Articolo di revisione
Pubblicato: 2019-12-01

Disordini respiratori durante il sonno nel paziente neuromuscolare

S.C. Pneumologia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Ospedale di Cattinara, Trieste
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S.C. Pneumologia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Ospedale di Cattinara, Trieste
Disordini respiratori nel sonno Paziente neuromuscolare Eventi diaframmatici o pseudocentrali Apnee centrali del sonno

Abstract

I disordini respiratori del sonno sono frequenti nel paziente neuromuscolare e possono essere considerati
un marker predittivo di interessamento respiratorio in senso lato. Pertanto, devono essere cercati sistematicamente e precocemente, soprattutto nelle malattie neuromuscolari rapidamente progressive e in presenza di sintomi suggestivi come apnee riferite, sonnolenza, cefalea al mattino, sonno non riposante. La conferma strumentale dell’interessamento respiratorio notturno avviene a mezzo del monitoraggio cardiorespiratorio notturno o della polisonnografia. Le principali alterazioni polisonnografiche nel paziente neuromuscolare sono: gli eventi diaframmatici o pseudocentrali, l’ipoventilazione notturna, le apnee ostruttive ed ipopnee, le apnee centrali ed il respiro periodico di Cheyne-Stokes. Lo pneumologo dovrebbe essere in grado di riconoscere tali eventi e anche le così dette “trappole”, cioè delle alterazioni polisonnografiche che rendono difficile l’identificazione dei diversi eventi favorendone la misclassificazione. Le attuali accomandazioni derivate da linee guida e documenti di consenso pongono la ventilazione non invasiva (NIV) domiciliare come un caposaldo del trattamento respiratorio delle malattie neuromuscolari. La ventilazione non invasiva ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza e della qualità del sonno; tuttavia, l’impostazione della terapia ventilatoria in questi pazienti appare complessa e necessita di costante monitoraggio e adattamento alla progressione di malattia.

Introduzione

La prevalenza stimata dei disturbi respiratori del sonno raggiunge il 42% nei pazienti affetti da malattie neuromuscolari 1 2. Le singole patologie sono caratterizzate da un diverso pattern di eventi e da una diversa frequenza degli stessi: ad esempio, nella sindrome di Charcot-Marie-Tooth domina un quadro ostruttivo (OSA); nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) vi è un interessamento prevalente delle alte vie respiratorie con eventi ostruttivi nella forma bulbare, mentre nelle neuropatie periferiche vi è un preponderante interessamento diaframmatico e di conseguenza un pattern di ipoventilazione. La difficoltà gestionale di questi pazienti è incrementata dal possibile instaurarsi di un cosiddetto “pattern bimodale” (Tabella I), caratteristico di alcune malattie come le distrofie e la malattia di Pompe in cui, ad un precoce interessamento delle alte vie, con prevalenti eventi ostruttivi, segue un interessamento diaframmatico con pattern di ipoventilazione.

Tale bimodalità richiede un attento follow-up e la rivalutazione periodica del paziente e delle modalità ventilatorie impostate 3.

Variazioni fisiologiche del respiro durante il sonno

Per comprendere la precocità dell’interessamento respiratorio durante il sonno nelle patologie neuromuscolari è necessario fare cenno alle modifiche fisiologiche della respirazione durante il sonno in questi pazienti 4. Con l’addormentamento si riducono il drive, la frequenza respiratoria ed il volume corrente, con un incremento dei livelli della CO2 di 2-4 cmH2O rispetto alla veglia, e vi è inoltre una riduzione della chemiosensibilità dei centri del respiro alla CO2 stessa. Inoltre, sussiste una certa variabilità del drive respiratorio tra le diverse fasi del sonno: durante il sonno non REM (nREM) vi è una prevalente regolazione respiratoria a carattere metabolico, ove i muscoli respiratori modificano la loro attività con un aumento dell’attività degli intercostali ed una progressiva riduzione del tono muscolare dei muscoli delle alte vie e in particolare del genioglosso. Al contrario, durante il sonno REM vi è una regolazione comportamentale con una pressoché totale atonia muscolare ad eccezione del diaframma, che rimane l’unico muscolo a sostenere la ventilazione minuto, la quale risulta, quindi, ridotta rispetto alle altre fasi.

Principali meccanismi fisiopatologici dei disordini respiratori durante il sonno nel paziente neuromuscolare

I muscoli respiratori sono quasi sempre primitivamente coinvolti nelle malattie neuromuscolari: la progressiva atrofia muscolare condiziona un aumento del carico respiratorio potenzialmente dipendente, al contempo, da microatelettasie croniche, contratture extra-articolari o deformità acquisite della gabbia toracica. Con l’avanzare dell’interessamento muscolare, il flusso d’aria diminuisce e si verifica ipoventilazione alveolare progressiva, con declino dei volumi e dello scambio di gas in risposta al mismatch ventilo-perfusivo 5. In particolare, la disfunzione diaframmatica in posizione supina e durante il sonno implica una riduzione della capacità funzionale residua (FRC) e del volume corrente (VT), rispetto ad un soggetto normale 6. L’ipoventilazione alveolare si verifica inizialmente durante il sonno REM; tuttavia, in risposta all’ipoventilazione notturna protratta, il controllo della respirazione viene disturbato e si sviluppa progressivamente ipoventilazione diurna 5. La Figura 1 mostra i volumi polmonari nel soggetto normale e nel paziente neuromuscolare in diverse situazioni: seduto, supino durante la veglia e supino durante il sonno.

Il pattern di presentazione ed i meccanismi fisiopatologici a monte sono caratterizzati, tuttavia, da una sensibile variabilità in relazione al quadro clinico specifico: nelle malattie neuromuscolari ad insorgenza giovanile, come ad esempio le distrofie muscolari o la malattia di Pompe a insorgenza precoce (early onset), il deficit muscolare in età evolutiva determina una ridotta distensione della gabbia toracica nella fase inspiratoria, che contribuisce a scoliosi, anchilosi costocondrali o costo-vertebrali e si riflette in un deficit ventilatorio di tipo restrittivo.

Al contrario, altre patologie come la malattia di Pompe ad insorgenza tardiva (late onset) hanno un prevalente e precoce interessamento del diaframma, la cui debolezza rende ragione di come l’ipoventilazione in fase REM sia il disturbo prevalente o esclusivo della fase iniziale di malattia. In alcuni casi, la riduzione della sensibilità chemocettoriale per interessamento primitivo del Sistema Nervoso Centrale (SNC) può contribuire alla ipoventilazione 7. La desensibilizzazione recettoriale dei centri del respiro può anche essere secondaria agli episodi di arousal o alla destrutturazione del sonno attuata come meccanismo di compenso per evitare la fisiologica riduzione del drive tipica della fase REM: in questi casi, il SNC riduce la sensibilità alle variazioni metaboliche per diventare più tollerante alle stesse ma, all’opposto, incentiva l’instaurarsi di un pattern di ipoventilazione 4. Un’ulteriore altra strategia compensatoria, tipica della SLA, è l’abolizione della atonia delle alte vie durante il sonno REM con specifica attivazione dei muscoli genioglosso o sternocleidomastoideo 8.

Un incremento delle resistenze delle prime vie aeree può essere legato ad un prevalente interessamento dei muscoli delle alte vie (come avviene nell’atonia faringea della sindrome di Charcot-Marie-Tooth), a macroglossia (come nella malattia di Pompe early onset), a condizioni coesistenti in età evolutiva (come l’atopia, l’ipertrofia tonsillare o adenoidea) oppure a condizioni anatomiche (come la retrognazia o i dismorfismi craniofacciali). La ridotta espansione polmonare può inoltre determinare la comparsa di microatelettasie basali, che concorrono a peggiorare il deficit restrittivo e l’ipoventilazione così come vi concorrono l’obesità secondaria a ridotta mobilità dei pazienti e l’eventuale cardiomiopatia associata, ad esempio nelle distrofie giovanili o nella Pompe ad esordio infantile 9.

Clinica

Dal punto di vista clinico-sintomatologico si ritrovano i sintomi tipici dei disturbi respiratori nel sonno, variabili in relazione alla gravità e alle modalità di insorgenza del disordine sottostante: cefalea mattutina al risveglio, sonnolenza diurna, sensazione di sonno non riposante, talvolta insonnia o sonno frammentato, risvegli con sensazione di soffocamento, apnee riferite, dispnea da sforzo con segni di utilizzo della muscolatura accessoria, tachipnea, respiro paradosso in posizione supina 5 10.

Valutazione funzionale nel sospetto di interessamento respiratorio durante il sonno nel paziente neuromuscolare

Le prove funzionali respiratorie e l’emogasanalisi eseguite di routine nella valutazione funzionale respiratoria del paziente affetto da patologia neuromuscolare possono far sospettare la presenza di un disturbo respiratorio nel sonno 10.

L’emogasanalisi può evidenziare la presenza di ipossemia, ipercapnia o incremento dei bicarbonati, espressioni più o meno precoci di ipoventilazione notturna.

La spirometria può mostrare una precoce riduzione della capacità vitale (VC) anche con valori normali della capacità polmonare totale (TLC), che si può spiegare con l’aumento del Volume Residuo (VR) dovuto a una ridotta forza soprattutto dei muscoli espiratori. Valori di FVC al di sotto del 60% del predetto possono far sospettare la presenza di una ipoventilazione notturna anche se un indice più sensibile di disfunzione diaframmatica è la riduzione del FVC dall’orto al clinostatismo con un drop superiore al 20% (sensibilità del 90% e specificità del 79%) che è indicativo di debolezza del muscolo diaframma 5.

La determinazione della forza dei muscoli inspiratori MIP e dei muscoli espiratori MEP è un indice funzionale predittivo più precoce: in particolare, valori di MIP al di sotto del 40% sono fortemente suggestivi di interessamento dei muscoli respiratori 12.

Un’altra misura altamente specifica è la Supine Vital Capacity Nasal Inspiratory Pressure (SNIP) il cui declino è un indice precoce di ipoventilazione notturna ed insufficienza respiratoria nei pazienti affetti da SLA. In particolare, un valore < 40 cm H2O pone indicazione all’avvio della ventilazione non invasiva 13. Anche il monitoraggio transcutaneo della CO2 tramite capno-ossimetria notturna permette, se superiore a 49 cm H2O al picco, di predire la necessità di ventiloterapia 14.

La conferma strumentale dell’interessamento respiratorio notturno avviene a mezzo del monitoraggio cardiorespiratorio notturno o della polisonnografia. Lo studio del sonno andrebbe effettuato in caso di patologia neuromuscolare rapidamente progressiva anche in presenza di sintomi sfumati, così come nei casi di patologia lentamente progressiva in presenza di un sospetto diagnostico evidente (FVC < 50% o 60% in paziente obeso, con anomalie anatomiche della gabbia toracica o con comorbidità pneumologiche come drop di FVC > 20% passando da ortostatismo a decubito supino, SatO2 < 91%, ipercapnia diurna con PCO2 > 45 mmHg, MIP < 40 cm H2O) 10 13. Le sole condizioni in cui lo studio polisonnografico si rende necessario rispetto al monitoraggio cardiorespiratorio sono l’insonnia derivante da cattiva interazione paziente/ventilatore e la sonnolenza diurna persistente nonostante ventilazione notturna 9.

Pattern polisonnografici/cardiorespiratori nel paziente neuromuscolare

Le principali alterazioni polisonnografiche nel paziente neuromuscolare sono: gli eventi diaframmatici o pseudocentrali, l’ipoventilazione notturna, le apnee ostruttive ed ipopnee, le apnee centrali ed il respiro periodico di Cheyne-Stokes 3.

Gli eventi diaframmatici e pseudocentrali sono i più frequenti e si caratterizzano per l’assenza di movimenti toraco-addominali conseguenti ad ipotonia diaframmatica. Questi possono essere facilmente confusi con apnee centrali (Figura 2) o ostruttive propriamente dette; tuttavia, negli eventi pseudocentrali, l’attività elettromiografica del diaframma si presenta ridotta.

Generalmente, la riduzione dell’escursione toracica è preponderante rispetto a quella addominale e si slatentizza durante il sonno REM (quando l’attività diaframmatica relativa è maggiore) e soprattutto nel REM fasico, riconoscibile per la presenza dei movimenti oculari all’oculogramma (eye blink).

L’ipoventilazione alveolare notturna è presente nel 4-9% dei casi, a seconda della definizione (rispettivamente pCO2 > 55 per 10 minuti, oppure > 10 mmHg rispetto al valore supino in veglia con pCO2 maggiore di 50 mmHg per più di 10 minuti). Nelle prime ore della notte, la ipoventilazione alveolare compare solo nella fase REM; successivamente insorge anche nel sonno nREM e all’analisi della traccia saturimetrica si osserva una desaturazione tonica associata a desaturazioni fasiche: questo può essere espressione di una verosimile strategia di ipercapnia permissiva adottata dal sistema di controllo del respiro 15 16. Il pattern di ipoventilazione si ritrova, in maniera non esclusiva, nella SLA, nella sindrome di Guillan-Barrè e nelle miopatie ereditarie come la sindrome di Duchenne 16.

Le apnee ostruttive ed ipopnee non sono diverse nelle caratteristiche polisonnografiche da quelle del paziente con pattern ostruttivo isolato e dipendono da ipotonia delle prime vie aeree (più tipiche delle distrofie e delle glicogenosi), neuropatia faringea (Charcot-Marie-Tooth con prevalenza del 40%), disfunzione bulbare (SLA, miastenia gravis, poliomielite), cause anatomiche di aumentata collassabilità delle prime vie aeree (macroglossia tipica delle distrofie o della malattia di Pompe o Duchenne in cui l’uso degli steroidi sistemici è stato individuato come cofattore) 16 17.

Eventi mediati dai chemocettori quali apnee centrali e respiro periodico di Cheyne Stokes. Per comprendere la fisiopatologia di questi eventi, è necessario introdurre il concetto di loop gain. Il loop gain è una misura dell’amplificazione interna di un sistema basato su circuiti di retroazione: in altre parole, è un valore adimensionale che restituisce la propensione del sistema di controllo del respiro di sviluppare comportamenti instabili 18. Il concetto di loop gain applicato alla ventilazione riconosce un controller gain (drive centrale e chemocettori periferici che controllano la risposta ventilatoria alla CO2), un plant gain (“guadagno di impianto”, per esempio la risposta emogasanalitica a variazioni della ventilazione) e un feedback gain (per esempio la velocità a cui un segnale di feedback come la CO2 ritorna al controller, dato che può essere influenzato dalla gittata sistolica). In termini matematici il loop gain può essere calcolato come il rapporto tra le dimensioni di una risposta e le dimensioni del disturbo a monte, dove un rapporto inferiore a 1 implica una riduzione dell’ampiezza di risposta e migliore stabilità del sistema, mentre un rapporto maggiore di 1 implica un aumento di ampiezza con progressiva instabilità 18. Infatti, maggiore è il guadagno del circuito, minore è l’errore causato da un disturbo, ma più rapida e oscillante è la risposta al disturbo stesso.

L’apnea centrale del sonno è caratterizzata dall’assenza di flusso d’aria dovuta a cessazione dello sforzo ventilatorio. La maggior parte degli eventi ha natura ciclica e si manifesta con fasi di iperventilazione alternate ad apnee. Nella maggior parte dei casi, l’assenza ciclica di sforzo è paradossalmente una conseguenza delle risposte ventilatorie legate a variazioni della sensibilità chemocettoriale; in altri casi, ad esempio nell’apnea dell’infanzia e nella sindrome da ipoventilazione congenita centrale, le apnee centrali dipendono dalla depressione ventilatoria o da risposte ventilatorie difettose.

Il respiro periodico di Cheyne-Stokes (Figura 3) 19 è uno dei pattern di presentazione di apnee ricorrenti tipico, generalmente, dello scompenso cardiaco, come si osserva nella cardiomiopatia dilatativa presente nella distrofia di Duchenne, di Becker e altre distrofie miotoniche o nella malattia di Pompe (Tabella I) 20. Per comprendere l’instaurarsi del periodismo, si consideri che un aumento della PCO2 arteriosa agisce sui chemocettori provocando un aumento della ventilazione minuto che si riflette in una riduzione correttiva della PCO2. Normalmente, si ottiene un equilibrio per cui i livelli di ventilazione e PCO2 sono relativamente stabili. Tuttavia, una fluttuazione della ventilazione come un’iperpnea temporanea che accompagna un aumento della sensibilità recettoriale può provocare una caduta temporanea della PCO2 arteriosa. Il sangue arterioso ipocapnico raggiunge i chemiorecettori, provocando una riduzione del drive che spiega, inoltre, come si possano verificare eventi apnoici a carattere centrale nei casi di sovra-assistenza ventilatoria. Se si verifica un ritardo nel circuito di controllo (ad esempio per riduzione della gittata), corrisponde una risposta ventilatoria ritardata, responsabile di un eccessivo aumento di PCO2 alveolare e arteriosa con overshooting ventilatorio riflesso 20. Nei pazienti con insufficienza cardiaca si possono riconoscere altri fattori oltre all’aumento del feedback gain: la congestione polmonare, infatti, interferisce con il rapporto ventilazione/perfusione provocando ipossia, e stimola inoltre i chemocettori, aumentando il controller gain 20. Gli eventi respiratori nel sonno che avvengono in soggetti neuromuscolari con cardiomiopatia sono gli eventi più sfavorevoli ed associati a più alta mortalità, proprio per la reciproca, sfavorevole, influenza emodinamica che aumenta il loop gain del sistema di controllo della respirazione e quindi l’instabilità durante le fasi nREM. Gli eventi centrali che si riscontrano invece nelle patologie del midollo spinale, specialmente cervicale, possono essere dovuti ad alterazioni a livello di plant gain.

Il pattern ventilatorio può determinare degli eventi difficili da caratterizzare all’esame del tracciato polisonnografico, ad esempio la presenza di uno sforzo respiratorio inapparente, ma rilevabile con l’utilizzo di strumenti più sensibili come il sensore elettromiografico: può succedere, infatti, che i movimenti del torace e dell’addome siano così ridotti da far scambiare un evento ostruttivo per un evento centrale. Talvolta il movimento paradosso (marker di ostruzione) può ritrovarsi in un evento centrale o in assenza di eventi, soprattutto nella SLA, per paralisi funzionale del diaframma.

Terapia ventilatoria

Le attuali raccomandazioni derivate da linee guida o documenti di consenso pongono la ventilazione non invasiva (NIV) domiciliare come un caposaldo nel trattamento respiratorio delle malattie neuromuscolari e riconoscono i seguenti criteri di avvio: presenza di sintomi compatibili con disturbi del sonno, alterazioni dei test funzionali respiratori come FVC < 50%, SNIFF test < 40 cm H2O, drop FVC supino/FVCO in ortostatismo maggiore del 20%, MIP inferiore al 60%, ipercapnia all’EGA, saturazione inferiore all’88% per più di 5 minuti 21-23. La NIV ha dimostrato un aumento della sopravvivenza, soprattutto nella SLA non bulbare e nella malattia di Duchenne. È inoltre evidente, sebbene non univocamente riconosciuto, il beneficio derivante sulla qualità del sonno.

Sul piano tecnico, si raccomanda di iniziare con ventilazione in modalità BiLevel con frequenza respiratoria di backup. Occorre inoltre monitorare l’effetto della NIV facendo particolare attenzione sia al controllo degli eventi ostruttivi (la cui correzione dipende essenzialmente dal livello di EPAP impostato), sia al compenso ventilatorio della ipoventilazione a mezzo di progressivo incremento della pressione di supporto. Questa non deve mai essere troppo elevata per evitare di indurre dissincronia paziente-ventilatore dovuta alla chiusura protettiva (flapping) della glottide. A questo fine è preferibile l’utilizzo di una maschera nasale, in particolare nelle distrofie muscolari o nella malattia di Pompe, dove può coesistere una macroglossia e quindi l’utilizzo della maschera oronasale renderebbe difficile la ventilazione 15. Può essere consigliabile un’impostazione del tempo inspiratorio intorno al 30-40% del ciclo respiratorio totale, in modo da evitare asincronie con il respiro del paziente, con tempo di salita pressoria (rise time) breve per limitare la percezione di “fame d’aria”.

La modalità di ventilazione più usata è, di solito, la pressometrica per il maggiore controllo sull’effetto di iperinsufflazione gastrointestinale, miglior adattamento da parte del paziente, minori costi ed interazioni negative degli allarmi.

La ventilazione in modalità volumetrica è preferibile solo nelle condizioni in cui si voglia prestare attenzione all’alternanza del “breath stacking” per mobilizzare le secrezioni. In altri casi può essere utilizzata la modalità VAPS (Volume Assured Pressure Support), modalità pressometrica che consente l’impostazione di un target di ventilazione alveolare, soprattutto perché meglio tollerata e automaticamente adattabile alla progressione di malattia 24.

Nella gestione ventilatoria domiciliare del paziente neuromuscolare possono comparire diverse difficoltà legate all’impostazione della ventilazione o a disadattamenti con conseguenti dissincronismi. In modalità assistita si possono verificare, ad esempio, trigger inefficaci a causa delle ridotte capacità di sviluppare pressioni negative da parte del paziente: si tratta di eventi tipici della ventilazione durante episodi ostruttivi (OSA), ma possono essere presenti anche a causa dell’iperinflazione legata ad un’eccessiva pressione di supporto, ad un’alta PEEP intrinseca non controbilanciata da EPAP adeguata o all’elevata frequenza di backup. Altri problemi che possono verificarsi durante ventilazione notturna del paziente neuromuscolare sono: episodi di autotrigger per eccessiva sensibilità del trigger impostato, cattiva tenuta della maschera, presenza di secrezioni o condensa nel circuito. La comparsa di apnee centrali per riduzione della CO2 al di sotto della soglia apnoica di solito è dovuta a una pressione di supporto troppo elevata e può essere eliminata riducendo la pressione di supporto o la frequenza di backup. Altre volte si suggerisce di ventilare in modalità spontanea o di sperimentare l’interfaccia più idonea al paziente. I principali problemi che si incontrano nella terapia ventilatoria del paziente neuromuscolare e le relative soluzioni sono state classificate da Aboussan e collaboratori in un articolo di revisione ricco di suggerimenti pratici riassunti nella Tabella II 3.

Conclusioni

I disordini respiratori nel sonno nel paziente neuromuscolare sono frequenti e possono essere considerati un marker predittivo di interessamento respiratorio in senso lato. Pertanto, devono essere ricercati sistematicamente e precocemente nelle patologie neuromuscolari che prevedono un graduale interessamento respiratorio e soprattutto nelle malattie rapidamente progressive come SLA, SMA, malattia di Pompe e distrofie miotoniche. Lo pneumologo deve conoscere gli indici funzionali ed essere attento ai sintomi che possono far sospettare la presenza di disturbi respiratori nel sonno.

Lo studio polisonnografico nelle malattie neuromuscolari prevede l’attenta distinzione, non sempre facile, degli eventi respiratori oltre che la precoce identificazione del pattern di ipoventilazione ai fini di una corretta impostazione della terapia ventilatoria, che necessita di costante monitoraggio e adeguamento.

Figures and tables

Figura 1.Confronto dei singoli volumi polmonari in soggetti normali rispetto a soggetti con patologia neuromuscolare (NM). Normale: volume polmonare basale per un uomo di 45 anni, peso 68 kg e altezza 175 cm. NM: ridotta capacità vitale da un aumento del Volume Residuo (VR) e in misura minore da una diminuzione della capacità polmonare totale. La capacità funzionale residua viene preservata, ma il volume di riserva espiratoria (ERV) è ridotto. Nel paziente supino con NM vi è una diminuzione della capacità funzionale residua e dell’ERV, riduzione della capacità vitale e della capacità polmonare totale. Nel paziente NM durante il sonno ed in posizione supina la capacità residua funzionale è ulteriormente ridotta, e vi è una diminuzione nel volume corrente (VT). IRV = volume di riserva inspiratoria (da Aboussouan, 2015 6, mod.).

Figura 2.Apnee centrali: immagine tratta da monitoraggio cardiorespiratorio, Ospedale di Cattinara.

Figura 3.Respiro di Cheyne-Stokes, tratto da Insalaco 2011 19.

Sito anatomico coinvolto Decorso clinico Prevalente disturbo respiratorio nel sonno Meccanismi
Midollo spinale
Trauma Permanente Sindrome delle apnee centrali, periodismo, ipoventilazione Aumento del plant gain, debolezza diaframmatica
Motoneurone
Sindrome post polio Progressione molto lenta Apnee ostruttive e/o ipoventilazione Coinvolgimento bulbare, debolezza dei muscoli respiratori
Sclerosi laterale amiotrofica Progressivo Coinvolgimento diaframmatico/ipoventilazione Debolezza dei muscoli respiratori
Atrofia muscolare spinale Progressivo Ipoventilazione Debolezza dei muscoli intercostali, diaframma relativamente risparmiato
Fibre motorie
Charcot-Marie-Tooth Progressione molto lenta Sindrome delle apnee ostruttive, coinvolgimento diaframmatico Neuropatia faringea
Paralisi diaframmatica Lento/reversibile Coinvolgimento diaframmatico posizionale Danno diaframmatico asimmetrico
Giunzione neuromuscolare
Miastenia gravis Reversibile Coinvolgimento diaframmatico Debolezza dei muscoli respiratori
Muscoli
Distrofia muscolare di Duchenne Progressivo Progressione bimodale: prima sindrome delle apnee ostruttive, più tardi interessamento diaframmatico, poi centrale con cardiomiopatia Macroglossia, debolezza dei muscoli respiratori, cardiomiopatia, uso degli steroidi sistemici
Distrofia miotonica Progressivo Coinvolgimento diaframmatico Debolezza dei muscoli respiratori
Deficit della maltasi acida (malattia di Pompe) Lentamente progressivo Progressione bimodale: prima sindrome delle apnee ostruttive, più tardi interessamento diaframmatico Macroglossia, debolezza dei muscoli respiratori
Tabella I.Tipi di disordini respiratori nel sonno nei pazienti neuromuscolari per tipo di malattia (da Aboussouan et al., 2017 3, mod.).
Disturbo del sonno Causa Caratteristiche polisonnografiche Opzioni risolutive
Perdite Perdita dalla maschera, pressione Caduta nel segnale di pressione, riduzione del flusso espiratorio, aumento del tempo inspiratorio, riduzione del segnale del torace e dell’addome Cambiare maschera, considerare la mentoniera
Sforzo inefficace Debolezza muscolare, iperinflazione dinamica Alta pressione di supporto. Sforzo visto a livello del segnale del flusso, torace e addome, segnali che non sono associati con la pressione data dal device.Di solito nel sonno nREM Ridurre la pressione di supporto, e la sensibilità del trigger, aumentare l’EPAP
Autotrigger Perdite, condensa, oscillazioni cardiache Almeno 3 eventi di aumento di pressione in eccesso rispetto alla frequenza respiratoria del paziente.Di solito nel nREM, comune in N1 e N2 Aggiustare la maschera, ridurre la sensibilità del trigger, pulire il circuito
Insufflazione prolungata Perdite, device a volume garantito Di solito nel nREM, più comune in N3 Correggere le perdite o accorciare il tempo inspiratorio
Apnea centrale Quando la ventilazione abbassa la CO2 sotto la soglia apnoica Flusso e sforzi assenti, associata a riduzione della CO2 se misurata ed anche assente nel sonno REM Ridurre la pressione di supporto
Tabella II.Caratteristiche, aspetti polisonnografici ed opzioni risolutive degli eventi respiratori nel sonno correlati alla ventilazione (da Aboussouan Ls et al., 2017 3, mod.).

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Affiliazioni

Caterina Antonaglia

S.C. Pneumologia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Ospedale di Cattinara, Trieste

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© AIPO – Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri , 2019

Come citare

Antonaglia, C., Salton, F., & Confalonieri, M. (2019). Disordini respiratori durante il sonno nel paziente neuromuscolare. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 34(5-6), 160-167. Recuperato da https://www.aiporassegna.it/article/view/10
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