Articolo di revisione
Pubblicato: 2023-11-10

Le bronchiectasie (non fibrosi cistica): approccio clinico e terapeutico nella vita reale Parte II: Quadri clinici e terapia

Ambulatorio di Pneumologia Clinica Mediterranea, Napoli
UO Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria, IRCCS Policlinico di S. Orsola-Malpighi, Bologna
School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza
UOC di Pneumologia, AORN Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli, Napoli
UOC Pneumologia - UTIR, Ospedale “Madonna delle Grazie”, Matera
Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza
Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
UOC di Pneumologia, AORN Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli, Napoli
Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza
bronchiectasie Pseudomonas aeruginosa fisioterapia aspergillosi infezioni respiratorie

Abstract

Le bronchiectasie non relate a fibrosi cistica (non CF) sono una malattia polmonare cronica caratterizzata da dilatazione permanente delle vie aeree. A causa della sua crescente prevalenza, dell’onere economico per i sistemi sanitari e della morbilità e mortalità associate, l’attenzione sulle bronchiectasie da parte della comunità scientifica è aumentata nel corso degli ultimi anni con conseguente sviluppo di nuove prospettive e proposte diagnostiche e terapeutiche. Sfortunatamente, attualmente non esistono una vera e propria cura o trattamenti specificamente approvati per le bronchiectasie. La sindrome bronchiectasica si caratterizza per un decorso progressivo caratterizzato in genere da riacutizzazioni, la maggior parte delle quali è correlata ad infezioni, tra cui spicca quella da Pseudomonas aeruginosa. In generale il controllo e la prevenzione delle colonizzazioni ed infezioni batteriche o fungine sono una priorità clinica. A queste si affianca il contributo fondamentale dato dalla fisioterapia respiratoria e nei casi più avanzati e selezionati dalla chirurgia. Si evince pertanto come la gestione di questa complessa malattia necessiti del contributo e della collaborazione di differenti figure professionali nell’ambito di un team multisciplinare comprendente pneumologo, radiologo, infettivologo, nutrizionista, radiologo, chirurgo e fisioterapista.

Eterogeneità delle bronchiectasie: dal genotipo al fenotipo attraverso l’endotipo

Sappiamo che le bronchiectasie sono una condizione caratterizzata dalla dilatazione delle vie aeree e che questa alterazione è di comune riscontro in un gruppo molto eterogeneo di malattie e condizioni cliniche diverse tra loro, come malattie autoimmuni, allergiche, infettive, degenerative, congenite, genetiche, etc. 1,2. Studi relativamente recenti 3 hanno sicuramente migliorato la nostra conoscenza sulle bronchiectasie ed hanno cercato di descrivere e catalogare il singolo paziente secondo gruppi eterogenei definiti come “endotipi” e come “fenotipi”. Il “fenotipo” è definito come un insieme di caratteristiche osservabili in un individuo risultanti da una serie di interazioni tra il suo genotipo e l’ambiente circostante mentre l’“endotipo” si riferisce ad una condizione definita da meccanismi funzionali e caratteristiche patobiologiche ben distinte tra di loro. Altro aspetto importante che complica questa “difficoltà diagnostico/gestionale” è che non ci sono terapie mediche approvate ufficialmente in Europa per le bronchiectasie non FC e quindi che un approccio ad una migliore definizione eziopatogenetica (studio dell’endotipo, del fenotipo ed oltre) del singolo paziente possa essere utile a migliorare la nostra conoscenza in questo campo ai fini di implementare trattamenti veramente efficaci ed universalmente certificati. Il pathway patofisiologico di questa malattia consiste in un ciclo di eventi che determina l’alterata clearance mucociliare, la ritenzione di secrezioni nelle vie aeree con alterazione delle difese immunitarie dell’ospite rendendo le stesse vie aeree più vulnerabili e sede di infezione cronica. La persistenza di batteri patogeni autoalimenta l’infiammazione con un rimodellamento anormale delle vie aeree e la comparsa delle bronchiectasie. Ma il concetto di “circolo vizioso” non può essere applicato semplicisticamente a tutte le forme di bronchiectasie: bisognerebbe spiegarsi perché trattamenti individuali con antibiotici e/o antiinfiammatori hanno in alcuni pazienti modesti effetti sull’outcome clinico (forse perché agiscono su una sola e singola componente del circolo vizioso laddove alcune forme di bronchiectasie presentano alterazioni più o meno complesse?), così come ci si dovrebbe interrogare sul vero ruolo, per esempio, della funzione ciliare nelle singole varie forme eziologiche di bronchiectasie in cui poco è noto il link tra attività ciliare, processi di “cellular segnaling” e “remodelling” 4 e conseguenti implicazioni cliniche e terapeutiche. Un paziente con riscontro radiologico di bronchiectasie cilindriche di natura idiopatica può presentare una sintomatologia molto sfumata (es. emottisi occasionale e modesta con ridotta espettorazione e saltuarie riacutizzazioni) rispetto ad un altro paziente coetaneo con bronchiectasie cistiche bilaterali, notevole espettorazione quotidiana mucopurulenta, ridotta qualità della vita e frequenti esacerbazioni 5,6. Nei soggetti asmatici molti studi basati sulla ricerca di fattori genetici di rischio (genetic risk loci) non hanno riscontrato un chiaro pathway di intervento terapeutico, mentre una classificazione sugli endotipi e fenotipi infiammatori può essere utile per implementare una terapia efficace e specifica 7.

Sorvolando sulla fibrosi cistica (FC) (che è stato il primo esempio di come una malattia partendo dall’esatta conoscenza del genotipo può effettivamente esitare in un intervento terapeutico corretto, mirato ed efficace come la CFTR terapia) 8,9, possiamo per altri genotipi stabilire alcune caratteristiche e diversità fondamentali per la gestione della malattia che, in un certo senso, esprimono il fenotipo e l’endotipo di quella malattia stessa.

  1. Discinesia ciliare primitiva (PCD): questa malattia è caratterizzata da un’alterazione della funzione ciliare ma dobbiamo segnalare che sono stati descritti casi con test all’ossido nitrico (metodo utile come biomarker della motilità ciliare) normali 10. Questo riscontro farebbe pensare che anche in una malattia così ben definita come la PCD la formazione e la regolazione delle proteine ciliari siano sotto un controllo genetico multifattoriale 11.
  2. Immunodeficienza e disordini della regolazione immune (PID): la maggior parte delle PID è associata a bronchiectasie 12. Biomarker utili nella diagnosi ed implementazione terapeutica delle PID sono un attento studio della fenotipizzazione linfocitaria (cellule T, B e NK), dei livelli delle immunoglobuline e della risposta anticorpale a specifici antigeni proteici e polisaccaridici.
  3. Malattie autoimmuni: molte sono le malattie autoimmuni associate a bronchiectasie ed in particolare l’artrite reumatoide (AR) e la malattia infiammatoria cronica intestinale. I biomarker tipici di queste malattie (fattore reumatoide, proteina C reattiva, ANA ed anticorpi anti Saccharomyces cerevisiae, etc.) sono utili per la diagnosi della malattia autoimmune ma non nella caratterizzazione dell’eventuale coinvolgimento polmonare. Inoltre in queste malattie, pur essendo frequenti le infezioni, predomina il processo infiammatorio con implicazioni terapeutiche specifiche per queste malattie come l’uso (talvolta in associazione ad antibiotici mirati per il controllo dell’infezione) di steroidi per via inalatoria e/o sistemica o l’uso di farmaci immunomodulatori tipici della malattia infiammatoria cronica intestinale (bloccanti il TFN alfa) per controllare la progressione delle bronchiectasie 13.
  4. Aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA): l’ABPA rappresenta una particolare forma di overlap tra una alterazione immunitaria ed una malattia ostruttiva polmonare come l’asma e la FC. Recenti studi di confronto tra pazienti con ABPA, pazienti asmatici e gruppo di controllo hanno identificato potenziali loci genetici suscettibili comuni tra queste malattie tali da chiarire alcuni aspetti patologici utili ai fini terapeutici 14.
  5. BPCO ed asma: purtroppo la relazione tra BPCO, asma e bronchiectasie non è ben chiara 15. Spesso il riscontro di bronchiectasie in queste malattie è misconosciuto o è presente in stati avanzati con eosinofilia marcata ed alte concentrazioni di IgE (overlap asma/BPCO?) 16,17. Sicuramente la categorizzazione in endotipi è molto utile soprattutto nell’asma dove alcuni biomarker come l’eosinofilia ed un aumento delle IgE possono identificare pazienti con bronchiectasie che possono giovare di terapia antiinfiammatoria.
  6. Bronchiectasie idiopatiche associate ad infezione da micobatteri non tubecolari (NTM): spesso sono pazienti con particolari caratteristiche fisiche (morfotipo astenico, scoliosi, pectus excavatum, alterazioni valvolari cardiache, etc.) 18,19; in questi casi sono presenti un’alta prevalenza di varianti genetiche collegate al controllo delle infezioni che favoriscono in questa popolazione le infezioni da NTM. Usando una combinazione di caratteristiche fenotipiche, biomarker (come l’NO nasale e lo studio delle motilità ciliare) ed analisi genetica, diventerebbe possibile implementare azioni terapeutiche tese a ridurre e/o minimizzare questi fattori e quindi la progressione della malattia.

La valutazione di pazienti con bronchiecatsie quindi richiede un’approfondita conoscenza della eterogeneicità della presentazione clinica e dell’andamento clinico nella sua variabilità. Ma come collegare il genotipo al fenotipo attraverso l’endotipo? Molti studi 20,21 si sono adoperati usando tecniche di sequenziamento statistico per identificare sottogruppi di pazienti bronchiectasici con caratteristiche differenti ma quasi tutti hanno fallito quando dalla teoria si è applicata la pratica in coorti indipendenti di pazienti evidenziando che forse ad oggi non esistono dei fenotipi ben definiti.

Uno dei fenotipi universalmente conosciuto ed identificato in molte coorti di pazienti è quello del paziente con infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa. Un altro fenotipo è quello delle bronchiectasie secche (dry bronchiectasis) cioè soggetti senza produzione giornaliera di muco, così come tutti noi conosciamo il fenotipo del frequente riacutizzatore 22. Sono i cosiddetti “fenotipi universali” ma, come già indicato, le evidenze cliniche e scientifiche spesso non correlano con un netto e definito riscontro clinico: per esempio la presenza dello P. aeruginosa non è di per sé sufficiente a definire questi pazienti che talvolta non hanno beneficio da un trattamento con antibiotici per via inalatoria 23.

In sintesi, le variabili cliniche possono fornire solo una modesta accuratezza predittiva per gli esiti delle bronchiectasie ma non ci dicono nulla sulla biologia alla base della malattia. La fenotipizzazione e l’endotipizzazione sono in una fase iniziale di studio ed applicazione pratica nella comprensione dei genotipi e degli endotipi delle bronchiectasie anche in relazione al relativo fallimento di alcuni recenti programmi di sperimentazione clinica sull’argomento. Il processo di definizione di gruppi di pazienti mediante patobiologia che spesso utilizza biomarcatori è in una fase iniziale nelle bronchiectasie. L’eterogenea natura della malattia bronchiectasica deve portare alla identificazione di biomarcatori e, consequenzialmente, di terapie personalizzate che possano offrire approcci promettenti per sviluppare interventi terapeutici specifici, efficaci e precoci. Si spera che in un prossimo futuro avremo un approccio standardizzato alla valutazione dei pazienti con bronchiectasie e utilizzeremo analisi genetiche e biomarcatori locali e sistemici per stratificare i pazienti in termini di prognosi e terapia.

Infezioni da micobatteri non tubercolari, ABPA e altre micosi nelle bronchiectasie

Un importante ruolo eziologico per le bronchiectasie è rivestito dalle infezioni del tratto respiratorio, non solo dalle più comuni infezioni batteriche, ma anche dalle infezioni causate da micobatteri, sia che si tratti di NTM che non, e dalle infezioni fungine.

Micobatteri non tubercolari

Per quanto riguarda i micobatteri non tubercolari il M. Avium complex rappresenta l’agente principale, ma possono essere presenti altri micobatteri come il M. intracellulare, il M. Avium, il M. Gordonae, il M. abscessus e M. Kansasii, tuttavia la prevalenza cambia in base all’area di provenienza geografica dei soggetti interessati. Essi vengono isolati eseguendo colture dell'espettorato, o tramite fibrobroncoscopia con esecuzione di BAL o aspirato bronchiale (BAS). Generalmente i pazienti con tali infezioni presentano una patologia polmonare di base, come la BPCO, hanno un’età avanzata (maggiore ai 60 anni), hanno un’immunodeficienza che nella maggior parte dei casi coinvolge i linfociti T, un basso BMI, mentre raramente hanno tra le comorbilità l’asma e quindi non fanno uso di corticosteroidi inalatori (ICS); alla TC polmonare presentano cavitazioni, possono avere mutazione del gene CFTR e alle prove di funzionalità respiratoria (PFR), hanno una riduzione più severa della funzionalità polmonare ma presentano un minor numero di riacutizzazioni 24. Invece i pazienti senza una condizione polmonare predisponente sono generalmente donne non fumatrici, di età superiore ai 50 anni con storia di sintomi respiratori progressivi e frequenti infezioni respiratorie, alla TC presentano bronchiectasie cilindriche e micronoduli polmonari 25. In alcuni casi può essere presente una coinfezione, spesso da altri NTM o da P. aeruginosa. Il trattamento consiste nella terapia antibiotica mirata verso il microorganismo isolato, composta solitamente dalla combinazione di più farmaci antimicrobici.

ABPA

Nel caso delle infezioni fungine l’organismo più coinvolto è l’Aspergillus, specialmente nella forma di ABPA. L’ABPA è caratterizzata da una reazione di ipersensibilità alla colonizzazione delle vie aeree da parte dell’Aspergillus Fumigatus che interessa generalmente pazienti con asma o FC, con un livello sierico elevato di IgE, spesso > 1.000 UI/mL 26. Per poter effettuare una corretta diagnosi diviene importante l’esecuzione di esami ematici come il dosaggio delle IgE totali, delle IgG per aspergillo, IgE specifiche per aspergillo o prick test cutanei positivi per aspergillo 27. Alle immagini radiologiche ottenute tramite HRCT le bronchiectasie si presentano tipicamente come centrali, comunemente cilindriche, più raramente varicoidi, interessano prevalentemente i lobi superiori e sono accompagnate da segni di infezione quali albero in fiore e plug mucoidi 28. La terapia si avvale di corticosteroidi sistemici, terapia antifungina mediante itraconazolo o voriconazolo, o terapia mediante un anticorpo anti IgE chiamato omalizumab. Tale farmaco agisce riducendo il livello di IgE, il numero di riacutizzazioni e permette il risparmio di steroide e porta al miglioramento dei sintomi asmatici; pertanto viene utilizzato nei pazienti con storia di asma grave, storia di steroido-resistenza o steroido-dipendenza 29.

Altre micosi

Nei soggetti sani le spore fungine vengono eliminate grazie all’azione del muco e alla motilità mucociliare, nei soggetti con bronchiectasie viene a mancare questo meccanismo facilitando la colonizzazione da parte di questi patogeni, che viene favorita anche da un elevato utilizzo di terapia antibiotica, viste le frequenti riacutizzazioni, e dallo stato di infiammazione cronica.

Queste infezioni sono spesso accompagnate da coinfezioni batteriche, principalmente da P. aeruginosa e da Haemofilus influenzae, rendendo difficile capire il reale significato clinico dell’isolamento dei miceti. La Candida Albicans e l’Aspergillo Fumigatus rappresentano le specie maggiormente coinvolte, anche se possono essere presenti differenti tipi di aspergillo come il Niger, il Terreus e il Flavus, oppure altre specie come Trichosporon beigelli, Saccharomyces cerevisiae, Exophiala dermatitidis e tanti altri, con, anche in questo caso, una diversa prevalenza in base all’area geografica 30. Mentre l’isolamento di una Candida Albicans su campione di secrezioni endobronchiali in genere rappresenta un contaminante, l’isolamento di Aspergillus con concomitante aumento del valore dei galattomannani può significare infezione fungina invasiva ed il dato va sempre correlato con gli aspetti clinici e radiologici per decisioni sul trattamento.

Bronchiectasie in altre malattie: malattie autoimmuni, immunodeficienze, discinesia ciliare

Le bronchiectasie possono essere presenti in una serie di malattie sistemiche autoimmuni, più frequentemente associate all’AR tra le connettivopatie e alla rettocolite ulcerosa tra le malattie infiammatorie intestinali (IBD).

Le bronchiectasie possono precedere nel tempo o manifestarsi dopo l’insorgenza dell’AR distinguendo pertanto due possibili sindromi AR-BR e BR-AR che si differenziano non solo dalla temporalità dell’esordio ma anche dalla fisiopatogenesi 31. La sindrome da overlap bronchiectasie-artrite reumatoide (BROS) include tutte e due queste condizioni 7. Secondo una rassegna sistematica e metanalisi eseguita da Martin et al., la prevalenza di AR-BR era del 18,7% tra i 36 studi inclusi sottolineando che le bronchiectasie sono una caratteristica extra-articolare molto comune dell’AR 32. Dagli studi clinici disponibili in letteratura sulle BROS al momento risulta che le bronchiectasie riscontrate radiologicamente nella maggior parte si presentano senza sintomatologia clinica 33,34. Le bronchiectasie sintomatiche potrebbero rendere più difficili le decisioni riguardo al trattamento immunomodulante dell’AR pertanto studi clinici di follow-up a lungo termine dei fattori di rischio e della conversione da bronchiectasie radiologiche a clinicamente significative sono necessari per il futuro. La coesistenza di bronchiectasie e AR è associata inoltre ad una più alta mortalità rispetto alla condizione di malattia bronchiectasica isolata 35.

Tra le IBD, la rettocolite ulcerosa è maggiormente associata ad un coinvolgimento polmonare dove le bronchiectasie rappresentano la manifestazione più comune con prevalenza sulle popolazioni studiate sotto il 5%. Vengono riportati studi controversi sull’incremento del rischio di mortalità nei pazienti con IBD associate a bronchiectasie 31.

Le PID, soprattutto quelle caratterizzate da deficit anticorpali, sono correlate ad un incrementato rischio di sviluppare bronchiectasie. L’importanza nell’identificare i pazienti con PID associate a bronchiectasie è legata alla possibilità di poter eseguire le terapie sostitutive specifiche con immunoglobuline che hanno come obiettivo la riduzione dell’incidenza e la severità delle infezioni acute e di conseguenza la prevalenza e la progressione delle bronchiectasie. Tra le PID, l’immunodeficienza comune variabile (CVID) rappresenta la forma più comunemente associata a bronchiectasie 36.

La PCD è una rara condizione ereditaria con interessamento multiorgano dovuta all’alterazione della motilità ciliare, caratterizzata dalla disregolazione della clearance mucociliare con ristagno di muco, predisponendo ad infezioni respiratorie ricorrenti che portano ad un danno progressivo delle alte e basse vie aeree dove la malattia bronchiectasica rappresenta la complicanza polmonare più frequente ed è presente in quasi tutti i pazienti adulti. Recenti studi sul sequenziamento genetico moderno hanno portato in evidenza una prevalenza stimata di 1:7500 persone, raddoppiata rispetto a quanto si credeva fino a pochi anni fa 37. In Inghilterra, in un gruppo di pazienti adulti con diagnosi di bronchiectasie idiopatiche severe sottoposti al sequenziamento completo del genoma, veniva fatta diagnosi di PCD in 12% dei casi 38. Un recente editoriale di Shoemark et al. ha messo in evidenza come la ricerca genetica stia evidenziando sempre di più la marcata eterogeneità della PCD con più di 50 geni e più di 2.000 mutazioni note aumentando la relazione genotipo-fenotipo 38. Al momento i geni identificati sono associati al 70% circa dei casi di PCD diagnosticati 39. Le linee guida dell’American Thoracic Society e dell’European Respiratory Socieaty raccomandano che la conferma della diagnosi avvenga tramite l’identificazione di una variante patogena di un gene noto o tramite il rilevamento di un difetto nella struttura ciliare in microscopia elettronica 40,41. Il trattamento del PCD con bronchiectasie rimane esclusivamente sintomatico. Il trial clinico BESTCILIA ha mostrato come l’uso dell’azitromicina possa dimezzare il numero delle riacutizzazioni respiratorie e la carica batterica nell’espettorato dei pazienti con PCD 42. I progressi della terapia genica con mRNA rappresentano un’opportunità per la terapia del PCD.

Strategie e schemi di terapia antibiotica ed antinfiammatoria nel soggetto adulto con bronchiectasie

Terapia antimicrobica delle esacerbazioni

Le bronchiectasie sono una patologia respiratoria cronica che si caratterizza per ricorrenti o croniche infezioni delle vie con aumento del volume e della purulenza dell’espettorato e/o febbre ed evidenza di flogosi di tipo batterico. Le infezioni respiratorie possono inoltre essere una causa di progressione della malattia e un indice di severità della stessa 28,43-45. Per tale ragione, gli antibiotici rappresentano una pietra miliare nel trattamento delle esacerbazioni. La scelta dell’antibiotico deve tenere conto di una serie di variabili, quali: comorbilità (insufficienza renale cronica e aritmie); fattori individuali come allergie o intolleranze; severità delle esacerbazioni e rischio di infezioni multidrug resistant (per esse è sempre necessaria una terapia antibiotica di associazione) 46,47.

Terapia antibiotica a lungo termine

L’antibioticoterapia a lungo termine è indicata nei pazienti con tre o più esacerbazioni all’anno (nonostante ottimizzazione della restante terapia). La soglia di tre riacutizzazioni viene ridotta in pazienti con esacerbazioni estremamente severe o con rilevanti comorbilità, o con bronchiectasie di grado severo o, infine, in pazienti in cui le esacerbazioni hanno un impatto significativo sulla qualità di vita 28,44. Le opzioni terapeutiche attualmente disponibili sono rappresentate da antibiotici orali o inalatori.

La classe più utilizzata e più studiata di antibiotici orali è rappresentata dai macrolidi (claritromicina, eritromicina e azitromicina). Essi presentano numerose proprietà anti-infiammatorie e immunomodulanti e numerosi studi hanno dimostrato come riducano la produzione di escreato, i sintomi giornalieri, il numero di esacerbazioni e migliorino la funzionalità polmonare 48-53. Condizione raccomandata per poter avviare terapia a lungo termine con macrolidi è l’esecuzione di espettorato che non evidenzi la presenza di micobatteri non tubercolari.

Gli studi più significativi a riguardo sono rappresentati da BLESS, EMBRACE e BAT i quali hanno studiato rispettivamente eritromicina 400 mg 2 volte al giorno per 6 mesi, azitromicina 500 mg 3 volte alla settimana per 6 mesi, azitromicina 250 mg 3 volte alla settimana per 12 mesi 54-56. In essi, tuttavia, l’arruolamento non prevedeva una specifica batteriologia, pertanto solo il 10-29% dei pazienti era cronicamente colonizzato da P. aeruginosa.

Per quanto concerne l’antibioticoterapia inalatoria, i primi risultati sono sopraggiunti dall’utilizzo di tobramicina, colistina e aztreonam nei pazienti affetti da FC, con miglioramento della qualità di vita, riduzione delle esacerbazioni e della funzionalità polmonare 57-62. Sulle bronchiectasie le linee guida ERS più recenti consigliano l’utilizzo di presidi inalatori a lungo termine solo in quei pazienti con bronchiectasie e infezione da P. aeruginosa con più di tre esacerbazioni all’anno. Ad oggi esistono pochi antibiotici su cui sono stati condotti studi a sufficienza, in particolare: tobramicina con riscontro di buona risposta microbiologica e riduzione dei sintomi, con tuttavia possibile comparsa di effetti collaterali (broncospasmo e tosse), possibile aumento delle resistenze e nessuna modifica nella funzionalità polmonare 63-66; anche la colistina ha mostrato di indurre buona risposta microbiologica e riduzione delle esacerbazioni 67-70.

Terapia eradicante di P. aeruginosa

Le infezioni croniche sono molto comuni nelle bronchiectasie (fino al 60% in tutti gli studi), anche se non vi è un consenso generale sulla loro definizione 43. La definizione più accreditata è la presenza di due o più colturali consecutivi positivi per lo stesso patogeno in un periodo di almeno sei mesi 28. Tra le infezioni croniche, quella che determina un maggiore impatto sulla prognosi è P. aeruginosa. Si pensa che la terapia antibiotica sia maggiormente efficace se l’infezione è recente in quanto le strategie messe in atto dal patogeno per adattarsi all’ambiente potrebbero essere meno sviluppate 71,72. Tuttavia, non esiste un consenso sul miglior protocollo eradicante, in quanto sono descritte varie opzioni. Infine, per assenza di evidenze scientifiche, il trattamento eradicante non è indicato per adulti con isolamento di patogeni diversi da P. aeruginosa 28,31.

Strategie e schemi di terapia mucoregolatrice e riabilitativa nelle bronchiectasie

Le bronchiectasie si caratterizzano per una compromissione della clearance mucociliare, causata dalle alterazioni strutturali delle vie aeree e dalla disidratazione con aumento di viscosità e volume del muco. Per questo motivo la fisioterapia respiratoria ha assunto un ruolo di rilievo nella gestione dei pazienti con bronchiectasie, sia nei pazienti con malattia stabile con tosse produttiva cronica sia nelle riacutizzazioni di malattia. La fisioterapia respiratoria può essere divisa in due principali sfere d’azione: le tecniche di clearance delle vie aeree (airway clearance techniques, ACT) volte alla mobilizzazione delle secrezioni e quindi alla rimozione più efficace dell’espettorato e la riabilitazione polmonare (pulmonary rehabilitation, PR) per incrementare la forza muscolare, in particolare dei muscoli respiratori, e la resistenza allo sforzo fisico.

Diversi studi hanno dimostrato come le ACT siano in grado di incrementare l’espettorazione, migliorare la qualità della vita e ridurre i sintomi respiratori riducendo l’impatto della tosse e migliorando la ventilazione e la dispnea 73,74.

Esistono diverse tecniche di ACT:

  1. Active cycle of breathing technique (ACBT): tecniche di respiro costituite da un ciclo ripetitivo suddiviso in 3 fasi distinte: il controllo del respiro, gli esercizi di espansione toracica e la tecnica dell’espirazione forzata;
  2. Autogenic drainage (AD): tecniche di respirazione controllata a diversi volumi polmonari o di espirazione lenta a glottide aperta in decubito laterale (ELTGOL);
  3. Postural drainage (PD): prevede di posturare il paziente in modo da migliorare la ventilazione e sfruttare la gravità affinché aiuti il drenaggio del muco dalla periferia alle vie aeree centrali tenendo conto degli angoli anatomici e variando la posizione a seconda dei segmenti polmonari da drenare;
  4. Manual technique (MT): vengono applicate forze esterne alla parete toracica attraverso percussioni, vibrazioni e scuotimento, spesso associate al PD;
  5. Positive expiratory pressure (PEP): permette di eseguire espirazioni attive contro una resistenza espiratoria variabile tramite maschere facciali, boccagli, etc;
  6. Oscillating positive expiratory pressure (OPEP): prevede l’utilizzo di device che all’effetto PEP sommano anche oscillazioni ad alta frequenza intratoracica che generano vibrazioni della parete delle vie aeree durante l’espirazione;
  7. High frequency chest wall oscillation (HFCWO): dispositivi che generano oscillazioni esternamente alla parete toracica;
  8. Intrapulmonary percussive ventilation (IPV): strumenti di ventilazione oscillatoria ad alta frequenza tramite la somministrazione di flussi d’aria pulsati.Dati recenti mostrano come promettente l’uso degli alti flussi umidificati e riscaldati (HFNT), che grazie alla umidificazione delle secrezioni, migliorerebbe la clearance mucociliare, favorendo l’igiene bronchiale.

Queste tecniche possono anche essere utilizzate in associazione tra loro. Al momento nessuna singola ACT è considerata superiore alle altre in termini di risultati, la scelta è personalizzata sulle caratteristiche del paziente e sullo stato di salute attuale, specie distinguendo tra una fase di stabilità o riacutizzazione della malattia. Analogamente la durata, la frequenza e lo sforzo richiesto possono essere adattati in base alle esigenze individuali. Le tecniche di ACT più utilizzate sono l’ACBT e l’OPEP, eventualmente associate al PD. In generale è consigliata l’esecuzione delle ACT due volte al giorno per una durata di almeno 10 minuti fino ad un massimo di circa 30 minuti, massimizzando la clearance bronchiale senza incorrere nel rischio di fatica respiratoria.

Inoltre, alle tecniche di ACT è suggerito associare la PR che comprende programmi di esercizio fisico, atti al rinforzo muscolare, per aumentare la resistenza allo sforzo ed in particolare all’allenamento dei muscoli respiratori, unita all’educazione del paziente riguardo la propria malattia, l’igiene polmonare e la salute generale (es. educazione nutrizionale). È noto infatti come la debolezza muscolare e l’inattività fisica possano svolgere un ruolo sulla progressione della malattia, sulla frequenza delle riacutizzazioni e sulla capacità di mobilizzare le secrezioni.

Infine, nei pazienti in cui persiste difficoltà di espettorazione e bassa qualità di vita nonostante adeguata riabilitazione polmonare è suggerito associare anche la terapia mucoattiva a lungo termine per oltre 3 mesi. Questa comprende tutti i farmaci che hanno un impatto diretto sulla clearance del muco, che vengono distinti in base al meccanismo d’azione in: espettoranti (es. soluzione iso/ipertonica per aerosol), mucolitici (es. N-acetilcisteina, erdosteina), mucoregolatori (es. carbocisteina) e mucocinetici (es. broncodilatatori).

Trapianto del polmone e terapia chirurgica nelle bronchiectasie non FC

Il trattamento chirurgico delle bronchiectasie riveste un ruolo minore rispetto alla terapia medica, riservato a casi più selezionati. Le linee guida ERS sulla gestione delle bronchiectasie nell’adulto sconsigliano (seppur con bassa qualità delle evidenze a disposizione) il ricorso alla chirurgia, salvo in pazienti con malattia localizzata ed elevata frequenza di riacutizzazioni nonostante l’ottimizzazione delle misure di gestione della patologia (farmacoterapie, fisioterapia respiratoria, etc.) 28. Il razionale per il ricorso alla chirurgia è la rimozione di segmenti ritenuti non funzionali, allo scopo di interrompere il ciclo vizioso di infiammazione, distruzione delle vie aeree, alterazione della clearance muco-ciliare e infezione; l’intervento più frequentemente praticato è la lobectomia mediante toracoscopia video-assistita (VATS), allo scopo di ridurre l’incidenza di complicanze e il tempo di degenza medio. In alcuni casi di pazienti con bronchiectasie con interessamento di più lobi ma con interessamento predominante di un lobo o segmento, e sempre dopo fallimento della terapia medica, può essere presa in considerazione l’escissione della parte maggiormente interessata. Tuttavia i centri che praticano tale intervento raccomandano un’accurata selezione del paziente dato il rischio chirurgico incrementato: ad esempio, prediligendo pazienti giovani con buona funzionalità polmonare residua, e con estensione della malattia limitata ad un solo altro lobo oltre a quello che verrà rimosso 75.

L’altra principale indicazione alla chirurgia nel paziente bronchiectasico è l’emottisi refrattaria ad embolizzazione arteriosa selettiva; in particolare l’indicazione chirurgica viene posta nei casi di emottisi ricorrente o massiva, questi ultimi gravati da un’elevata mortalità perioperatoria in quanto spesso eseguiti in urgenza 76.

Riguardo il trapianto polmonare nel paziente con bronchiectasie, un recente consensus della società internazionale per il trapianto di cuore e polmone (ISHLT) raccomanda criteri di selezione simili a quelli precedentemente stabiliti per i pazienti con bronchiectasie secondarie a FC; il paziente andrebbe quindi riferito ad un centro specializzato nel trapianto polmonare in seguito al riscontro di:

  1. un valore di FEV1 < 30% del predetto;
  2. un valore di FEV1 < 40% del predetto in presenza di uno tra i seguenti: PaCO2 > 50 mmHg, ipossiemia a riposo o durante sforzo, ipertensione polmonare, distanza percorsa al 6-minutes walking test inferiore ai 400 metri, peggioramento dello stato nutrizionale nonostante adeguata integrazione, due o più riacutizzazioni all’anno con necessità di terapia antibiotica endovenosa, pneumotorace, emottisi massiva con necessità di embolizzazione arteriosa;
  3. un valore di FEV1 < 50% del predetto con rapido declino agli esami funzionali o progressione della sintomatologia;
  4. una riacutizzazione con ricovero e necessità di ventilazione a pressione positiva.

Ulteriori indicazioni sono fornite riguardo allo screening e ai criteri di inserimento in lista per trapianto per questi pazienti, in particolare si raccomanda di valutare la presenza di colonizzazione da parte di NTM ed il loro eventuale trattamento prima dell’inserimento in lista 77. Riguardo la prognosi post-trapianto, negli ultimi anni si è assistito ad un incremento della sopravvivenza, e alcuni centri riferiscono una mortalità a 5 anni paragonabile a quella dei pazienti trapiantati per altre cause; resta però incrementato il tasso di colonizzazione da P. aeruginosa in questi pazienti, mentre il tasso di insorgenza di malattia da rigetto cronica polmonare (CLAD) sembra sovrapponibile 78. Il consensus segnala inoltre un’importante differenza con i pazienti affetti da bronchiectasie secondarie a FC, ossia l’elevato tasso di variabilità individuale nella progressione, con pazienti che restano stabili per anni ed altri che mostrano un deterioramento repentino; diventa perciò importante il monitoraggio stretto dei pazienti con patologia più severa.

In conclusione, la gestione del paziente bronchiectasico resta prevalentemente medica, sebbene in alcuni casi (paziente con malattia localizzata e numerose riacutizzazioni o paziente con emottisi refrattaria ad embolizzazione), la chirurgia mantenga un suo ruolo ben definito. Inoltre, al peggioramento della funzionalità polmonare e delle condizioni generali del paziente o in seguito a riacutizzazioni severe con necessità di ventilazione a pressione positiva, i nuovi criteri ISHLT suggeriscono al clinico la possibilità di prospettare al paziente una soluzione alternativa, non scevra di rischi, ma da tenere in considerazione nella malattia avanzata.

Conclusioni

Concludiamo questa review narrativa sul management delle bronchiectasie nella speranza di aver raggiunto l’intento di mettere a disposizione uno strumento utile, aggiornato e di facile lettura per tutti coloro che si interessano e/o si interesseranno a questa patologia nell’ambito della loro attività clinica e professionale. È sicuramente compito del lettore darci un “feedback” in questo senso ed invitiamo tutti coloro che ci vorranno leggere a interagire con noi a tutti i livelli perché questa narrazione deve servire a creare i presupposti per una forte collaborazione ed aggregazione di una comunità scientifica formata da colleghe e colleghi, molti giovanissimi qualcuno no, su un tema di infettivologia respiratoria sicuramente attuale e di grande interesse pneumologico e non.

Riferimenti bibliografici

  1. Lonni S, Chalmers JD, Goeminne PC. Etiology of non-cystic fibrosis bronchiectasis in adults and its correlation to disease severity. Ann Am Thorac Soc. 2015; 12:1764-1770. DOI
  2. Shoemark A, Ozerovitch L, Wilson R. Aetiology in adult patients with bronchiectasis. Respir Med. 2007; 101:1163-1170. DOI
  3. Flume PA, Chalmers JD, Olivier KN. Advances in bronchiectasis: endotyping, genetics, microbiome and disease heterogenecity. Lancet. 2018; 392:880-890. DOI
  4. Gilley SK, Stenbit AE, Pasek RC. Deletion of airway cilia results in noninflammatory bronchiectasis and hyperreactive airways. Am J Physiol Lung Cell Mol Physiol. 2014; 306:L162-169. DOI
  5. Aksamit TR, O’Donnell AE, Barker A. Adult patients with bronchiectasis: a first look at the US bronchiectasis research registry. Chest. 2017; 151:982-992. DOI
  6. Chalmers JD, Chotirmall SH. Bronchiectasis: new therapies and new perspectives. Lancet Respir Med. 2018; 6:715-726. DOI
  7. Nadig TR, Flume PA. Aerosolized antibiotics for patients with bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med. 2016; 193:808-810. DOI
  8. Sheikh SI, Long FR, McCoy KS. Computed tomography correlates with improvement with ivacaftor in cystic fibrosis patients with G551D mutation. J Cyst Fibros. 2015; 14:84-89. DOI
  9. Heltshe SL, Mayer-Hamblett N, Burns JL, GOAL (the G551D Observation-AL) Investigators of the Cystic Fibrosis Foundation Therapeutics Development Network. Pseudomonas aeruginosa in cystic fibrosis patients with G551D-CFTR treated with ivacaftor. Clin Infect Dis. 2015; 60:703-712. DOI
  10. Shapiro AJ, Josephson M, Rosenfeld M. Accuracy of nasal nitric oxide measurement as a diagnostic test for primary ciliary dyskinesia. A systematic review and meta-analysis. Ann Am Thorac Soc. 2017; 14:1184-1196. Publisher Full Text
  11. Horani A, Ferkol TW, Dutcher SK, Brody SL. Genetics and biology of primary ciliary dyskinesia. Paediatr Respir Rev. 2016; 18:18-24. DOI
  12. Buckley RH. Pulmonary complications of primary immunodeficiencies. Paediatr Respir Rev. 2004; 5:S225-233. DOI
  13. Coulter TI, Chandra A, Bacon CM. Clinical spectrum and features of activated phosphoinositide 3-kinase delta syndrome: a large patient cohort study. J Allergy Clin Immunol. 2017; 139:597-606.e4. DOI
  14. Agarwal R, Chakrabarti A, Shah A, ABPA complicating asthma ISHAM working group. Allergic bronchopulmonary aspergillosis: review of literature and proposal of new diagnostic and classification criteria. Clin Exp Allergy. 2013; 43:850-873. DOI
  15. Blasi F, Chalmers JD, Aliberti S. COPD and bronchiectasis: phenotype, endotype or co-morbidity?. COPD. 2014; 11:603-604. DOI
  16. Hurst JR, Elborn JS, De Soyza A, BRONCH-UK Consortium. COPD-bronchiectasis overlap syndrome. Eur Respir J. 2015; 45:310-313. DOI
  17. Mao B, Yang JW, Lu HW, Xu JF. Asthma and bronchiectasis exacerbation. Eur Respir J. 2016; 47:1680-1686. DOI
  18. Kim RD, Greenberg DE, Ehrmantraut ME. Pulmonary nontuberculous mycobacterial disease: prospective study of a distinct preexisting syndrome. Am J Respir Crit Care Med. 2008; 178:1066-1074. DOI
  19. Daniels ML, Birchard KR, Lowe JR. Enlarged dural sac in idiopathic bronchiectasis implicates heritable connective tissue gene variants. Ann Am Thorac Soc. 2016; 13:1712-1720. DOI
  20. Aliberti S, Lonni S, Dore S. Clinical phenotypes in adult patients with bronchiectasis. Eur Respir J. 2016; 47:1113-1122. DOI
  21. Guan WJ, Jiang M, Gao YH. Unsupervised learning technique identifies bronchiectasis phenotypes with distinct clinical characteristics. Int J Tuberc Lung Dis. 2016; 20:402-410. DOI
  22. Chalmers JD, Aliberti S, Filonenko A. Characterisation of the “frequent exacerbator phenotype” in bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med. 2018; 197:1410-1420. DOI
  23. Nadig TR, Flume PA. Aerosolized antibiotics for patients with bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med. 2016; 193:808-810. DOI
  24. Suska K, Amati F, Sotgiu G. Nontuberculous mycobacteria infection and pulmonary disease in bronchiectasis. ERJ Open Res. 2022; 8:00060-2022. DOI
  25. Bonaiti G, Pesci A, Marruchella A. Nontuberculous mycobacteria in noncystic fibrosis bronchiectasis. Biomed Res Int. 2015; 2015:197950. DOI
  26. Greenberger PA. Allergic bronchopulmonary aspergillosis. J Allergy Clin Immunol. 2002; 110:685-692. DOI
  27. Buckingham SJ, Hansell DM. Aspergillus in the lung: diverse and coincident forms. Eur Radiol. 2003; 13:1786-800. DOI
  28. Polverino E, Goeminne PC, McDonnell MJ. European Respiratory Society guidelines for the management of adult bronchiectasis. Eur Respir J. 2017; 50:1700629. DOI
  29. Li JX, Fan LC, Li MH. Beneficial effects of omalizumab therapy in allergic bronchopulmonary aspergillosis: a synthesis review of published literature. Respir Med. 2017; 122:33-42. DOI
  30. Máiz L, Nieto R, Cantón R. Fungi in bronchiectasis: a concise review. Int J Mol Sci. 2018; 19:142. DOI
  31. Chalmers JD, Polverino E, Aliberti S. Bronchiectasis. Eur Respir Mon. 2018;81. DOI
  32. Martin LW, Prisco LC, Huang W. Prevalence and risk factors of bronchiectasis in rheumatoid arthritis: a systematic review and meta-analysis. Semin Arthritis Rheum. 2021; 51:1067-1080. DOI
  33. Wilczynska MM, Condliffe AM, McKeon DJ. Coexistence of bronchiectasis and rheumatoid arthritis: revisited. Respir Care. 2013; 58:694-701. DOI
  34. Attar SM, Alamoudi OS, Aldabbag AA. Prevalence and risk factors of asymptomatic bronchiectasis in patients with rheumatoid arthritis at a tertiary care center in Saudi Arabia. Ann Thorac Med. 2015; 10:176-180. DOI
  35. De Soyza A, McDonnell MJ, Goeminne PC. Bronchiectasis rheumatoid overlap syndrome is an independent risk factor for mortality in patients with bronchiectasis: a multicenter cohort study. Chest. 2017; 151:1247-1254. DOI
  36. Lowe DM, Hurst JR. Primary immunodeficiency. Bronchiectasis. Eur Respir Mon. 2018;81. DOI
  37. Hannah WB, Seifert BA, Truty R. The global prevalence and ethnic heterogeneity of primary ciliary dyskinesia gene variants: a genetic database analysis. Lancet Respir Med. 2022; 10:459-468. DOI
  38. Shoemark A, Griffin H, Wheway G, Genomics England Research Conortium. Genome sequencing reveals underdiagnosis of primary ciliary dyskinesia in bronchiectasis. Eur Respir J. 2022; 60:2200176. DOI
  39. Shoemark A, Harman K. Primary ciliary dyskinesia. Semin Respir Crit Care Med. 2021; 42:537-548. DOI
  40. Lucas JS, Barbato A, Collins SA. European Respiratory Society guidelines for the diagnosis of primary ciliary dyskinesia. Eur Respir J. 2017;49. DOI
  41. Shapiro AJ, Davis SD, Polineni D, American Thoracic Society Assembly on Pediatrics. Diagnosis of primary ciliary dyskinesia an official American Thoracic Society clinical practice guideline. Am J Respir Crit Care Med. 2018; 197:e24-39. DOI
  42. Kobbernagel HE, Buchvald FF, Haarmam EG. Efficacy and safety of azithromicyn maintenance therapy in primary ciliary dyskinesia (BESTCILIA): a multicenter, double-blind, randomized, placebo controlled phase 3 trial. Lancet Respir Med. 2020; 8:493-505. DOI
  43. Martínez-García MÁ, Máiz L, Olveira C. Spanish guidelines on treatment of bronchiectasis in adults. Arch Bronconeumol (Engl Ed). 2018; 54:88-98. DOI
  44. Chalmers JD, Goeminne P, Aliberti S. The bronchiectasis severity index an international derivation and validation study. Am J Respir Crit Care Med. 2014; 189:576-585. DOI
  45. Hill AT, Haworth CS, Aliberti S, EMBARC/BRR definitions working group. Pulmonary exacerbation in adults with bronchiectasis: a consensus definition for clinical research. Eur Respir J. 2017; 49:1700051. DOI
  46. Pasteur MC, Bilton D, Hill AT, British Thoracic Society Bronchiectasis non-CF Guideline Group. British Thoracic Society guideline for non-CF bronchiectasis. Thorax. 2010; 65:i1-58. DOI
  47. Torres A, Niederman MS, Chastre J. International ERS/ESICM/ESCMID/ALAT guidelines for the management of hospital-acquired pneumonia and ventilator-associated pneumonia: guidelines for the management of hospital-acquired pneumonia (HAP)/ventilator-associated pneumonia (VAP) of the European Respiratory Society (ERS), European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ESCMID) and Asociación Latinoamericana del Tórax (ALAT). Eur Respir J. 2017; 50:1700582. DOI
  48. Koh YY, Lee MH, Sun YH. Effect of roxithromycin on airway responsiveness in children with bronchiectasis: a double-blind, placebo-controlled study. Eur Respir J. 1997; 10:994-999. DOI
  49. Tsang KWT, Ho PI, Chan KN. A pilot study of low-dose erythromycin in bronchiectasis. Eur Respir J. 1999; 13:361-364. DOI
  50. Davies G, Wilson R. Prophylactic antibiotic treatment of bronchiectasis with azithromycin. Thorax. 2004; 59:540-541.
  51. Cymbala AA, Edmonds LC, Bauer MA. The disease-modifying effects of twice-weekly oral azithromycin in patients with bronchiectasis. Treat Respir Med. 2005; 4:117-122. DOI
  52. Yalçin E, Kiper N, Ozçelik U. Effects of claritromycin on inflammatory parameters and clinical conditions in children with bronchiectasis. J Clin Pharm Ther. 2006; 31:49-55. DOI
  53. Anwar GA, Bourke SC, Afolabi G. Effects of long-term low-dose azithromycin in patients with non-CF bronchiectasis. Respir Med. 2008; 102:1494-1496. DOI
  54. Wong C, Jayaram L, Karalus N. Azithromycin for prevention of exacerbations in non-cystic fibrosis bronchiectasis (EMBRACE): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet. 2012; 380:660-667. DOI
  55. Altenburg J, de Graaff CS, Stienstra Y. Effect of azithromycin maintenance treatment on infectious exacerbations among patients with non-cystic fibrosis bronchiectasis: the BAT randomized controlled trial. JAMA. 2013; 309:1251-1259. DOI
  56. Serisier DJ, Martin ML, McGuckin MA. Effect of long-term, low-dose erythromycin on pulmonary exacerbations among patients with non-cystic fibrosis bronchiectasis: the BLESS randomized controlled trial. JAMA. 2013; 309:1260-1267. DOI
  57. McCoy KS, Quittner AL, Oermann CM. Inhaled aztreonam lysine for chronic airway Pseudomonas aeruginosa in cystic fibrosis. Am J Respir Crit Care Med. 2008; 178:921-928. DOI
  58. Ryan G, Singh M, Dwan K. Inhaled antibiotics for long-term therapy in cystic fibrosis. Cochrane Database Syst Rev. 2011; 3:CD001021. DOI
  59. Mogayzel PJ, Naureckas ET, Robinson KA. Cystic fibrosis pulmonary guidelines. Chronic medications for maintenance of lung health. Am J Respir Crit Care Med. 2013; 187:680-689. DOI
  60. Konstan MW, Flume PA, Kappler M. Safety, efficacy and convenience of tobramycin inhalation powder in cystic fibrosis patients: the EAGER trial. J Cyst Fibros. 2011; 10:54-61. DOI
  61. Oermann CM, Retsch-Bogart GZ, Quittner AL. An 18-month study of the safety and efficacy of repeated courses of inhaled aztreonam lysine in cystic fibrosis. Pediatr Pulmonol. 2010; 45:1121-1134. DOI
  62. Schuster A, Haliburn C, Döring G. Safety, efficacy and convenience of colistimethate sodium dry powder for inhalation (Colobreathe DPI) in patients with cystic fibrosis: a randomised study. Thorax. 2013; 68:344-350. DOI
  63. Bilton D, Henig N, Morrissey B. Addition of inhaled tobramycin to ciprofloxacin for acute exacerbations of Pseudomonas aeruginosa infection in adult bronchiectasis. Chest. 2006; 130:1503-1510. DOI
  64. Barker AF, Couch L, Fiel SB. Tobramycin solution for inhalation reduces sputum Pseudomonas aeruginosa density in bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med. 2000; 162:481-485. DOI
  65. Drobnic ME, Suñé P, Montoro JB. Inhaled tobramycin in non-cystic fibrosis patients with bronchiectasis and chronic bronchial infection with Pseudomonas aeruginosa. Ann Pharmacother. 2005; 39:39-44. DOI
  66. Scheinberg P, Shore E. A pilot study of the safety and efficacy of tobramycin solution for inhalation in patients with severe bronchiectasis. Chest. 2005; 127:1420-1426. DOI
  67. Haworth CS, Foweraker JE, Wilkinson P. Inhaled colistin in patients with bronchiectasis and chronic Pseudomonas aeruginosa infection. Am J Respir Crit Care Med. 2014; 189:975-982. DOI
  68. Dhar R, Anwar GA, Bourke SC. Efficacy of nebulised colomycin in patients with non-cystic fibrosis bronchiectasis colonised with Pseudomonas aeruginosa. Thorax. 2010; 65:553. DOI
  69. White L, Mirrani G, Grover M. Outcomes of Pseudomonas eradication therapy in patients with non-cystic fibrosis bronchiectasis. Respir Med. 2012; 106:356-360. DOI
  70. Steinfort DP, Steinfort C. Effect of long-term nebulized colistin on lung function and quality of life in patients with chronic bronchial sepsis. Intern Med J. 2007; 37:495-498. DOI
  71. Deep A, Chaudhary U, Gupta V. Quorum sensing and bacterial pathogenicity: from molecules to disease. J Lab Physicians. 2011; 3:4-11. DOI
  72. Kumar A, Alam A, Rani M. Biofilms: survival and defense strategy for pathogens. Int J Med Microbiol. 2017; 307:481-489. DOI
  73. O’Neill K, O’Donnell AE, Bradley JM. Airway clearance, mucoactive therapies and pulmonary rehabilitation in bronchiectasis. Respirology. 2019; 24:227-237. DOI
  74. Flude LJ, Agent P, Bilton D. Chest physiotherapy techniques in bronchiectasis. Clin Chest Med. 2012; 33:351-361. DOI
  75. treatment for nonlocalized bronchiectasis. J Thorac Cardiovasc Surg. 2017; 153:986. DOI
  76. Cordovilla R, Bollo de Miguel E, Nuñez Ares A. Diagnosis and treatment of hemoptysis. Arch Bronconeumol. 2016; 52:368-377. DOI
  77. Leard LE, Holm AM, Valapour M. Consensus document for the selection of lung transplant candidates: an update from the International Society for Heart and Lung Transplantation. J Heart Lung Transplant. 2021; 40:1349-1379. DOI
  78. Hirama T, Tomiyama F, Notsuda H. Outcome and prognostic factors after lung transplantation for bronchiectasis other than cystic fibrosis. BMC Pulm Med. 2021; 21:261. DOI

Affiliazioni

Bruno del Prato

Ambulatorio di Pneumologia Clinica Mediterranea, Napoli

Vittoria Comellini

UO Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria, IRCCS Policlinico di S. Orsola-Malpighi, Bologna

Pietro Curci

School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza

Rosa Di Matteo

UOC di Pneumologia, AORN Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli, Napoli

Esmeralda Kacerja

UOC Pneumologia - UTIR, Ospedale “Madonna delle Grazie”, Matera

Antonio Lonigro

Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Marta Nadalin

School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza

Dario Tola

Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Francesco Zaccaria

UOC di Pneumologia, AORN Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli, Napoli

Eugenio Zangoli

Alma Mater Studiorum - Università degli Studi di Bologna, IRCCS Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Paola Faverio

School of Medicine and Surgery, Università degli Studi di Milano Bicocca; Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, Monza

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2023

Come citare

del Prato, B., Comellini, V., Curci, P., Di Matteo, R., Kacerja, E., Lonigro, A., Nadalin, M., Tola, D., Zaccaria, F., Zangoli, E., & Faverio, P. (2023). Le bronchiectasie (non fibrosi cistica): approccio clinico e terapeutico nella vita reale Parte II: Quadri clinici e terapia. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 38(4), 202-211. https://doi.org/10.36166/2531-4920-715
  • Abstract visualizzazioni - 660 volte
  • PDF downloaded - 279 volte