Presentazione
Pubblicato: 2016-02-15

Competence in UTIR: come spostare l’asticella dello pneumologo verso l’alto?

UOC Pneumologia e UTIP, Ospedale San Donato, Arezzo

Articolo

Come è noto, la Pneumologia è una disciplina articolata della Medicina che tratta lo studio, la diagnostica e la terapia, farmacologica e non, di svariate patologie dell’apparato respiratorio molte delle quali aventi un pesante impatto epidemiologico ed economico-sanitario. Basti pensare a BPCO, neoplasie pleuro-polmonari, pneumopatie infiltrative diffuse, polmoniti, disordini respiratori sonno-correlati, malattie neuromuscolari, allergopatie respiratorie. Il vero “tessuto connettivo” della nostra specialità, che conferisce la connotazione di specialista allo pneumologo, è costituito dall’ampio ventaglio di tecniche e procedure che risultano necessarie per la caratterizzazione, la definizione di gravità e il trattamento delle malattie respiratorie: mi riferisco alla fisiopatologia respiratoria, la riabilitazione, l’interventistica, lo studio del respiro durante il sonno, la terapia intensiva respiratoria.

Tuttavia, essendo considerata la Pneumologia, così come la Cardiologia, la Neurologia, la Gastroenterologia, una branca della Medicina Interna, i recenti indirizzi di tipo organizzativo strutturale della politica sanitaria hanno portato allo sviluppo di modelli clinico-assistenziali in cui il ruolo dello specialista viene decisamente ridimensionato in nome di una “clinical governance” a prevalente appannaggio di medici generalisti con capacità operative “totipotenti”. Il tipico esempio è il modello di Ospedale per intensità di cura in cui la suddivisione dei setting non è più come la logica vuole per specialità ma per gravità del paziente 1. La disseminazione estenuante a livello capillare di linee guida e raccomandazioni emanate dalle società scientifiche specialistiche hanno spesso costituito il “volano” per sancire che il management clinico di molte patologie pneumologiche ad alta complessità gestionale può essere ricondotto a piatte “flow-chart” o applicazioni su smart-phone fruibili da qualsiasi clinico a tavolino indipendentemente da “competence” acquisita dopo anni di esperienza maturata sul campo. Un esempio per tutti in Pneumologia è fornito dalla BPCO le cui linee guida più famose, le GOLD, hanno di fatto fortemente sminuito il ruolo dello specialista pneumologo nel percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale della malattia: sintomi e numero di riacutizzazioni hanno preso il sopravvento sulla funzione respiratoria che viene relegata ad un ruolo marginale con una forte mutilazione della sua ricchezza espressiva (es. volumi polmonari statici e DLCO) utile per una corretta fenotipizzazione del paziente stesso 2. La conseguenza è che la peculiarità culturale della Pneumologia viene sempre più spesso messa in discussione dai modelli sanitari moderni secondo i quali lo Pneumologo può essere facilmente sostituito da un medico “surrogato” con un interesse specifico per la cosiddetta Medicina Respiratoria.

Un settore di grande rilievo della nostra disciplina che ha avuto un forte impulso a partire dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso è quello della intensivologia respiratoria che è coinciso con la diffusione in Italia 3 e in Europa 4 delle Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) dirette dagli pneumologi, sulla scia della esperienza maturata dalle altre terapie intensive d’organo, quali le Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, le stroke units e i centri di dialisi renale.

Come indicato dal documento AIPO del 1994 e da quello di up-date del 2004 5 6, le UTIR sono definite come aree specialistiche pneumologiche a diversa intensità di cura (unità di monitoraggio respiratoria, unità di terapia intermedia respiratoria e unità di terapia intensiva respiratoria) dedicate al monitoraggio e al trattamento ventilatorio di tipo preferenzialmente (ma non esclusivamente) non-invasivo dell’insufficienza respiratoria acuta (IRA), allo svezzamento dalla ventilazione meccanica invasiva (VMI) e alla gestione del paziente tracheostomizzato. Tale definizione fa riferimento a requisiti minimi relativamente alla struttura, alla strumentazione e alla dotazione di personale medico, infermieristico, e di fisioterapisti. I pazienti degenti in queste unità necessitano di una serie di interventi complessi indicati a preservare la funzionalità residua e a prevenire ulteriori peggioramenti e complicanze, mirati soprattutto al supporto respiratorio del paziente tramite ventilazione meccanica e al monitoraggio delle funzioni vitali. Numerosi studi hanno dimostrato come il ricovero in UTIR comporti vantaggi in termini di costo-utilità, outcome clinici e riabilitativi per il trattamento di molti pattern di IRA, quale quello secondario a riacutizzazione severa della BPCO, nei confronti delle Unità di terapia intensiva generale (UTIG) e della Medicina d’Urgenza e reparti internistici 7 8.

Il catalizzatore della crescita delle UTIR in Italia 9 è stato senz’altro l’enorme diffusione della ventilazione meccanica non-invasiva (NIV) che è diventata la tecnica ventilatoria di prima scelta a favore di un crescente numero di pazienti con IRA per i noti vantaggi dimostrati soprattutto nell’evitare il ricorso alla VMI e le sue complicanze 10. Ma è stata proprio la grande popolarità della NIV che ha portato alla sua applicazione al di fuori delle UTIG e delle UTIR con esportazione della tecnica ventilatoria in altri setting quali la medicina d’urgenza e il reparto di degenza ordinaria. La conseguenza è che oramai in molti ospedali per acuti l’attivazione della NIV non prevede il coinvolgimento dello pneumologo con forte ridimensionamento della filosofia per la quale sono nate e sviluppate le UTIR. Se è chiaro che non è possibile difendere le UTIR con la argomentazione che la NIV è ad appannaggio dei soli pneumologi, la questione si sposta sulle seguenti domande: 1) per quale motivo il paziente con IRA deve essere ricoverato in UTIR se la NIV è disponibile anche in altri setting? 2) lo pneumologo è in grado di gestire autonomamente le numerose “esigenze intensivologiche” del paziente critico respiratorio che vanno oltre la NIV? 3) il percorso formativo accademico pneumologico contempla un’adeguata formazione per eseguire in prima persona queste procedure di tipo interventistico in UTIR? Mi riferisco a gestione delle vie aeree, sedazione farmacologica, broncoscopia, posizionamento di drenaggi toracici, incannulazione di vasi centrali, tracheotomia percutanea, ecografia toracica al letto del paziente, decapneizzazione extra-corporea.

Nel momento il cui lo pneumologo si trova nelle condizioni di dover delegare per “incompetenza” un altro specialista, quale l’anestesista-rianimatore, il chirurgo toracico o il radiologo a svolgere queste procedure, la motivazione istituzionale di conservare una UTIR in un ospedale per acuti viene meno. Dati di una recente survey del GdS di Terapia Intensiva Respiratoria 11 hanno dimostrato come l’iter formativo universitario sia stato del tutto insufficiente per la maggior parte degli pneumologi che lavorano nelle UTIR Italiane. Dalla survey emerge anche che lo pneumologo si forma in intensivologia respiratoria soprattutto dopo aver terminato i corsi di studio accademici, nella maggior parte dei casi prestando servizio nel luogo di lavoro o, meno frequentemente, seguendo un tirocinio presso centri di eccellenza, con dati non trascurabili di mancanza totale di training per molte delle attività interventistiche dell’UTIR. La giustificazione a questi risultati è legata essenzialmente a due motivi: 1) la non incorporazione di un training di intensivologia respiratoria nella specializzazione in Pneumologia in Italia, al pari o peggio di quanto avviene negli altri paesi Europei 12, 2) la mancanza di un programma di training pratico certificato per chi vuole avvicinarsi alle attività di intensivologia respiratoria; in particolare non esiste un ente certificatore nazionale come nei paesi anglosassoni che permette di attestarne la pratica in una disciplina 13.

Il risultato è che molti pneumologi che lavorano in UTIR non sono autonomi di fronte alla necessità di intubare un paziente in cui la NIV fallisce, di drenare un pneumotorace complicante la ventilazione meccanica, di eseguire una disostruzione bronchiale in paziente con atelettasia da tappo di muco, di eseguire una decapneizzazione in caso di severa ipercapnia non rispondente alla sola NIV, di usare la fast track ecografia per un rapido orientamento diagnostico nel paziente critico. Quale soluzione per lo pneumologo moderno? È chiaro che solo alzando l’asticella della sua competence lo pneumologo potrà rivendicare il suo ruolo nelle gestione del paziente critico respiratorio così come in altri campi della nostra disciplina.

In questa mini-serie, che viene inaugurata in questo numero con l’articolo di Antonio Corrado e Teresa Renda 14, vengono affrontate con un taglio pratico alcune delle procedure interventistiche più frequentemente richieste nel paziente critico respiratorio che devono far parte del bagaglio teorico-culturale fisiopatologico e clinico dello pneumologo moderno, quale il controllo delle vie aeree e la ventilazione meccanica invasiva, la broncoscopia in ventilazione meccanica, la gestione della patologia pleurica nel paziente con IRA, la NIV in scenari clinici complessi, l’ecografia toracica nell’iter decisionale in UTIR.

Un tipico esempio di come lo pneumologo può fare la differenza nella gestione del paziente critico respiratorio è dato dall’integrazione di diverse tecniche diagnostico-terapeutiche che fanno parte del background culturale della Pneumologia, quale NIV e broncoscopia 15, che uniscono competenze tecniche, fisiopatologiche, interventistiche dell’organo che chi meglio dello pneumologo può conoscere.

Solo utopia? Ai posteri l’ardua sentenza!

Riferimenti bibliografici

  1. Ospedalizzazione per intensità di cure. Toscana Medica. 2008; 2:23-25.
  2. Publisher Full Text
  3. Scala R. The distribution of Respiratory Intensive Care Units in Italy from 1996 to 2006. Rass Patol App Respir. 2008; 23:285-8.
  4. Corrado A, Roussos C, Ambrosino N. European Respiratory Society Task Force on epidemiology of respiratory intermediate care in Europe. Respiratory intermediate care units: a European survey. Eur Respir J. 2002; 20:1343-50.
  5. Corrado A, Ambrosino N, Rossi A. Unità di terapia intensiva respiratoria. Rass Patol App Respir. 1994; 9:115-23.
  6. Corrado A, Ambrosino N, Cavalli A. Unità di Terapia Intensiva Respiratoria: update. Rass Patol App Respir. 2004; 19:18-34.
  7. Bertolini G, Confalonieri M, Rossi C, GiViTI (Gruppo italiano per la Valutazione degli interventi in Terapia Intensiva) Group; Aipo (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri) Group. Costs of the COPD. Differences between intensive care unit and respiratory intermediate care unit. Respir Med. 2005; 99:894-900.
  8. Confalonieri M, Trevisan R, Demsar M. Opening of a respiratory intermediate care unit in a general hospital: impact on mortality and other outcomes. Respiration. 2015; 90:235-42.
  9. Scala R, Corrado A, Confalonieri M, Scientific Group on Respiratory Intensive Care of the Italian Association of Hospital Pneumologists. Increased number and expertise of italian respiratory high-dependency care units: the second national survey. Respir Care. 2011; 56:1100-7.
  10. Nava S, Hill N. Non-invasive ventilation in acute respiratory failure. Lancet. 2009; 374:250-9.
  11. Facciolongo N, Scala R, Garuti G, a nome del GdS AIPO di Terapia Intensiva Respiratoria. Survey nazionale su formazione e pratica clinica dello Pneumologo in Terapia Intensiva Respiratoria. Rass Patol App Respir. 2010; 25:36-43.
  12. Evans T, Elliott MW, Ranieri M. Pulmonary medicine and (adult) critical care medicine in Europe. Eur Respir J. 2002; 19:1202-6.
  13. Reshetar RA, Norcini JJ, Mills LE. The first decade of the American Board of Internal Medicine certification in critical care medicine: an overview of examinees and certificate holders from 1987 through 1996. Crit Care Med. 2000; 28:1191-5.
  14. Corrado A, Renda T. La gestione delle vie aeree in UTIR: un “must” per lo pneumologo. Rass Patol App Respir. 2016; 32:29-37.
  15. Scala R, Naldi M, Maccari U. Early fiberoptic bronchoscopy during non-invasive ventilation in patients with decompensated chronic obstructive pulmonary disease due to community-acquired-pneumonia. Crit Care. 2010; 14:R80.

Affiliazioni

Raffaele Scala

UOC Pneumologia e UTIP, Ospedale San Donato, Arezzo

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2016

Come citare

Scala, R. (2016). Competence in UTIR: come spostare l’asticella dello pneumologo verso l’alto?. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 31(1), 3-5. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2016-31-02
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