Correva l'anno 2022
Pubblicato: 2023-06-30

Disturbi Respiratori nel Sonno

Servizio Pneumologico Aziendale, Azienda Sanitaria dell’Alto Adige, Bolzano

Articolo

Anche nel 2022 sono stati pubblicati molti articoli interessanti sull’obstructive sleep apnea (OSA) che hanno affrontato vari aspetti della patologia.

Uno di grande interesse per l’argomento affrontato è stato pubblicato sull’European Respiratory Journal nella serie “Challenges in Sleep Apnea” dal titolo “Sleep apnoea in the elderly: a great challenge for the future” in cui gli autori fanno una analisi della patologia nella età avanzata affrontandola sotto tutti gli aspetti: epidemiologico, fisiopatologico, clinico, terapeutico 1.

Le proiezioni demografiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mostrano un invecchiamento generale della popolazione a livello globale con una posticipazione delle disabilità. L’OSA è comune in età avanzata, specialmente nelle forme di grado lieve-moderato e, in base alle casistiche e alle definizioni utilizzate in alcuni studi, si arriva anche ad un 80% di soggetti positivi per OSA. Sul piano fisiopatologico l’anatomia/collassabilità delle vie aeree superiori gioca un ruolo maggiore in questa fascia di età in parte tuttavia compensato da una ridotta richiesta ventilatoria (basso loop-gain) a differenza della fascia di età più giovane. L’OSA è ampiamente sottostimata sul piano clinico negli anziani in quanto anche se la presentazione clinica può essere simile a quella classica, nella maggior parte dei pazienti il quadro è caratterizzato da una ridotta presenza dei sintomi chiave come il russamento, la sonnolenza diurna, la stanchezza o l’associazione a comorbilità cardiovascolari. L’utilizzo dei questionari sulla qualità della vita può rivelarsi poco utile perché tarati su soggetti di mezza età oltre a limitazioni dovute alla presenza di una alterazione del sonno, al deterioramento cognitivo e alle modificazioni dello stile di vita. La prognosi dell’OSA cambia con l’avanzare dell’età e le complicanze cardiovascolari fatali e non fatali sono differenti dai soggetti più giovani. La maggior parte degli studi longitudinali, sia su base clinica che di popolazione, ha dimostrato che la presenza di OSA grave (AHI > 30/h) può aumentare morbilità e mortalità nell’anziano anche in età avanzata ma questo aumento nell’incidenza è più pronunciato per problematiche cerebrovascolari (ictus) e per l’insufficienza cardiaca congestizia rispetto alla cardiopatia ischemica (probabilmente per effetto del precondizionamento ischemico). Gli studi osservazionali hanno confermato l’efficacia del trattamento dell’OSA nel soggetto anziano e che le possibili difficoltà oggettive che si possono riscontrare nell’avvio del trattamento non devono scoraggiare dal fare almeno un tentativo. Uno studio spagnolo su pazienti con età > 65 anni, divisi in gruppi per livello di gravità dell’OSA e con gruppi di controllo senza OSA, monitorati e trattati con CPAP ha confermato come il gruppo con buona aderenza alla terapia abbia manifestato una riduzione del rischio totale di morte cardiovascolare come ictus e scompenso cardiaco, mentre non è stato osservato nessun effetto su eventi coronarici fatali rispetto alla popolazione di controllo. C’è anche una relazione significativa tra OSA e demenza, sia come declino cognitivo lieve sia come malattia di Alzheimer. Anche in questo caso la terapia con CPAP ha come risultato quello di migliorare le funzioni cognitive soprattutto nei soggetti con le forme di OSA grave, confermando come il deterioramento cognitivo in tarda età sia più strettamente associato all’OSA grave che moderato.

L’epidemiologia dell’OSA e le sue conseguenze si sovrappongono pesantemente ai sintomi dell’invecchiamento della popolazione e alle comuni condizioni croniche osservate negli anziani anche se allo stato attuale non vi sono evidenze sufficienti per dimostrare la causalità dell’associazione tra l’OSA e le patologie dell’invecchiamento. Le considerazioni degli autori sono che il soggetto anziano con grave OSA sintomatica dovrebbe essere sottoposto a trattamento come tutti gli altri soggetti mentre per le forme lievi/moderate asintomatiche le indicazioni sono meno chiare. Un approccio razionale potrebbe essere quello di fare un trial terapeutico con CPAP senza insistere oltre il dovuto se il paziente non manifesta miglioramenti.

Altro articolo interessante è quello pubblicato su Annals ATS che ha affrontato un argomento di grande attualità nell’ambito dell’OSA come la possibile correlazione con i tumori 2. In passato più volte sono comparsi articoli di prevalenza, incidenza e possibile associazione con specifiche forme di neoplasie. È stato anche ipotizzato che l’OSA possa essere correlata allo sviluppo e progressione del cancro attraverso le sue conseguenze avverse come l’ipossia intermittente e sistemica, lo stress ossidativo, l’aumento di attività del sistema nervoso simpatico, la risposta immunitaria alterata, l’infiammazione sistemica, la disfunzione endoteliale e le alterazioni del ritmo circadiano che a loro volta possono portare a una alterazione della regolazione della trascrizione e a cambiamenti nelle proprietà oncogeniche di un tumore, rendendolo così più invasivo e resistente alla terapia. Tre studi osservazionali longitudinali hanno dimostrato un’associazione significativa tra l’ipossiemia notturna e la mortalità per cancro in diverse popolazioni. La prova di un’associazione tra marcatori di severità dell’OSA e lo sviluppo e progressione del cancro sta pertanto emergendo ma è ancora limitata e non completamente dimostrata. In questo articolo gli autori hanno indagato l’associazione tra marcatori di severità dell’OSA (AHI, ipossiemia e frammentazione del sonno) e la mortalità correlata al cancro in individui con tumore già diagnosticato. È uno studio di coorte retrospettivo multicentrico condotto in quattro ospedali canadesi utilizzando dati clinici e sanitari di oltre 2.000 persone sottoposte ad uno studio diagnostico del sonno tra il 1994 e 2017 a cui, dai dati dal registro tumori dell’Ontario, era stato precedentemente diagnosticato un tumore.

Su un follow-up con mediana di 5,6 anni (intervallo interquartile [IQR], 2,7-9,1 anni), 261/2.222 (11,7%) dei soggetti inclusi con cancro sono deceduti per cause correlate al cancro, il 44,2% (261/590) per tutte le cause. Nell’analisi univariata, i tassi di mortalità per tutte le cause sono aumentati con l’aumentare dell’AHI (P < 0,0001), della desaturazione di ossigeno (P < 0.0001) e della frammentazione del sonno, definita come riduzione di efficienza del sonno e percentuale di sonno REM, aumento del numero di risvegli durante il sonno, indice di arousal e percentuale della fase 1 (P < 0,0001). I tassi di mortalità correlati al cancro per 100 persone/anno variavano tra 5,04 (95% CI, 4,35-5,84) senza OSA e 8,77 (IC 95%, 7,89-9,75) nella categoria OSA grave, e tra 6,32 (IC 95%, 5,74-6,95) e 14,07 (IC 95%, 11,58-17,10) per quelli senza e con grave ipossiemia rispettivamente. Dopo controllo per fattori di rischio in causa per progressione del tumore come età, sesso, disturbo da uso di alcol, presenza di insufficienza cardiaca, broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipertensione, diabete, trattamento per OSA, anno della polisonnografia e tempo dalla diagnosi del cancro, le misure di ipossiemia e frammentazione del sonno, ma non l’indice di apnea-ipopnea, erano significativamente associate con mortalità specifica per cancro: percentuale di tempo trascorso con SaO2 < 90% (rapporto di rischio [HR] per aumento del 5%, 1,05; intervallo di confidenza al 95%, 1,01-1,09); SaO2 media (HR per 3% aumento, 0,79; 0,68-0,92); e percentuale di sonno della fase 1 (HR per aumento del 16%, 1,27; 1,07-1,51).

Le sedi del tumore più frequenti erano prostata, mammella, colonretto e melanoma. Altre frequenti cause di morte erano cardiometaboliche (169/590 [28,6%]), respiratorie (38/590 [6,4%]) e del sistema nervoso (36/590 [6,1%]).

Pur essendo uno studio osservazionale ma con vari punti a favore (il lungo periodo di follow-up, i dati sulla gravità dell’OSA, l’accesso al registro tumori, la correzione per fattori confondenti) ha permesso agli autori di concludere che in un’ampia coorte clinica di adulti con neoplasia prevalente e sospetta OSA, indipendentemente dallo stato del tumore, le misure di ipossiemia notturna e frammentazione del sonno, ma non l’AHI, erano significativamente associate con mortalità correlata al tumore.

Altro tema di grande attualità nell’ambito dell’OSA è quello del rischio cardiovascolare, infatti l’associazione tra OSA e malattie cardiovascolari (CV) non è stata trovata in modo omogeneo in tutti gli studi pubblicati e in tutti i sottotipi di pazienti con OSA. L'analisi post hoc dello studio dell’impatto della sindrome delle apnee notturne nell’evoluzione della sindrome coronarica acuta (ISAAC) ha mostrato che tra i pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta, l’OSA era un fattore di rischio indipendente solo nei pazienti senza precedente malattia cardiaca.

L’associazione tra i sottotipi clinici (minimamente sintomatici, sonno disturbato, eccessivamente sonnolento e moderatamente sonnolento) e l’incidenza di malattia cardiovascolare è stato indagato nello SHHS e in questo grande campione basato sulla popolazione, solo il sottotipo “eccessivamente sonnolento” è stato associato con un aumentato rischio di eventi CV rispetto a soggetti senza OSA. Tuttavia non è stato valutato in ambito clinico se i sottotipi di sintomi sono predittori degli esiti cardiovascolari.

Ci sono evidenze che i comuni parametri di severità dell’OSA come l’indice di apnea-ipopnea (AHI) e indice di desaturazione di ossigeno (ODI) non prevedano adeguatamente il rischio di malattie CV. Nuovi indicatori di severità dell’OSA, come l’ipossiemia (HB) e la variabilità della frequenza cardiaca, sono stati identificati come forti predittori di morbilità e mortalità CV.

In questo articolo 3 gli autori hanno valutato se i sottotipi clinici di OSA, HB (Hypossic Burden) e PRV (Pulse Rate Variability), fossero associati a mortalità per tutte le cause ed eventi CV maggiori (MACE esito composito che include mortalità per tutte le cause, infarto miocardico acuto, ictus e rivascolarizzazione coronarica non programmata) in una grande coorte clinica multicentrica di pazienti con nuova diagnosi di OSA e nessuna malattia CV conclamata.

Su 9.876 pazienti indagati per sospetta OSA tra il 15 maggio 2007 e 31 dicembre 2019 in una ampia coorte francese, il campione finale dello studio ha incluso 5.358 pazienti con OSA senza malattia CV conclamata al momento della diagnosi. L’analisi in cluster ha identificato quattro sottotipi clinici principali basati sui sintomi etichettati come: minimamente sintomatico (n = 1.178; 22,0%); sonno disturbato (n = 941; 17,5%); eccessivamente sonnolento (n = 2.671; 49,8%); moderatamente sonnolento (n = 568; 10,6%). Il sottotipo “eccessivamente sonnolento” era significativamente più giovane se confrontato con altri sottotipi, il sottotipo “sonno disturbato” aveva la percentuale più alta di donne e il più basso AHI, mentre il sottotipo “moderatamente sonnolento” aveva età più avanzata, AHI e HB più alti.

Dopo un follow-up con mediana di 78 mesi (intervallo interquartile, 52-109), 592 (11,05%) pazienti hanno avuto un esito composito che ha compreso 292 decessi e 300 eventi CV maggiori (malattia coronarica: 48,9%; ictus: 27,3%; scompenso cardiaco: 20,6%; simultanea malattia coronarica e scompenso cardiaco: 3,2%). L’analisi non corretta per fattori confondenti ha mostrato che il sottotipo “eccessivamente sonnolento” aveva il rischio più basso di MACE rispetto agli altri tre sottotipi. Come previsto, AHI, ODI, T90, HB e indici PRV erano associati al verificarsi di MACE. Significative differenze sono state osservate anche per quanto riguarda l’associazione di sottotipi di sintomi e incidenza di MACE con il sottotipo “minimamente sintomatico” che dimostrava aumento del rischio rispetto ad altri sottotipi di sintomi (hazard ratio [HR], 1,33; intervallo di confidenza al 95% [CI], 1,09-1,63; P = 0,0058 vs. gruppo “eccessivamente sonnolento”). Tuttavia, solo HB e T90 sono rimasti associati in modo significativo a MACE dopo correzione ulteriore per fattori confondenti (HR, 1,21; 95% IC, 1,07-1,38; P = 0,002 e HR, 1,34; 95% IC, 1,16-1,55; P < 0,0001, rispettivamente).

L’associazione indipendente con HB è rimasta significativa quando tutte le cause di mortalità sono state considerate separatamente (HR, 1,28; IC 95%, 1,06-1,54; P = 0.01), ma i risultati non hanno raggiunto la significatività statistica quando solo gli eventi CV non fatali sono stati inclusi nel modello (HR, 1,11; IC 95%, 0,94-1,30; P = 0,21). Analisi stratificate hanno evidenziato una più forte associazione dei livelli elevati di HB con MACE nelle donne rispetto agli uomini (P per interazione = 0,03) e nei pazienti più giovani (< 65 anni; P per interazione = 0,057).

HB e T90 erano meglio associati a MACE rispetto ad AHI e ODI. Dati recenti suggeriscono che né AHI, né ODI, né T90% potrebbero rappresentare un marcatore accurato della severità dell’OSA e prevedere maggiori comorbilità; AHI e ODI forniscono infatti un semplice conteggio del numero di episodi ostruttivi o desaturazioni di ossigeno per ora di sonno, senza specificare la durata e la profondità del disturbo respiratorio o i cambiamenti dell’emogasanalisi.

È stata valutata anche la PRV sulla prognosi CV ma non è stata trovata una associazione indipendente. La PRV riflette l’attivazione del sistema nervoso autonomo associata alle apnee e ipopnee, e questa attività è stata dimostrata giocare uno specifico ruolo critico nell’inizio e mantenimento della FA. È quindi plausibile che PRV sia un predittore più forte di FA incidente e ictus, ma non rappresenta il massimo predittore di rischio CV complessivo.

Le conclusioni degli autori sono che, in pazienti indagati per sospetto clinico di OSA, rispetto ai parametri comuni di severità come AHI e ODI, HB era un predittore indipendente di eventi CV e morte e può essere utilizzato, nella pratica clinica, per identificare i pazienti con OSA a maggior rischio di eventi CV.

Riferimenti bibliografici

  1. Osorio RS, Martínez-García MA, Rapoport DM. Sleep apnoea in the elderly: a great challenge for the future. Number 1 in the series “Challenges in sleep apnoea”. Eur Respir J. 2022; 59:2101649. DOI
  2. Kendzerska T, Andrea S G, Povitz M. Polysomnographic markers of obstructive sleep apnea severity and cancer-related mortality: a large retrospective multicenter clinical cohort study. Ann Am Thorac Soc. 2022; 19:807-818. DOI
  3. Trzepizur W, Blanchard M, Ganem T. Sleep apnea-specific hypoxic burden, symptom subtypes, and risk of cardiovascular events and all-cause mortality. Am J Respir Crit Care Med. 2022; 205:108-117. DOI

Affiliazioni

Fabrizio Dal Farra

Servizio Pneumologico Aziendale, Azienda Sanitaria dell’Alto Adige, Bolzano

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2023

Come citare

Dal Farra, F. (2023). Disturbi Respiratori nel Sonno. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 38(1), 5-8. https://doi.org/10.36166/2531-4920-N676
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