Correva l'anno 2022
Pubblicato: 2023-09-28

Pneumopatie Infiltrative Diffuse e Patologia del Circolo Polmonare

Unità Operativa di Pneumologia, Dipartimento Medicine Specialistiche, Ospedale G.B. Morgagni, Forlì (FC)

Articolo

Nell’ambito delle pneumopatie infiltrative diffuse e delle patologie vascolari polmonari, nel 2022 ci sono state importanti novità provenienti dalla letteratura scientifica, che hanno contribuito ad arricchire le nostre conoscenze, modificare il nostro punto di vista e orientare il nostro operato nella pratica quotidiana, mediante la stesura di documenti ufficiali. Gli articoli pubblicati nel 2022 selezionati e qui commentati riguardano: l’aggiornamento delle nuove linee guida internazionali dell’American Thoracic Society, European Respiratory Society, Japanese Respiratory Society, e Asociaciòn Latino Americana de Tòrax (ATS/ERS/JRS/ALAT) 2022 per la diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica (IPF) e pneumopatie infiltrative diffuse fibrosanti, la proposta del pattern UIP come entità biologica a sé stante e le nuove linee guida su ipertensione arteriosa polmonare.

Le principali società scientifiche ATS/ERS/JRS/ALAT hanno rielaborato e aggiornato le Clinical Practice Guidelines del 2018 relative a diagnosi e trattamento della IPF, introducendo anche il concetto di fibrosi polmonare progressiva (PPF) in pazienti affetti da malattie polmonari interstiziali fibrosanti differenti dall’IPF 1. Il documento è frutto del lavoro di un team multidisciplinare formato da esperti ed è espressione di diverse Società Scientifiche (ATS/ERS/JRS/ALAT) e della voce dei rappresentanti delle associazioni pazienti. Sono stati aggiornati i criteri radiologici e istopatologici utili alla diagnosi di IPF e attraverso l’analisi di revisioni sistematiche è stato rivalutato il ruolo di criobiopsia transbronchiale, diagnosi genomica, terapia antiacida, chirurgia antireflusso e farmaci antifibrotici (nintedanib e pirfenidone); è stata inoltre aggiornata la definizione di PPF, identificando criteri radiologici e fisiologici, ed è stata infine considerata l’efficacia di nintedanib e pirfenidone nella gestione di queste patologie. Le novità riportate nelle nuove linee guida comprendono tre aspetti importanti.

  1. la criobiopsia transbronchiale viene riconosciuta come metodica invasiva in grado di sostituire la biopsia chirurgica tradizionale, purché effettuata in centri esperti selezionati. Nel percorso diagnostico della IPF comunque, la presenza del pattern radiologico UIP-probable può supportare la diagnosi di IPF senza la necessità di ricorrere ad una conferma bioptica se associato ad un contesto clinico appropriato e dopo opportuna discussione multidisciplinare;
  2. la definizione pratica utile di PPF, in base alla presenza di almeno due dei seguenti tre specifici criteri clinici radiologici:
    1. peggioramento dei sintomi respiratori;
    2. progressione radiologica, definita dall’incremento delle bronchiectasie/bronchiolectasie da trazione, dalla comparsa di nuove opacità a vetro smerigliato nel contesto delle stesse, dalla comparsa di nuove fini reticolazioni o da una maggiore estensione delle preesistenti, dall’incremento o comparsa di nuove aree di polmone ad alveare (honeycombing), dalla riduzione del volume polmonare lobare;
    3. progressione funzionale, definita dal calo assoluto di FVC (Capacità Vitale Forzata) ≥ 5% o di DLCO (diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio) ≥ 10% nell’ultimo anno di follow-up, non spiegabile in altro modo.

La pubblicazione di queste linee guida ha suscitato una animata discussione proprio sulla definizione stessa di progressione (che dovrebbe avvenire nonostante un trattamento considerato “adeguato” per una determinata patologia), sulla necessità di utilizzare una terminologia non ambigua ma chiara ed omogenea per tutti ed infine sulla possibilità di identificare test diagnostici utili per la diagnosi e la stratificazione del rischio di progressione. Successivamente alla definizione di una diagnosi specifica e all’avvio di un trattamento adeguato, soltanto il 18-32% dei pazienti con interstiziopatia polmonare fibrosante rischia di progredire; quindi, quando si discute della possibilità di iniziare una terapia antifibrotica, è cruciale riferirsi a questi pazienti con l’espressione “PPF nonostante terapia”. Questa distinzione è cruciale anche per evitare l’utilizzo indiscriminato della terapia antifibrotica in tutte le patologie, a prescindere dalla diagnosi e dalle terapie praticate o non praticate al momento della presentazione. Altro elemento chiave della definizione è il tempo, in quanto la variazione dei sintomi, delle prove di funzionalità respiratoria e/o della TC del torace, deve essere misurata nell’ultimo anno; tuttavia, il rapporto rischio/beneficio che sta alla base delle scelte terapeutiche spesso dipende anche dalla velocità con cui questi cambiamenti si verificano; in sostanza, concettualmente, in assenza di altre possibili spiegazioni, una eventuale progressione può essere considerata tale anche se dissociata dal fattore temporale cioè dall’intervallo di tempo in cui la progressione stessa si verifica, tuttavia lo stesso peggioramento funzionale, clinico e/o radiologico può sicuramente assumere una valenza più o meno preoccupante/allarmante se si verifica in 6 mesi piuttosto che in oltre un anno rispettivamente.

  1. 3. Il terzo punto fondamentale riguarda il trattamento. Per la IPF non viene più raccomandato l’utilizzo di antiacidi con l’obiettivo di migliorare l’andamento della funzionalità respiratoria, ma soltanto nel caso in cui questi siano indicati per il trattamento della malattia da reflusso gastro-esofageo, in accordo con le relative specifiche linee guida. Viene poi confermato il ruolo di nintedanib e pirfenidone nel trattamento della IPF e contemporaneamente viene proposta anche una raccomandazione ad utilizzare nintedanib in caso di fibrosi polmonare non-IPF progressiva. Per quanto riguarda il pirfenidone invece, benché vi siano numerosi elementi a supporto del suo utilizzo per le PPF, le evidenze attualmente disponibili non sono state considerate sufficienti.

Infine, per dare nuova spinta propulsiva allo sviluppo delle conoscenze nell’ambito della diagnosi delle forme progressive delle malattie interstiziali fibrosanti, all’interno della comunità scientifica pneumologica, Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri - Italian Thoracic Society (AIPO-ITS) e Società Italiana di Pneumologia - Italian Respiratory Society (SIP/IRS) hanno dato vita a un progetto importante. Le due società scientifiche hanno infatti acquisito i diritti di traduzione delle Linee Guida “ATS/ERS/JRS/ALAT Idiopathic Pulmonary Fibrosis (an Update) and Progressive Pulmonary Fibrosis in Adults - Clinical Practice Guideline” e delle Linee Guida ERS “Transbronchial lung cryobiopsy in the diagnosis of interstitial lung diseases”.

La prevalenza di ipertensione arteriosa polmonare in tutte le sue forme è stimata a circa 1% e questi dati sono destinati ad aumentare ulteriormente per un progressivo aumento delle conoscenze e miglioramento delle tecniche di diagnosi. Nel 2022 sono state anche pubblicate le linee guida aggiornate sull’Ipertensione Polmonare, elaborate dalle società scientifiche europee di cardiologia ESC (European Society of Cardiology) e di pneumologia ERS 2; queste trattano definizione, diagnosi e raccomandazioni di ordine terapeutico, unitamente all’approccio multidisciplinare e olistico centrato sul paziente e alle principali aree di ricerca. Punto di forza di queste ultime linee guida è anche il coinvolgimento, nella redazione del documento, di esperti specialisti cardiologi, pneumologi, radiologi, ma anche infermieri e rappresentanti dei pazienti.

Per quanto riguarda la definizione di ipertensione polmonare, il valore soglia della pressione arteriosa polmonare media (mPAP) è stato ridotto da 25 mmHg a 20 mmHg, mentre il valore soglia di resistenza vascolare polmonare è stato ridotto da 3 WU a 2 WU, anche alla luce di importanti implicazioni prognostiche di valori emodinamici solo modicamente alterati.

Le implicazioni cliniche di questo aggiornamento sono state consistenti e hanno sollevato importanti domande. Per prima cosa, pazienti inquadrati prima come “non patologici” possono presentare ora i criteri sufficienti per la diagnosi di ipertensione polmonare, criteri ancora non sufficienti però per l’arruolamento in studi clinici specifici. Come gestire allora in maniera adeguata questi pazienti per i quali ancora non vi sono terapie approvate? Come gestire il follow-up e/o eventuali progressioni? Quali figure dovrebbero essere coinvolte? (cardiologi esperti in ipertensione polmonare, medici specialisti referenti del paziente, etc.). È ancora difficile rispondere a queste domande, ma certamente la riduzione dei valori soglia di resistenza vascolare può aiutare ad identificare i pazienti in una fase più precoce della loro malattia, soprattutto quelli con elevata probabilità pre-test di vasculopatia polmonare, o ad identificare i pazienti ad alto rischio di progressione/evoluzione sfavorevole.

Un altro concetto importante introdotto nelle ultime linee guida è quello delle comorbilità, sia associate ad aumentato rischio di disfunzione diastolica ventricolare sinistra (ad esempio obesità, ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardiopatia coronarica) sia patologie polmonari, spesso associate a riduzione della diffusione del CO (DLCO). Tutti i pazienti con associate comorbilità hanno una prognosi peggiore e una minor probabilità di rispondere alle terapie specifiche per ipertensione polmonare; va detto però che i dati esistenti in letteratura sono ridotti essendo proprio la presenza di importanti comorbilità un comune criterio di esclusione per la maggior parte dei trial clinici. Sta diventando comunque sempre più importante riconoscere diversi sottogruppi o “fenotipi” di pazienti con ipertensione polmonare, in base ad età, BMI, abitudine tabagica, impegno parenchimale polmonare, coronaropatia. Fra tutte, le forme di ipertensione polmonare idiopatica “classica” rappresenterebbero la minor parte (circa 12%), mentre molto più frequente sarebbe il cosiddetto fenotipo “cuore sinistro” e analogamente il cosiddetto fenotipo “cardiopolmonare”.

Marcatore prognostico importante e utile per la stratificazione del rischio di progressione nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare è considerato la diffusione del CO (DLCO). Ad eccezione dei pazienti con patologia polmonare (enfisema, fibrosi polmonare) o malattia veno-occlusiva (PVOD), i pazienti con DLCO più bassa sono più frequentemente maschi, fumatori e/o presentano alcune alterazioni anche modeste del parenchima polmonare alla TC. Il fumo di sigaretta contribuisce al danno capillare attraverso un meccanismo di disfunzione endoteliale, apoptosi e rimodellamento vascolare; la componente venosa è probabilmente sottostimata e potrebbe essere almeno in parte alla base della ridotta tolleranza alle terapie e sopravvivenza. La diagnosi di malattia veno-occlusiva “vera” è molto rara e viene discussa dalle linee guida, si basa generalmente sul quadro clinico-radiologico e si associa ad importanti implicazioni terapeutiche tra cui il cauto impiego di farmaci vasodilatatori e l’invio precoce presso un centro trapianti; la creazione di un registro prospettico internazionale è stata proposta.

Capire bene il meccanismo attraverso il quale la DLCO è ridotta nei diversi sottogruppi e a che livello è interessato prevalentemente il letto vascolare, potrebbe aiutare a guidare lo sviluppo di nuovi farmaci: patologia pre-capillare, proliferazione/obliterazione del letto vascolare venoso, malattia capillare.

Nell’articolo di Selman et al., pubblicato nel dicembre 2022 (personal view) e a cui dedichiamo soltanto poche righe 3, viene proposto il pattern istologico UIP come entità diagnostica propria, a sé stante, sia nella sua forma primitiva (IPF) sia come forma secondaria a condizioni specifiche diverse, tra cui la polmonite da ipersensibilità fibrosante e alcune malattie autoimmuni.

In una parte consistente della letteratura, è stato dimostrato che il pattern UIP morfologico identificato su biopsia polmonare in qualsiasi di queste patologie si associa ad una prognosi infausta e comunque molto simile a quella della IPF. La presenza di un pattern UIP o probable UIP alla criobiopsia (patchy fibrosis, focolai fibroblastici ed esclusione di elementi suggestivi di diagnosi alternativa) è fortemente predittiva della presenza di un pattern UIP alla biopsia polmonare chirurgica. Analogamente, la positività del test genomico Envisia su biopsia polmonare transbronchiale (convenzionale o mediante criosonda) presenta una specificità di circa il 90%. Pertanto, entrambi i test hanno un valore predittivo positivo nell’identificare un pattern UIP alla biopsia polmonare chirurgica molto elevato, a condizione però che la probabilità pre-test (basata sulla valutazione clinica e radiologica) sia superiore al 50%. Un importante limite di entrambe le metodiche è quello però di non riuscire a discriminare definitivamente tra forme primitive (IPF) e secondarie di pattern UIP; va da sé che identificare il pattern UIP come entità diagnostica unica aumenterebbe invece ulteriormente il valore diagnostico di entrambi i test.

Per quanto riguarda invece la radiologia, analogamente il riscontro di un pattern UIP definito alla TC del torace ad alta risoluzione è fortemente predittivo di un sottostante pattern UIP alla biopsia polmonare e si associa ad una prognosi infausta e comunque molto simile a quella della IPF anche in patologie diverse; in caso di pattern probable UIP, invece, questo risulta predittivo di pattern UIP all’istologia solo in un determinato contesto clinico, non certamente per patologie non IPF come ad esempio le connettiviti o la polmonite da ipersensibilità.

Le diverse possibili combinazioni di substrato genetico con fattori ambientali, fattori individuali legati all’ospite e la riprogrammazione epigenetica correlata all’invecchiamento agiscono come determinanti interdipendenti di diversi fenotipi o cluster UIP e dell’eterogeneità interpersonale che si osserva sia nei pazienti IPF che non-IPF, con progressione rapida in alcuni pazienti e progressione lenta in altri.

Riferimenti bibliografici

  1. Raghu G, Remy-Jardin M, Richeldi L. Idiopathic pulmonary fibrosis (an update) and progressive pulmonary fibrosis in adults: an official ATS/ERS/JRS/ALAT clinical practice guideline. Am J Respir Crit Care Med. 2022; 205:e18-e47. DOI
  2. Humbert M, Kovacs G, Hoeper MM, ESC/ERS Scientific Document Group. 2022 ESC/ERS guidelines for the diagnosis and treatment of pulmonary hypertension. Eur Respir J. 2023; 61:2200879. DOI
  3. Selman M, Pardo A, Wells AU. Usual interstitial pneumonia as a stand-alone diagnostic entity: the case for a paradigm shift?. Lancet Respir Med. 2023; 11:188-196. DOI

Affiliazioni

Claudia Ravaglia

Unità Operativa di Pneumologia, Dipartimento Medicine Specialistiche, Ospedale G.B. Morgagni, Forlì (FC)

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2023

Come citare

Ravaglia, C. (2023). Pneumopatie Infiltrative Diffuse e Patologia del Circolo Polmonare . Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 38(2), 80-83. https://doi.org/10.36166/2531-4920-703
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