Medical Humanities e Pneumologia
Pubblicato: 2017-04-15

Michel Foucault: un’indagine su medicina e potere - Seconda parte

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Abstract

Le opere del filosofo francese Michel Foucault (1926-1984) costituiscono uno dei momenti più interessanti, acuti e complessi della ricerca filosofica del XX secolo. Il suo lavoro sul costituirsi della malattia come oggetto di indagine e contemporaneamente di repressione e di controllo sul corpo rimane un contributo insostituibile per chiunque voglia cercare di comprendere le interazioni e le influenze storiche e sociali che sono alla base di ogni interpretazione della condizione di salute e di quella di malattia nelle diverse epoche. Una possibilità affascinante per chi non voglia limitarsi alla sola conoscenza biologica di questi fenomeni.

Articolo

Un altro dipinto di Bosch che ha come tema la follia è La nave dei Folli, un’opera dipinta tra il 1495 e il 1500 e ispirata al successo popolare della satira Das Narrenschiff (La nave dei folli) uscita dalla penna dell’umanista alsaziano Sebastian Brandt (1548-1521).

Le navi dei folli erano una realtà figlia della tolleranza verso i malati di mente presente nell’Europa di quel periodo. Questi vascelli, spesso con lo scafo dipinto di azzurro, solcavano le fredde e grigie acque del Mare del Nord e del Baltico. Approdavano nelle città fiamminghe e hanseatiche in cui si riteneva che gli alienati imbarcati fossero testimoni di una volontà divina che si esprimeva attraverso le loro persone e storie. In ogni porto in cui approdassero era fornita assistenza ai poveretti che erano a bordo. Malati che risultavano oggetto del timore e insieme di un favore popolare spontaneo verso i diversi, perché osavano esprimersi liberamente nei confronti del potere costituito ecclesiastico o temporale che fosse, utilizzando lo scudo fornito loro dalla devianza. Nel dipinto di Bosch i folli vengono raffigurati come stipati su di una nave che ha per nocchiere un suonatore di cornamusa e adopera come albero della vela quello della cuccagna.

Nel libro di Sebastian Brandt, prima del naufragio finale, i folli avranno la ventura di visitare il Paese della Cuccagna, un luogo fantastico, ricco di quel cibo che le frequenti carestie ed epidemie del tempo facevano immaginare ai poveri come il più desiderabile dei miraggi. Alimenti che erano sognati e vissuti come una vera e propria illusione dalle moltitudini di diseredati presenti nel continente europeo. Mangiare a sufficienza costituiva infatti un piacere di cui era possibile godere con abbondanza solo in rari momenti dell’esistenza, come viene illustrato da molti particolari dal dipinto Il banchetto nuziale di Pieter Breughel il Vecchio (1525-1569).

La navigazione del vascello dei folli rappresentava un rito misterioso e forse inconsapevole, quello dell’imbarco, che riconduceva ad antiche magie e ad interpretazioni cabalistiche delle sacre scritture. Quella che intercorre tra gli ultimi decenni del XV secolo e i primi del XVI fu un’epoca fortunata per la follia. L’Europa aveva scoperto da poco il nuovo ed immenso continente americano, ma non era stata in grado di liberarsi dai condizionamenti della superstizione alimentata dal potere ecclesiastico, oppure dalle prepotenze regali e signorili. Quale altra scelta rimaneva per il diverso se non il fingersi folle? Si poteva magari tessere un elogio raffinato della pazzia, come raccontò Erasmo da Rotterdam negli stessi anni, un astuto espediente intellettuale per non finire sul rogo o sul patibolo testimoniando idee che non erano professabili apertamente 1.

Parallelamente al tema del viaggio, come nel Trittico del Carro di fieno, troviamo in Hieronymus Bosch anche la tendenza a raffigurare animali fantastici e il più delle volte mostruosi, esseri che a guardare bene non sono altro che degli uomini trasformati in bestie, conseguenza della colpa di aver aderito al male.

Incubi uniti a persone dai visi deformi e dagli arti mutilati, rappresentati insieme ad una serie di altre visioni sconcertanti, in cui sono amplificate le paure inconsce della società del tempo e dell’artista che se ne dichiarava interprete fedele. Bosch vede l’umanità a lui contemporanea dominata dal male che si infiltra in ogni piega dell’esistere. Un male onnipresente, che circonda e si insinua anche nelle immagini religiose. Appare perfino nei ritratti di alcuni soggetti non esplicitamente inquietanti, in dettagli disposti non certo a caso nei suoi dipinti. Ritratti che testimoniano un ammonimento ossessivo a ricordarci la necessità di vegliare e di non stancarsi mai di sorvegliare l’evoluzione della propria umana natura. Raccomandano attenzione, per non cedere alle lusinghe esercitate dalla componente malvagia che alberga in ogni uomo oppure ai suggerimenti del demonio. Le figure fantastiche diventano una rappresentazione visibile delle incertezze e dell’incapacità di rispondere in modo consolatorio alle domande della vita. Un disagio che pare a volte essere utilizzato semplicemente per la satira sociale o per l’esaltazione allegorica di un mondo alla rovescia carnevalesco, ma che nasconde ben altre e molto più corrosive inquietudini 2.

Emblematici di queste tematiche sono anche alcuni dipinti di Pieter Brueghel il Vecchio (1525-1569), come La Torre di Babele, testimonianza evidente delle illusioni di potenza dell’uomo sulla natura e il terribile e devastante Il Trionfo della morte dello stesso autore. Anche la teologia finisce per trovarsi coinvolta in questo progetto ambizioso di disvelare il reale attraverso una sua deformazione, utilizzando il paradosso della follia. La ragione umana risulta misera al confronto di quella di Dio, un tentativo mal riuscito di spiegare il mondo che deve accontentarsi dei poveri mezzi forniti dai sensi e dal pensiero, oppure, come se questi non bastassero, farsi soccorrere dalla superstizione. All’uomo rimaneva la consapevolezza angosciante di un’immagine del vivere distorta dalle proprie paure. Un’impotenza di chi si credeva capace di tutto, come testimoniava la torre sghemba e oscenamente colossale eretta a Babilonia e raffigurata da Brueghel. Una costruzione ideata per dominare gli elementi della natura e rivendicare una possibile e blasfema indipendenza da Dio, mentre risospingeva gli esseri umani nell’oscurità e nella confusione dei linguaggi e dei loro comportamenti violenti.

La complementarità della follia con la ragione viene scandita, a partire da Erasmo da Rotterdam (1466-1536), in due differenti tipi di follia. Da una parte viene invocata la presenza di una follia più trasgressiva, che rigetta la presunzione della ragione umana e rifiutandola finisce con l’incrementarla. Genera in tal modo il più diretto e oppressivo dei comportamenti devianti, costituito dall’autosufficienza blasfema dell’uomo. Tuttavia esiste una follia più saggia, che accoglie senza timore i tentennamenti della ragione, li ascolta e si lascia contaminare nei pensieri, utilizzando l’irrazionalità dell’esistenza come stimolo verso altre forme di verità. Questa devianza controllata risulta per Erasmo un lasciapassare che porta alla fede e alla speranza. Ci difende dalla disperazione del male e della morte più di quanto sia possibile fare attraverso l’ostinazione nel rifiutare la fede. Un rifiuto considerato un comportamento presuntuoso, caratteristico di chi si chiude in una scelta senza speranza e senza possibilità di illuminazione, destinata al naufragio esistenziale 1.

Con l’avvento dell’Età Moderna e dopo le riflessioni di Montaigne e di Cartesio l’orizzonte sociale ed epistemologico medioevale sulla follia cominciò a restringersi. La ragione dell’uomo divenne misura e strumento della comprensione di ogni cosa. La scienza sperimentale e la rivalutazione della sapienza della tecnica del fare mutarono il modo di vita delle popolazioni europee e l’atteggiamento conoscitivo nei confronti della realtà delle classi dominanti. L’importanza attribuita ad un pensiero omologabile a quello della maggioranza delle persone e la necessità di promuovere una sicurezza nei comportamenti sociali, divenuti più liberi e complessi, prevalsero sull’interpretazione allegorica e tollerante della follia. Affermò nel suo saggio Foucault:

La follia cominciò ad allontanarsi da un ambito di accettazione da parte della comunità. Ben presto i privilegi culturali e il potere di suggestione del folle lasceranno spazio ad una sua interpretazione come una minaccia. Verrà visto come un individuo superfluo, da allontanare e rimuovere dai contesti interpersonali, da emarginare, anche fisicamente. Emblema delle nuove strutture di ricovero, dedicate all’isolamento del diverso e dell’impresentabile, come il povero, il mendicante, la prostituta e via elencando e accomunando, divenne l’Hôpital Général di Parigi, fondato nel 1656 dal cardinale Giulio Mazzarino, il primo ministro italiano del giovane e inesperto re Luigi XIV. Non si trattava di un luogo di cura, come potremmo ipotizzare dal nome, ma di una gigantesca struttura di reclusione e di confino, posta sotto il potere di un amministratore unico, che si collocava in un rapporto dialettico con la curia vescovile della città in cui l’Hôpital veniva istituito e con i Parlamenti. Questi ultimi, nella Francia dell’Ancien Régime, non erano organi rappresentativi ed elettivi come li intendiamo oggi, ma corti giudiziarie di appello a cui potevano ricorrere privati cittadini, naturalmente se dotati di un censo elevato e in grado di sostenere le spese processuali. Venivano chiamati in causa per opporsi alle decisioni sgradite formulate dal potere statale se si fosse ritenuto di aver subito dei torti e delle prevaricazioni 4 5.

L’Hôpital Général non rivestiva funzioni di tipo terapeutico, ma di segregazione sociale. Con il passare dei decenni al suo interno prenderanno forma dei veri e propri reparti ospedalieri di cura, intesi nel senso moderno del termine. All’inizio si trattò invece di un’istituzione nata dall’assolutismo regio, emanazione del potere assoluto rivendicato dal re di Francia. Un sovrano che ostentava le prerogative di unto da Dio, a partire dalla propria incoronazione che avveniva da secoli in modo sacrale nella cattedrale di Reims. L’Hôpital costituiva uno strumento di pulizia sociale, un contesto che il sovrano istituiva come luogo di detenzione, stravolgendo le regole di antiche consuetudini più tolleranti verso i devianti. Venne ordinato alle parti del corpo sociale di interagire secondo nuove disposizioni, legate ai poteri di costrizione e repressione della polizia urbana, sotto un controllo di tipo più formale che sostanziale esercitato dai magistrati dei parlamenti. Uomini di legge questi ultimi che si posero a loro volta in competizione con gli enti religiosi di assistenza, i quali avrebbero desiderato continuare a gestire le strutture di ricovero in prima persona come era avvenuto nel Medioevo. Nacque un sistema complesso di controllo sociale, che venne definito da Foucault come il Terzo stato della repressione. L’Hôpital non era quindi un’istituzione medica, ma un’entità amministrativa dotata di poteri autonomi, che aveva il diritto di applicare proprie leggi all’interno di confini difficilmente valicabili. I malati, specie se poveri e mendicanti, venivano trattati senza rispetto e tutta l’organizzazione ricordava molto da vicino quella di un grande carcere. Una testimonianza importante rimane quella dello psichiatra francese Jean-Étienne Dominique Esquirol (1772-1840), che così ci racconta in proposito:

Nacque in questo modo l’esperienza dell’internamento di massa, destinata ad essere tipica del modo di pensare e di reagire alla follia e alla diversità durante l’Età Moderna. Le case di correzione cominceranno a diffondersi dappertutto, in Francia come in Europa, utilizzando in modo distorto perfino le idee dell’Illuminismo. Diventeranno uno strumento di potere di un’autorità che non esiterà a ricorrere a misure d’internamento completamente arbitrarie. Si assisterà al ribaltamento delle concezioni etiche e religiose proprie del Medioevo, ad una nuova e diversa presa di posizione, specie da parte della Chiesa Riformata, davanti all’intero problema della carità 3.

Riferimenti bibliografici

  1. Erasmo da Rotterdam. Elogio della follia. Giunti: Firenze; 2009.
  2. Bussagli M. Bosch. Giunti: Firenze; 1988.
  3. Foucault M. Storia della follia nell’Età Classica. BUR: Milano; 2003.
  4. Foucault M. Sorvegliare e punire: la nascita della prigione. Einaudi: Torino; 1975.
  5. Guerci L. L’Europa del Settecento. Persistenze e mutamenti. UTET: Torino; 1988.
  6. Esquirol JED. Des établissements des aliénés en France et des moyens d’améliorer la sort de ces infortunés. Impr. de Mme Huzard: Paris; 1819.

Affiliazioni

Federico E. Perozziello

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2017

Come citare

Perozziello, F. E. (2017). Michel Foucault: un’indagine su medicina e potere - Seconda parte. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 32(2), 132-134. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2017-32-33
  • Abstract visualizzazioni - 184 volte
  • PDF downloaded - 199 volte