata, comportando una maggiore dotazione tecnica ed allungando i tempi della procedura, con l’inevitabile rischio di danneggiamento della parete (sanguinamento) e possibilmente del target (ridotta qualità del campione bioptico). Titopoulos et al. consigliano di allargare il sito di penetrazione dell’ago 22G con 2-4 punture aggiuntive in guida EBUS fino alla zona sottocapsulare del linfonodo 19; invece, nel caso in cui la criosonda attraversi la parete bronchiale ma non riesca a farsi strada nel linfonodo lungo la traccia lasciata dalla lunghezza dell’ago, l’applicazione di 2-4 cicli ripetuti di congelamento (per 2 secondi) e successivo scongelamento (per 5 secondi), facilita il definitivo ingresso della criosonda nel linfonodo, verosimilmente per fenomeni transitori di perdita di resistenza tissutale nella ghiandola linfatica. Più recentemente, in una case series su 4 pazienti, Ariza et al. hanno descritto un nuovo metodo di introduzione della criosonda, consistente nell’indirizzare la stessa unicamente lungo la traccia ecografica dell’ago (22G), e non in visione nel sito di puntura, permettendo così al broncoscopio di mantenere la medesima angolazione assunta con l’EBUS-TBNA 20. Gli autori, inoltre, riportano come la TMC abbia permesso in un caso la diagnosi di linfoma non-Hodgkin a cellule B follicolare laddove l’EBUS-TBNA risultava anch’esso positivo per cellule linfomatose ma senza possibilità di un’ulteriore caratterizzazione, evitando pertanto il ricorso alla mediastinoscopia. Uno studio condotto da Zhang et al. su 197 pazienti con lesioni mediastiniche allocati in maniera random all’EBUS-TBNA seguita dalla TMC o viceversa, ha riportato una sensibilità diagnostica sovrapponibile tra le due metodiche in caso di linfonodi metastatici, ma significativamente maggiore per la TMC in caso di disordini benigni e tumori rari 21. In una case series su 5 pazienti con sospetto/storia di malattia neoplastica e linfoadenopatie mediastiniche ≥ 2 cm sottoposti ad EBUS-TBNA e TMC, Genova et al. hanno riportato una concordanza diagnostica tra le due metodiche in 3 casi; in un caso, la TMC risultava negativa, laddove l’analisi del cell block ottenuto con l’EBUS-TBNA su multiple stazioni linfonodali poneva invece diagnosi di small cell lung cancer; viceversa, in un caso la TMC consentiva la più precisa caratterizzazione, rispetto all’EBUS-TBNA, di un linfoma a gradi cellule B 22. In uno studio su 311 pazienti sottoposti a broncoscopia diagnostica per evidenza di linfoadenopatie mediastiniche associate ad almeno una lesione polmonare, Oikonomidou et al. hanno confrontato il numero di fette di tessuto ottenibili da campioni prelevati con EBUS-TBNA e con TMC: il risultato era significativamente a favore dei campioni prelevati con ago 19G, a fronte di un maggior numero di episodi di sanguinamento e di necessità di ventilazione post-procedura nel gruppo TMC (rispettivamente 17 pazienti nel gruppo TMC versus 2 pazienti nel gruppo 19G e 25 pazienti nel gruppo TMC versus 10 pazienti nel gruppo 19G) 23. L’analisi di questi primi dati presenti in letteratura, fa emergere alcune controversie legate all’uso della TMC: 1) necessità di una curva di apprendimento per l’acquisizione di un expertise adeguato; è dunque preferibile che la TMC venga effettuata solo in centri ad elevato volume di procedure EBUS-TBNA; 2) possibilità di campionare solo alcune stazioni linfonodali, perlopiù 11R, 11L e 7 19; 3) rischio di minor resa diagnostica rispetto all’EBUS-TBNA per la modalità di prelievo: la TMC si effettua in un’unica regione del linfonodo, mentre l’EBUS-TBNA consente un campionamento cosiddetto “a ventaglio” di differenti regioni linfonodali (eterogeneità della distribuzione delle cellule neoplastiche all’interno della ghiandola linfatica). Viceversa, i vantaggi della TMC rispetto all’EBUS-TBNA possono essere così riassunti: 1) maggior volume di acquisizione del campione tale da consentire un’ampia analisi molecolare; 2) minori artefatti da crush e contaminazione con cellule del sangue; 3) probabile maggiore sensibilità diagnostica nei linfomi, nelle malattie granulomatose e nei tumori rari; 4) buon profilo di sicurezza della metodica: in nessuno dei case report e delle case series sinora pubblicati sono stati descritti eventi avversi maggiori. Sono pertanto necessari studi prospettici più ampi non solo per un’analisi comprensiva dei costi e dell’uso di risorse che la TMC comporta (curva di apprendimento, durata complessiva della procedura) ma anche per valutare sistematicamente quali pazienti possano maggiormente beneficiare dell’applicazione della metodica, di concerto con gli anatomopatologi ed i genetisti (es. restaging del tumore del polmone, malattie oncoematologiche, linfoadenopatie mediastiniche benigne).
La TBLC: evidenze attuali, controversie e prospettive future
In uno studio di fattibilità del 2020, Nishida et al. hanno paragonato gli esiti dell’analisi immunoistochimica su biopsie ottenute con bisturi o mediante criobiopsia da pezzi operatori di PLC 24. A fronte di un rischio teorico di denaturazione proteica causato dalle basse temperature, gli autori hanno riportato un elevato tasso di concordanza tra le due metodiche. Nello stesso anno, Tone et al. hanno condotto uno studio retrospettivo su 37 pazienti sottoposti a TBLC su lesione polmonare + EBUS-TBNA con ago 21G sulle linfoadenopatie mediastiniche associate, volto a confrontare l’adeguatezza dei rispettivi campioni per l’analisi NGS: il numero medio di geni che non poteva essere analizzato via NGS risultava significativamente più basso nel gruppo TBLC che nel gruppo EBUS-TBNA (p = 0,024); inoltre, nel gruppo EBUS-TBNA si verificavano due casi di campioni completamente inadeguati per l’NGS, mentre nessuno nel gruppo TBLC 9. Un’ampia metanalisi pubblicata nel 2022, ha confrontato l’efficacia e la sicurezza della TBLC versus la biopsia tradizionale per la diagnostica delle ILD, del PLC e delle Peripheral Pulmonary lesions (PPLs): per ciascun sottogruppo, la resa diagnostica era significativamente più alta per la TBLC (95% CI, p < 0,01), a fronte di un maggior rischio di sanguinamento moderato-severo a sfavore della TBLC (solo per le ILD ed il PLC ma non per le PPLs) 3. Non vi erano infine differenze significative nell’incidenza di pneumotorace tra TBLC e biopsia tradizionale in nessuno dei sottogruppi di cui sopra. Il campionamento di un maggior volume di tessuto con meno artefatti da crush potrebbe portare ad una più ampia diffusione della TBLC nella diagnostica delle PPLs, ma ad oggi le evidenze sono ancora limitate dai pochi studi presenti in letteratura.
La crioterapia: evidenze attuali, controversie e prospettive future
La crioterapia (o criochirurgia) può essere effettuata utilizzando una sonda rigida o flessibile, portata a contatto con la lesione neoplastica endobronchiale per una media di tre cicli di congelamento a < -40℃ (durata circa 20-30 secondi) su ciascuna area, fino a trattare l’intera superficie della lesione stessa (profondità di penetrazione dell’onda criogena 5 mm, per un diametro di circa 10 mm quando si utilizzano sonde da 3,3 mm). Al termine della procedura, l’aspetto macroscopico della neoplasia appare sostanzialmente invariato, poiché i fenomeni di citonecrosi e criotrombosi si compiono non prima di 6-12 ore; il tessuto necrotico viene quindi rimosso durante una seconda broncoscopia dopo 8-10 gg 1. In alternativa, la ricanalizzazione della via aerea centrale può essere ottenuta in tempo reale, parcellizzando la lesione neoplastica mediante multiple criobiopsie; in tal caso, il goal è però la ricanalizzazione della via aerea, piuttosto che la necrosi/apoptosi delle cellule tumorali. A differenza delle altre metodiche di trattamento broncoscopico dei tumori a crescita endobronchiale o dei carcinomi in situ, ed in virtù dell’elevata crioresistenza del collagene, della cartilagine e dei tessuti scarsamente vascolarizzati, la crioterapia non danneggia la parete bronchiale (rischio di perforazione nullo) e non induce fenomeni di cicatrizzazione post-trattamento (rischio di stenosi cicatriziale nullo) 1. Studi in vitro e su modelli animali hanno descritto come la crioterapia seguita dalla chemioterapia, aumenti la concentrazione dei farmaci chemioterapici all’interno del tumore, potenziandone l’effetto citotossico 25-27. In uno studio prospettico su 38 pazienti consecutivi, la combinazione crioterapia-radioterapia è risultata migliore nel controllare la recidiva locale della malattia rispetto alla sola radioterapia, prolungando la sopravvivenza ed ottimizzando il controllo dei sintomi da crescita neoplastica endoluminale 28. In uno studio su 325 pazienti affetti da PLC a sviluppo endobronchiale, suddivisi in base al numero di sessioni di crioterapia ricevute (una versus due o più), Asimakopoulos et al. hanno riportato come la sopravvivenza media fosse significativamente più lunga nel gruppo che riceveva due o più sedute di trattamento, associata ad un significativo miglior controllo della sintomatologia da crescita tumorale 29. Dalla letteratura emerge dunque come la crioterapia sia particolarmente efficace nel migliorare i segni/sintomi delle CAO maligne (tosse, emoftoe, dispnea, atelettasia, ipossiemia, ostruzione funzionale). La principale complicanza della metodica risiede nel rischio di sanguinamento (4-10%), tant’è che in circa il 47% delle procedure di crioricanalizzazione vengono utilizzati, in maniera complementare, l’Argon Plasma Coagulation (APC) o l’elettrobisturi 30. Studi in vitro hanno riportato un effetto immunomodulatore della crioterapia, poiché quest’ultima aumenta la capacità del sistema immunitario di triggerare specifiche risposte contro antigeni tumorali, sia potenziando l’attività delle cellule dendritiche, sia modificando l’assetto citochinico del milieu peri-tumorale a favore dei fattori pro-apoptotici 31-33. Questo effetto, se confermato in vivo, potrebbe aprire la strada a trattamenti combinati criochirurgia/chemioterapia classica/terapia a bersaglio molecolare per il PLC.
Conclusioni
Nell’ultimo decennio si è assistito ad un incremento esponenziale delle tecnologie per la diagnostica del PLC, a servizio della Pneumologia Interventistica. La TMC e la TBLC, grazie al buon profilo di sicurezza ed alla possibilità di campionare un adeguato volume di tessuto ad architettura conservata, si candidano ad entrare sempre più nell’armamentario dello pneumologo per la caratterizzazione del PLC. La crioterapia rappresenta un valido trattamento per il controllo dei sintomi da CAO maligna, possibilmente aumentando la sopravvivenza dei pazienti affetti da NSCLC III-IV stadio, rispetto ai trattamenti standard chemio- e radioterapici; l’effetto immunomodulatore antitumorale della crioterapia, ben caratterizzato in vitro, potrebbe inoltre essere efficace anche in vivo. Ulteriori studi sono pertanto necessari per individuare i pazienti che potrebbero maggiormente beneficare dell’applicazione della TMC, della TBLC e della crioterapia e per definire l’adeguato setting assistenziale periprocedurale (es. gestione della terapia antiaggregante ed anticoagulante, assistenza ventilatoria e sedazione, regime di ricovero in cui effettuare la procedura).
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