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Pubblicato: 2025-06-30

Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare

UO Pneumologia Riabilitativa, IRCCS San Raffaele Pisana, Roma

Articolo

La BPCO, come è noto, è una patologia cronica ed evolutiva, caratterizzata da sintomi invalidanti quali in primis la dispnea che, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, ha un notevole impatto sulla qualità della vita e sulle attività della vita quotidiana nei pazienti che ne sono affetti. D’altra parte diversi studi clinici hanno dimostrato che nei pazienti con BPCO, analogamente a quanto succede per la muscolatura periferica, si assiste a un declino progressivo della forza e della funzione dei muscoli inspiratori (MI) che può andare dal 40 al 60% del predetto. Tale alterazione può essere dovuta a varie cause, quali ad esempio l’iperinflazione polmonare, la perdita di massa muscolare, le frequenti esacerbazioni, l’uso di corticosteroidi e quant’altro. Tra questi però, soprattutto l’iperinflazione gioca un ruolo principale, in quanto genera uno svantaggio meccanico a carico dei muscoli inspiratori, in termini di relazione tensione-lunghezza. Il diaframma pertanto si appiattisce e le sue fibre si accorciano anche a riposo, per cui la capacità di generare tensione si riduce. Tutto ciò contribuisce a ridurre la capacità dei muscoli inspiratori che si evidenzia con il decremento della massima pressione inspiratoria (MIP). Conseguenza di tutto ciò è la dispnea. La letteratura sulla necessità di inserire un allenamento specifico dei muscoli inspiratori nel programma riabilitativo di questi pazienti comincia ad essere piuttosto numerosa: ad esempio nei pazienti sottoposti a NIV prolungata si è dimostrato in grado di ridurre i tempi di weaning dalla stessa ventilazione. Pertanto, considerato che il tema è stato oggetto di dibattito in passato, quando cioè si discuteva sulla effettiva utilità di inserire un allenamento specifico dei muscoli inspiratori nei programmi di riabilitazione polmonare, ci è sembrato interessante segnalare questa revisione sistematica con metanalisi di un gruppo di colleghi cinesi sull’argomento 1.

Dalla letteratura sono stati ritenuti eleggibili 16 studi randomizzati/controllati, per un totale di 700 pazienti trattati vs 641 controlli ovvero soggetti che effettuavano cure standard oppure placebo (sham). Obiettivo dello studio era quello di investigare gli effetti del training dei muscoli inspiratori sulla forza dei muscoli inspiratori stessi, sulla dispnea e sulla qualità della vita dei pazienti BPCO. Allo scopo inoltre di ottimizzare la prescrizione dell’esercizio è stata effettuata anche una analisi per sottogruppi, per meglio definire la durata ottimale delle sessioni, la loro frequenza e la intensità raccomandata dell’esercizio stesso.

Le conclusioni della metanalisi dimostrano che l’allenamento dei muscoli respiratori migliora in maniera significativa la forza dei muscoli stessi, la dispnea e la qualità della vita rispetto alle cure standard; l’analisi per sottogruppi fornisce degli ulteriori risultati interessanti, in quanto gli effetti maggiori e più significativi sulla forza, la dispnea e la qualità della vita si hanno quando la massima pressione inspiratoria applicata durante l’allenamento è inferiore o uguale al 60% del teorico, che le sessioni abbiano una durata fino a 20 minuti, con frequenza di almeno tre sedute a settimana.

Abbiamo ritenuto interessante segnalare questo studio, in quanto rimette al centro dell’attenzione di chi opera nel settore una modalità terapeutica che spesso viene trascurata nei programmi riabilitativi, e che invece riteniamo dovrebbe essere più considerata, magari applicandola a pazienti selezionati. L’altro aspetto importante è che vengono suggerite anche le modalità ottimali per raggiungere i migliori risultati su forza, dispnea e qualità della vita.

Il secondo articolo che vogliamo segnalare riguarda un altro aspetto importante della BPCO e cioè le comorbilità: è ormai ben noto infatti che il paziente con BPCO può essere affetto anche da numerose altre patologie, e tra queste quelle cardiovascolari rivestono una notevole importanza, in quanto si associano ad un maggior rischio di ospedalizzazione e ne rappresentano la più rilevante causa di morte. I fattori di rischio per sviluppare patologie cardiovascolari, che sono molteplici e non tutti modificabili, sono spesso presenti nei soggetti con BPCO: tra essi si possono citare l’età, lo status di fumatore, lo stile di vita sedentario, l’obesità e la sindrome metabolica, l’ipertensione, il diabete e la dislipidemia. Oltre a questi fattori, che possono spiegare in gran parte la comparsa di comorbilità cardiovascolari in questi pazienti, anche l’infiammazione sistemica, causata dal fumo, dallo stress ossidativo e dalle esacerbazioni, può giocare un ruolo aggiuntivo e importante in tal senso. Lo studio che stiamo esaminando parte proprio da questi presupposti, tenendo conto che è ormai certo che la physical activity è in grado di ridurre il rischio cardiovascolare e che i pazienti BPCO presentano ridotta capacità all’esercizio e conseguente ridotta abilità a svolgere le attività della vita quotidiana. D’altro canto, la riabilitazione polmonare rappresenta una opzione terapeutica che si è dimostrata in grado di migliorare la tolleranza all’esercizio fisico e quindi la physical activity. Si tratta di uno studio prospettico interventistico, che ha reclutato soggetti adulti con diagnosi di BPCO, con rapporto FEV1/FCV < 70%, e FEV1 < 80% del predetto dopo broncodilatatore, tutti ex fumatori da almeno un anno ma con storia di fumo attivo alle spalle e senza riacutizzazioni dal almeno 8 settimane 2. I pazienti arruolati sono stati 50, suddivisi in due fenotipi, 28 esacerbatori e 22 non esacerbatori. Gran parte dei soggetti arruolati presentava uno o più dei fattori di rischio sopra elencati, con maggiore frequenza negli esacerbatori. Tutti hanno svolto un programma riabilitativo di 8 settimane con due sedute giornaliere per 4 volte a settimana. Prima e dopo la conclusione del programma riabilitativo veniva rilevata la funzione polmonare, tramite spirometria, la capacità all’esercizio (6MWT) e i dati di laboratorio, che comprendevano tra l’altro un completo profilo lipidico e i marker dell’infiammazione sistemica. La stima del rischio cardiovascolare veniva effettuata tramite l’utilizzo di vari modelli predittivi, tra cui i più importanti erano rappresentati dal Framingham risk score, un modello che consente di stimare il rischio di sviluppare un evento cardiovascolare di qualsiasi tipo entro i 10 anni, e il COPDCoRi model, un semplice ed efficace algoritmo che permette di predire il rischio di patologie cardiovascolari arteriose nei pazienti BPCO.

I risultati dello studio affermano che dopo il ciclo riabilitativo si assiste ad una diminuzione dei fattori di rischio modificabili, soprattutto nei soggetti esacerbatori, i quali, pur essendo di base a maggior rischio di complicazioni cardiovascolari, sono quelli che più beneficiano della riabilitazione in termini di riduzione di tale rischio, e che tale miglioramento è inoltre più evidente nei soggetti che presentano un maggior guadagno nella performance fisica, evidenziata dai metri percorsi al test del cammino. Abbiamo ritenuto di segnalare questo studio perché enfatizza l’importanza della riabilitazione non solo nel migliorare gli outcome ormai ben noti e segnalati dalla letteratura (dispnea, qualità della vita e tolleranza all’esercizio), ma anche nel ridurre il rischio delle complicazioni cardiovascolari, i cui fattori predittivi sono presenti nella gran parte dei pazienti BPCO. Tale riduzione è inoltre maggiormente evidente nei soggetti frequenti riacutizzatori, che notoriamente sono quelli più esposti a tali complicanze, che spesso sono inoltre una delle principali cause di decesso.

Infine portiamo all’attenzione un lavoro dedicato ad uno dei problemi più dibattuti riguardanti la riabilitazione polmonare nei pazienti con BPCO. Infatti se, come affermato da linee guida, documenti e pubblicazioni scientifiche, è ormai codificato che i programmi di riabilitazione in questi soggetti migliorano la capacità all’esercizio, la qualità della vita e i sintomi (in primis la dispnea) e che si tratti anche di un intervento costo efficace, è altrettanto vero che tutti questi benefici tendono a diminuire nel tempo, per tornare gradatamente ai livelli pre riabilitazione in un periodo stimato tra i tre e i sei mesi, soprattutto in quei pazienti che non adottano delle opportune strategie di mantenimento. È proprio a questo argomento che è dedicato l’articolo che proponiamo, e che giudichiamo di estremo interesse per chi si occupa o è interessato alla pneumologia riabilitativa. Si tratta di una revisione della letteratura in merito, prendendo in esame gli studi più recenti, apparsi dal 2020 3. Lo studio esaminato si focalizza su vari punti, cercando anzitutto di fornire i dati di efficacia dei programmi di mantenimento, di indicare quali siano i componenti di un programma riabilitativo di mantenimento, di esplorare le modalità di erogazione degli stessi, non trascurando i modelli forniti dalla moderna tecnologia, e infine di esaminare la necessità di tecniche di modifica del comportamento. Per quanto riguarda il primo punto, le evidenze emerse dagli studi considerati confermano l’efficacia di una prosecuzione del trattamento riabilitativo strutturato purché supervisionata anche da remoto. La raccomandazione di questo suggerimento è però condizionata, con evidenza di bassa qualità. Viene però sottolineato anche che, in assenza della possibilità di usufruire di una riabilitazione di mantenimento supervisionata, tutti i pazienti reduci da un programma di base dovrebbero essere comunque incoraggiati a svolgere un’attività fisica continuativa, educandoli fin dall’inizio sull’importanza di questo tipo di comportamento e fornendo un piano fattibile e concreto al momento della dimissione. Questo tipo di approccio viene ritenuto altrettanto importante quanto l’invio a un programma formale di mantenimento supervisionato. Per quanto riguarda la scelta dei contenuti del programma, nonché della frequenza delle sedute e della loro intensità non c’è in letteratura molta chiarezza, in quanto molto dipende dall’obiettivo che si vuole raggiungere: preservare la capacità all’esercizio (6MWD), la physical activity o la qualità della vita? Inoltre altri fattori possono interferire, quali la disponibilità da parte del paziente delle attrezzature necessarie per il training, le modalità di rimborso e quant’altro. Riguardo le modalità di rilascio, nonostante vi siano diversi studi che si dedicano alla riabilitazione home based e alla teleriabilitazione, le evidenze non sono ancora solide. Eppure modalità di rilascio alternative alla riabilitazione center based sono assolutamente necessarie, considerato che questa ultima modalità, già in sofferenza per accogliere i pazienti ricoverati, non è spesso in grado di seguire gli stessi anche nella fase post ricovero. Inoltre di sovente esistono anche delle difficoltà logistiche che impediscono l’accesso alle strutture per almeno 2-3 volte alla settimana. Infine, viene stressata la necessità di incorporare in qualsiasi programma di mantenimento e in qualsiasi modalità venga rilasciato, interventi volti alla modifica del comportamento. In tal modo vengono promosse la motivazione, l’autoefficacia, la confidenza e l’autogestione, con riflessi positivi non solo sulla sfera fisica, garantendo la compliance al trattamento, ma anche su quella psichica, con risvolti positivi sullo stato di ansia e depressione, assai frequenti in questi pazienti. L’articolo è senza dubbio assai interessante, in quanto è dedicato a un’ampia revisione della letteratura su un argomento spesso abbastanza trascurato in pneumologia riabilitativa e cioè le strategie volte al mantenimento degli effetti positivi e ben noti ottenuti dopo un programma hospital based. Emerge dai dati riportati come i risultati siano positivi, ma c’è ancora molto da chiarire per quanto riguarda i contenuti del programma e le modalità di rilascio. Viene però sottolineata anche la necessità di somministrare a tutti i pazienti al momento della dimissione un piano fattibile volto al mantenimento dei risultati ottenuti dopo il ciclo center based.

History

Ricevuto e accettato: 27/04/2025

Riferimenti bibliografici

  1. Han B, Chen Z, Ruan B. Effects of inspiratory muscle training in people with chronic obstructive pulmonary disease: a systematic review and meta-analysis. Life (Basel). 2024; 14:1470. DOI
  2. Muñoz Montiel A, Ruiz-Esteban P, Doménech Del Río A. The effect of pulmonary rehabilitation on cardiovascular risk, oxidative stress and systemic inflammation in patients with COPD. Respir Med. 2024; 232:107740. DOI
  3. Moy ML. Maintenance pulmonary rehabilitation: an update and future directions. Respir Care. 2024; 69:724-739. DOI

Affiliazioni

Franco Pasqua

UO Pneumologia Riabilitativa, IRCCS San Raffaele Pisana, Roma

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2025

Come citare

Pasqua, F. (2025). Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 40(1). https://doi.org/10.36166/2531-4920-800
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