Raccomandazioni
Pubblicato: 2015-10-15

Raccomandazioni Italiane sulla Pneumologia Riabilitativa. Evidenze scientifiche e messaggi clinico-pratici - Articolo di sintesi di un gruppo di esperti

Struttura Complessa di Pneumologia-UTIR, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera “Carlo Poma”, Mantova
Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
UO Fisiopatologia Respiratoria, ASS 2 “Isontina”, Gorizia
UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Milano Camaldoli, Milano
UO Pneumologia Riabilitativa, Casa di Cura Villa delle Querce, Nemi (RM)
UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Tradate (VA)
Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda, Milano
UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno (NO)

Abstract

Questo documento, prodotto da un gruppo di esperti del GdS AIPO “Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare” non costituisce una Linea Guida, né un Documento di consenso e neppure la versione italiana dello statement licenziato nel 2013 dalle due principali società scientifiche di ambito pneumologico, ATS ed ERS, a cui comunque chiaramente si ispira. Rappresenta invece l’aggiornamento del precedente, prodotto nel 2007, e nasce dalla consapevolezza che in questi 8 anni molti passi avanti sono stati compiuti in vari settori della Pneumologia Riabilitativa. In particolare la letteratura, oltre a confermarne l’efficacia nel migliorare i sintomi, la tolleranza all’esercizio fisico e la qualità della vita, ha dimostrato anche la capacità di ridurre le esacerbazioni e le ospedalizzazioni e quindi il consumo di risorse sanitarie. Inoltre il miglioramento delle nostre conoscenze sulla fisiopatologia delle malattie respiratorie croniche ha contribuito a estenderne l’applicazione anche a patologie diverse dalla BPCO. Considerando poi che l’allenamento all’esercizio fisico rappresenta la pietra angolare di qualsiasi programma riabilitativo, ampio spazio viene concesso alle modalità ed alle strategie utili alla sua ottimizzazione. In conclusione lo scopo è quello di fornire, a chi inizia ad occuparsi di riabilitazione polmonare ed ai colleghi che già la praticano, raccomandazioni e consigli provenienti dall’esperienza e dalla letteratura. Una bibliografia aggiornata consentirà poi di approfondire gli argomenti di maggior interesse per ciascuno.

Introduzione

Il Gruppo di Studio “Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare” ha deciso di affidare a un gruppo di esperti il compito di produrre un documento sulla Pneumologia Riabilitativa (PR) con un duplice obiettivo. Da un lato rivedere criticamente il documento ATS/ERS 1 recentemente licenziato dalle due Società Scientifiche maggiori al mondo in campo Pneumologico. Dall’altro di fornire ai Pneumologi Italiani alcuni messaggi concreti di stampo clinico-pratico. Nel linguaggio degli “evidenziologi” o meglio dei metodologi delle evidenze scientifiche, questo documento quindi non vuole essere una Linea Guida, un Documento di Consenso, né tantomeno la traduzione in Italiano delle Linee Guida ATS/ERS 1.

Si tratta di considerazioni, raccomandazioni, consigli che come Pneumologi e Fisioterapisti che praticano la PR da tanti anni ci sentiamo di indirizzare a tutti i lettori della Rassegna, sia a colleghi che già praticano la PR sia a chi desidera accostarsi per la prima volta a questa branca della Pneumologia. In tal senso quella che segue non vuole essere una trattazione esaustiva di tutti gli argomenti connessi alla PR, ma un focus su alcuni punti principali e comunque fondamentali per comprendere e se possibile praticare la PR.

Definizione e scopi

La Pneumologia Riabilitativa (PR) rappresenta quel settore della scienza medica pneumologica che si occupa delle problematiche inerenti alla disabilità fisica e psicologica di pazienti affetti da patologie respiratorie post-acute o croniche. La disabilità respiratoria a sua volta può essere causata da multiple condizioni e presentare sintomi che si manifestano acutamente (es. nel corso di una riacutizzazione di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva-BPCO) e/o cronicamente (es. nello sviluppo lento e progressivo di dispnea da sforzo condizionante altrettanto progressiva riduzione della capacità all’esercizio fisico) (Tabella I).

La PR ha lo scopo di ridurre l’impatto della disabilità respiratoria attraverso un programma multidisciplinare di cure mirato a ottimizzare la condizione fisica del paziente e migliorare i sintomi, la qualità della vita personale e la partecipazione alle attività sociali. La PR si avvale di un approccio globale all’interno di percorsi assistenziali appropriati, ben definiti e pone le proprie basi su evidenze scientifiche, ormai consolidate negli anni. Le strategie attualmente impiegate nei programmi di PR sono pertanto da considerare a tutti gli effetti parte integrante ed essenziale nella terapia del paziente respiratorio. Ogni percorso riabilitativo è messo in atto da un team multidisciplinare di più professionisti e costituito dal medico pneumologo, dal fisioterapista con competenze specialistiche accreditate, dall’infermiere, dallo psicologo, dal dietologo, dal logopedista, dal terapista occupazionale e da assistenti sociali o altre figure con competenze di riferimento.

Scopo fondamentale di ogni programma riabilitativo è quindi la valutazione dei bisogni individuali e delle caratteristiche funzionali del singolo paziente, con l’obiettivo di personalizzare ogni trattamento e finalizzare gli interventi; obiettivo finale sarà pertanto il miglioramento dei sintomi respiratori (dispnea e fatica muscolare), l’ottimizzazione delle capacità fisiche e psicologiche, nonché l’incremento dell’aderenza e della partecipazione al trattamento individuale.

Selezione dei pazienti

Sebbene i pazienti con patologia respiratoria cronica in fase avanzata e con livelli di disabilità grave siano i maggiori beneficiari del trattamento riabilitativo, è comprovato che qualunque livello di disabilità iniziale, nonché qualunque età o qualunque comorbilità coesistente alla pneumopatia di base non condizionano il potenziale beneficio post-riabilitativo dei pazienti cronici 2 (Tabella II). La complessità del paziente anziano con più co-patologie non dovrebbe essere pertanto un elemento escludente la possibilità di attivare un percorso di PR 2. Allo stesso modo, mentre la più frequente indicazione alla PR è data dallo sviluppo progressivo di disabilità respiratoria pur in presenza di un quadro clinico stabile, esistono recenti evidenze della efficacia della PR anche in pazienti acuti, quindi non ancora completamente stabili 3.

Allenamento muscolare e strategie terapeutiche

È ormai noto che i pazienti affetti da patologie respiratorie croniche sono fisicamente meno attivi dei coetanei sani 4, presentando una riduzione di massa e funzione della muscolatura, in particolare a carico degli arti inferiori 5. È inoltre documentato in pazienti con problematiche respiratore croniche che il muscolo scheletrico presenta progressive alterazioni funzionali (riduzione di forza e resistenza) e strutturali (qualità delle fibre, densità capillare e capacità metabolica) legate non solo all’immobilità ma, almeno per la BPCO, connesse anche allo stato infiammatorio cronico che induce un’importante riduzione della capacità ossidativa 6 e una prevalenza dei processi catabolici 7. L’allenamento all’esercizio fisico è in grado di rallentare se non addirittura invertire tali processi, rappresentando l’intervento più efficace per migliorare la funzione muscolare nei pazienti con BPCO 8, pur senza modificare la funzione respiratoria basale 9.

Gli effetti fisiologici dell’allenamento muscolare rappresentano quindi il miglioramento della capacità ossidativa del muscolo, dell’efficienza della contrazione e della funzione cardiovascolare 10, il miglioramento della cinetica del consumo di ossigeno (O2) nella fase di recupero 11, la riduzione del livello dei lattati prodotti a parità di esercizio e della quota di anidride carbonica (CO2) non-metabolica generata dal sistema dei bicarbonati per tamponarne gli effetti sul pH ematico 12. Questi ultimi elementi sono responsabili della regolazione della ventilazione durante esercizio: la minore produzione di acido lattico corrisponde a minore richiesta ventilatoria a parità di sforzo, che, in associazione a un’efficace broncodilatazione, permette di ridurre la frequenza respiratoria e lo sviluppo di iperinsufflazione dinamica e di dispnea durante esercizio fisico 13. Tutto ciò ha risvolti positivi sulle attività e sulla partecipazione: migliorando la capacità di esercizio e di svolgere le attività della vita quotidiana (Activity Daily Life – ADL) e la qualità di vita in relazione alla salute (HRQoL), riducendo il declino funzionale dopo riacutizzazione 14, il rischio di riammissioni ospedaliere e la mortalità per tutte le cause 15. Tra i benefici sono segnalati anche la riduzione dei disturbi dell’umore, dell’impatto emotivo dei sintomi, in associazione ad effetti positivi sulla motivazione, tutti elementi che rappresentano condizioni essenziali per l’aderenza alla prescrizione di esercizio dopo il programma di riabilitazione 16.

La prescrizione dell’esercizio aerobico si basa sulle raccomandazioni dell’American College of Sport Medicine (FITT) 17.

L’intensità di esercizio deve essere adattata in base alle caratteristiche individuali e alla sintomatologia prevalente: benefici clinici significativi derivano da allenamenti sia a basse che ad alte intensità, anche se queste ultime sono in grado di apportare benefici fisiologici maggiori. Per alte intensità s’intendono carichi di lavoro che superano il 60% della capacità massima dell’individuo (rilevata con un test da sforzo cardio-polmonare o desunta dai test da campo) per un tempo variabile tra 20 e 60 minuti per seduta 17 o che generino dispnea moderata/severa (livello 4-6 della scala di Borg CR-10) o fatica muscolare moderatamente intensa (livello 12-14 della scala di Borg RPE) 18 (Figura 1).

Modalità di allenamento

L’endurance training, eseguito con cicloergometro o con il cammino, rappresenta la modalità di allenamento più utilizzata 1. La letteratura recente riconosce sempre più nel cammino, su treadmill o libero, una strategia più semplice da prescrivere, economica e che meglio si adatta alle esigenze della vita quotidiana e alle scarse risorse economiche e strumentali 19; inoltre l’allenamento con cammino sembra correlare con una miglior aderenza alla prescrizione di attività fisica dopo la riabilitazione.

Nell’ambito del cammino l’allenamento per mezzo del Nordic Walking, una modalità di cammino particolarmente vigorosa, è sostenibile anche per pazienti BPCO severi e molto severi, portando significativi e durevoli miglioramenti rispetto all’allenamento su cicloergometro 20 inerenti alla riduzione della sintomatologia, al cambiamento negli stili e nei livelli di attività fisica quotidiana.

Allenamento alla forza

Sebbene l’allenamento aerobico degli arti inferiori sia il più indicato e comunemente utilizzato in PR, è necessario considerare anche la componente anaerobica. Infatti, la debolezza e l’ipotrofismo dei muscoli scheletrici, che sono tra le più comuni condizioni cliniche concomitanti nel paziente BPCO 21, contribuiscono ad aumentare i sintomi e l’intolleranza all’esercizio fisico, correlando con la peggior prognosi 22, maggior utilizzo di risorse sanitarie 23 oltre che predisporre il paziente a rischio di cadute 24. L’allenamento alla forza è più efficace nell’aumentare la massa e la forza muscolare rispetto a quello aerobico a carico costante 25 ed è meglio tollerato di quest’ultimo poiché associato a minor sensazione di dispnea durante esercizio 26. Inoltre aiuta a contrastare gli effetti della demineralizzazione ossea riscontrabile in gran parte dei soggetti con BPCO a causa dell’età e delle cure farmacologiche 27.

Allenamento degli arti superiori

Molte delle attività della vita quotidiana (vestirsi, lavarsi, rassettare la casa, ecc) sono caratterizzate dall’utilizzo degli arti superiori e possono essere causa di fatica e aumento della dispnea per chi soffre di patologie respiratorie croniche. Gli studi indicano che l’allenamento (aerobico e di forza) degli arti superiori è in grado di migliorarne la funzione 28, la capacità di eseguire compiti specifici con minore percezione di fatica 29 anche se vi sono evidenze contrastanti che questo si traduca in minor dispnea durante le attività della vita quotidiana o migliore qualità di vita 30.

Raccomandazioni per l’allenamento muscolare

Esistono solide evidenze sui benefici inerenti l’allenamento degli arti superiori e inferiori in pazienti con BPCO; tali forme di allenamento dovrebbero essere sempre comprese in ogni programma riabilitativo. Le modalità di allenamento aerobico più utilizzate sono quelle che prevedono un carico di lavoro costante e tempo variabile (o tempo costante e carico variabile), impostate in base alla tolleranza del paziente.

Strategie alternative di allenamento

Sono utilizzate con l’obiettivo di ottimizzare i benefici di un allenamento ad alta intensità limitando l’insorgenza dei sintomi limitanti.

Interval training (IT): alterna brevi periodi di carico intenso o massimale, a periodi di carico inferiore o di non carico, fino al raggiungimento del volume di esercizio desiderato. Permette di sottoporre il muscolo periferico a carichi intensi, massimizzando lo stimolo allenante, senza sovraccaricare il sistema cardio-respiratorio 31. È indicato anche per pazienti con ostruzione severa e gravi limitazioni ventilatorie e può essere un’ottima strategia per impostare un programma intensivo, fin dalle fasi di decondizionamento più grave 32, per favorire la motivazione e l’aderenza al programma 33.

Non Linear Periodized Exercise training (NLPE): integra le componenti di endurance e forza modificando frequentemente e in modo non lineare intensità, durata, volume e tipo di esercizio in base alle risposte del paziente. I risultati di un recente studio randomizzato 34, condotto su 110 soggetti BPCO, dimostrano che l’NLPE è più efficace del classico allenamento progressivo nel migliorare l’endurance di esercizio di cyclette e la HRQoL.

Allenamento su pedana vibrante: è riportato da studi recenti che l’allenamento vibratorio in aggiunta al programma tradizionale può aumentarne gli effetti sulla capacità aerobica e sulla funzione, ma senza un significativo aumento della forza 35.

Anche l’allenamento in acqua sembra offrire alcuni vantaggi rispetto a quello classico per selezionati gruppi di pazienti BPCO con comorbilità muscoloscheletriche, neurologiche, vascolari periferiche e ponderali 36.

Allenamento mediante “T’ai Chi”: è documentato che tale disciplina possa essere utilizzata come strategia alternativa di allenamento per pazienti BPCO, avendo dimostrato efficacia nel migliorare la forza del quadricipite, l’equilibrio, la capacità di esercizio ai test del cammino incrementali e di resistenza, lo stato di salute e l’umore 37.

Raccomandazioni per la scelta della strategia di allenamento

Deve essere valutata in base alle condizioni fisiche e alle preferenze del paziente, tenendo conto che le modalità intervallari e modulate richiedono maggiore assistenza e un monitoraggio costante.

Strategie di ottimizzazione dell’allenamento

Utilizzo di broncodilatatori

Una buona broncodilatazione, effettuata con β2-agonisti e/o con anticolinergici 38 in particolare per i soggetti che sviluppano iperinsufflazione dinamica, sposta il limite di tolleranza all’esercizio dalla sensazione di dispnea alla fatica muscolare, permettendo di allenare il paziente a carichi di lavoro ottimali per il muscolo periferico 39. L’associazione di corticosteroidi per inalazione non sembra fornire benefici aggiuntivi per questo scopo 40.

Utilizzo di anabolizzanti

La somministrazione di sostanze anabolizzanti, al fine di favorire e accelerare le modificazioni biochimiche e morfologiche che normalmente avvengono in risposta allo stimolo allenante, non è attualmente indicata come terapia routinaria nei programmi di PR 1.

Utilizzo di ossigeno e miscele di gas

La supplementazione di ossigeno durante esercizio fisico è una delle strategie più utilizzate per contrastare la desaturazione da sforzo, poiché in grado di migliorare l’ossigenazione del muscolo periferico, la dispnea e quindi la capacità di esercizio 41.

In pazienti BPCO ipossiemici in ossigenoterapia a lungo termine (OTLT) la somministrazione di ossigeno può aiutare a sostenere intensità di lavoro più elevate, riducendo in alcuni casi la sensazione di dispnea 42. L’uso estensivo dell’ossigeno nei pazienti BPCO e nei casi in cui vi è minima desaturazione e non è indicata la OTLT, è controverso 43. Al momento non vi sono evidenze a supporto dell’utilizzo di ossigeno per incrementare la performance in soggetti non desaturanti 44. In ogni caso è opportuno valutare la risposta individuale all’aggiunta di ossigeno durante i test di tolleranza all’esercizio 45. Le evidenze disponibili sulla somministrazione di miscele di elio-aria, ed elio-iperossiche durante l’allenamento sono contrastanti e rimangono forti dubbi rispetto al rapporto costo-beneficio 46.

Utilizzo della ventilazione meccanica non invasiva (VMNI)

L’applicazione della ventilazione meccanica non invasiva durante l’esercizio è in grado di supportare il lavoro dei muscoli respiratori e quindi ridurre il lavoro respiratorio durante esercizio nei pazienti BPCO. Una revisione sistematica 47 ha dimostrato che l’utilizzo di VMNI è in grado di potenziare gli effetti dell’allenamento, poiché sgrava il lavoro dei muscoli respiratori, spostando il limite di tolleranza dalla dispnea alla fatica muscolare. Anche l’utilizzo di VMNI nelle sole ore notturne, in associazione al programma di riabilitazione diurno, si è dimostrato efficace nel migliorare la tolleranza all’esercizio fisico e la qualità di vita, poiché permette il riposo dei muscoli respiratori durante il sonno 48.

Raccomandazioni per strategie di ottimizzazione dell’allenamento

Nonostante l’utilizzo di farmaci broncodilatatori e di ossigeno durante le sedute di allenamento permettano di migliorare il sintomo dispnea e di evitare le desaturazioni esercizio-indotte, non esistono al momento, come per l’utilizzo di anabolizzanti, di elio, e della VMNI evidenze scientifiche che tali supporti promuovano l’allenamento muscolare ed i benefici a lungo termine. Non è possibile pertanto fornire al momento indicazioni pratiche e di raccomandarne l’applicazione estensiva nei programmi di riabilitazione.

Strategie di respiro

Adottare strategie che permettono di controllare il respiro perché sia più lento e profondo anche durante esercizio ad intensità submassimali, può ridurre l’iperinsufflazione dinamica, migliorare la capacità di esercizio, il pattern respiratorio e gli scambi gassosi 49. La modalità di respiro a labbra socchiuse, la respirazione Yoga, il feedback tramite programmi computerizzati, sono indicate dagli esperti come efficaci, ma non vi sono sufficienti evidenze per formulare raccomandazioni definitive 50.

Ausili per la deambulazione

L’uso di deambulatori, in particolare in pazienti anziani e in pazienti molto limitati dalla dispnea, può essere efficace nel ridurre i sintomi e migliorare la funzione deambulatoria in pazienti BPCO 51, poiché l’appoggio anteriore degli arti superiori facilita il lavoro dei muscoli respiratori e aumenta la massima ventilazione volontaria 52.

Allenamento dei muscoli respiratori

Programmi di allenamento che interessino i muscoli inspiratori sembrano avere maggiore effetto rispetto a quelli interessanti i muscoli espiratori, migliorando la forza e la resistenza muscolare e riducendo la percezione di dispnea 53; evidenze emergenti sull’allenamento dei muscoli inspiratori confermerebbero effetti positivi anche sulla capacità di esercizio e sulla qualità di vita 54.

Stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES)

La stimolazione elettrica del muscolo periferico si è dimostrata efficace nel migliorare la forza muscolare del quadricipite 55 ma con effetti metabolici significativamente inferiori a una seduta di rinforzo muscolare contro resistenza 56. Per questo motivo è indicata come strategia aggiuntiva per pazienti con decondizionamento severo o allettati 57.

Riabilitazione nel paziente critico

Le recenti evidenze depongono a favore di un intervento riabilitativo che inizi già nella fase acuta in ambiente intensivo e che coinvolga tutto il team interdisciplinare 58 59.

La valutazione e il trattamento riabilitativo del paziente critico vertono su due fronti principali: il decondizionamento fisico – con la debolezza muscolare, la rigidità articolare, la riduzione della capacità di esercizio e l’immobilità – e la funzione respiratoria – con le problematiche relative alla gestione delle secrezioni, la prevenzione/trattamento delle atelettasie e la debolezza dei muscoli respiratori. Gli obiettivi realisticamente basati sulle evidenze disponibili sono quindi: il ricondizionamento fisico e lo svezzamento dalla ventilazione meccanica 60.

In base allo stato di coscienza e alla collaborazione offerta dal paziente, le strategie di mobilizzazione precoce seguono lo schema tipico dei trasferimenti che fanno parte delle attività essenziali della vita quotidiana: spostamenti nel letto (rotolamento), passaggio alla posizione seduta a bordo letto, trasferimento dal letto alla sedia, alla stazione eretta, cammino sul posto e deambulazione con supporto e, infine, autonoma 61. Fin dalle prime fasi, anche per i pazienti in stato di incoscienza, è indicato il posizionamento precoce in posizione seduta o semiseduta, anche se sono necessari supporti ed adattamenti: tali posture offrono una serie di vantaggi (fisiologici e psicologici) e sono utili per prevenire le complicanze respiratorie e cardiovascolari dovute al prolungato allettamento. Quando questo non è possibile, è opportuno comunque effettuare frequenti cambi di postura (alternanza dei decubiti laterali) al fine di prevenire complicanze cardio-respiratorie, muscolo-scheletriche, articolari e dei tessuti molli, lesioni nervose e cutanee.

Sono inoltre disponibili strumenti che possono essere utilizzati in tutta sicurezza senza necessità di collaborazione attiva del paziente e senza interferire con la sedazione o altri presidi terapeutici 62. Letti e macchinari che permettono la mobilizzazione continua passiva (continuous passive motion – CPM) hanno dimostrato essere una valida ed efficace alternativa per prevenire contratture, atrofia e perdita di proteine dei muscoli dei pazienti allettati 63. Inerente agli interventi fisioterapici in pazienti critici e nonostante la letteratura sia ancora limitata, sono comunque dimostrabili benefici sulla diminuzione della sensazione di dispnea, sul miglioramento degli scambi gassosi, sulla forza dei muscoli periferici e respiratori, sulla tolleranza all’esercizio fisico, sulla capacità di svolgere le attività della vita quotidiana, nonché sulla riduzione dei tempi di ricovero e svezzamento dalla ventilazione meccanica 64.

La stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES), indicata per prevenire l’atrofia muscolare da disuso, se utilizzata in associazione alla mobilizzazione attiva degli arti inferiori, è in grado di rendere più rapido il recupero della forza muscolare e il passaggio dal letto alla sedia 65.

Raccomandazioni per riabilitazione nel paziente critico

I programmi di riabilitazione precoce si sono dimostrati efficaci e sicuri; la mobilizzazione precoce è raccomandata poiché in grado di migliorare outcomes clinici e ridurre le complicanze durante e dopo la degenza, nonché ottimizzare tempi di degenza e costi sanitari. Ogni team multidisciplinare in area critica dovrebbe avere al suo interno almeno un fisioterapista con competenze specialistiche. Al momento, a causa di barriere scientifiche (relativa esiguità di dati esistenti in letteratura), formative (inadeguatezza del personale), di gestione clinica del paziente critico (sedazione, ventilazione meccanica), culturali e a causa di pianificazioni economiche poco lungimiranti, la riabilitazione in area critica non viene purtroppo proposta a tutti i pazienti.

Riabilitazione in pazienti non BPCO

Tumore polmonare

I pazienti affetti da tumore del polmone spesso presentano sintomi come la dispnea e la fatica muscolare, che influenzano in maniera negativa la qualità della vita, lo stato funzionale e le attività della vita quotidiana 66.

Riabilitazione nel paziente inoperabile

Nei pazienti non operabili, la radio e la chemioterapia aggravano i sintomi preesistenti 67. In questi soggetti l’allenamento all’esercizio può migliorare la forza muscolare, l’endurance, lo stato di benessere, la dispnea e la qualità della vita 68. Allo stato attuale comunque le evidenze che supportano l’utilizzo della riabilitazione nei pazienti inoperabili sottoposti a radio-chemioterapia sono ancora scarse; tuttavia la sicurezza e la efficacia comprovata in altri tipi di tumore dovrebbero indurre a considerare la sua inclusione nei programmi di gestione globale della malattia.

Riabilitazione pre e post-operatoria

L’exeresi chirurgica è ovviamente il trattamento di scelta per i tumori polmonari non estesi: tuttavia, al momento della diagnosi solo il 25% di essi è considerato operabile. Tra le cause di inoperabilità le scarse condizioni respiratorie e funzionali incidono per il 40% 69. D’altra parte l’intervento in se stesso causa un ulteriore peggioramento della capacità all’esercizio, che è proporzionale all’estensione della resezione e allo stato generale e respiratorio del paziente 70.

Alla luce di tutto ciò, un programma riabilitativo preoperatorio può avere due finalità: aumentare la percentuale di casi operabili e ridurre le complicazioni postoperatorie, sia immediate sia a lungo termine. La letteratura in merito è però scarsa: sembra comunque che un programma di allenamento di tipo aerobico, sia non solo in grado di produrre miglioramenti significativi della capacità aerobica, della tolleranza all’esercizio e della qualità della vita 71, ma anche di ridurre le complicanze postoperatorie e le giornate di degenza 72.

Per quanto riguarda la fase postoperatoria, si è già accennato degli effetti dell’intervento sulla capacità funzionale. Alla luce di tutto ciò, l’allenamento all’esercizio fisico dovrebbe giocare un ruolo fondamentale nel prevenire o almeno mitigare gli effetti dannosi dell’intervento chirurgico. Nonostante ciò, gli studi su questo argomento non sono molti 73. Tuttavia, nonostante siano riportati in letteratura significativi effetti sulla tolleranza all’esercizio fisico, sui sintomi, sulla forza muscolare e sulla qualità della vita 74, solo meno del 25% di questi pazienti viene avviato alla riabilitazione postoperatoria 75.

Raccomandazioni per riabilitazione nel paziente con tumore polmonare

Riabilitare un paziente dopo l’exeresi chirurgica polmonare è una procedura sicura e ben tollerata ed andrebbe sempre considerata in tutti i pazienti candidati o reduci da resezione polmonare. Viene pertanto raccomandata.

Malattie interstiziali diffuse

Vi è scarsità di studi sull’efficacia della riabilitazione nelle malattie interstiziali diffuse nonostante il grado di impairment sia spesso piuttosto avanzato sin dalle fasi inziali. I risultati dei non molti studi sull’argomento, pur se assai inficiati dall’eterogeneità della casistica e dai numeri spesso non elevati, hanno indotto comunque gli autori dello statement sulla gestione della Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF) a raccomandare la riabilitazione per la maggioranza dei pazienti, pur se con un grado di evidenza basso 76. Sono comunque dimostrati miglioramenti significativi sulla tolleranza all’esercizio e sulla qualità della vita 77 che tuttavia sembrano però essere fugaci 78. I migliori risultati vengono predetti da un più basso valore basale al test del cammino 77. Un recente studio ha infine differenziato gli effetti della riabilitazione nei pazienti con IPF da quelli affetti da altre interstiziopatie (non IPF): i risultati dimostrano in questi ultimi miglioramenti sulla tolleranza all’esercizio fisico a prescindere dalla gravità della malattia, mentre nelle IPF i miglioramenti si ottengono solo nei soggetti con migliore funzione polmonare e che non presentano in condizioni basali desaturazione dopo sforzo 79.

Raccomandazioni per riabilitazione in pazienti con malattie interstiziali diffuse

Nonostante i risultati siano condizionati dal tipo e dallo stadio di gravità di malattia, un percorso riabilitativo dovrebbe essere proposto.

Fibrosi cistica

I benefici effetti dell’allenamento di tipo aerobico nei pazienti affetti da fibrosi cistica sono ben documentati con effetti positivi sulla capacità all’esercizio, la forza muscolare e la funzione respiratoria 80. Inoltre è dimostrato un miglioramento della clearance delle vie aeree 81 ed il reclutamento nella ventilazione polmonare 82. La capacità all’esercizio inoltre è correlata ad una migliore sopravvivenza 83. Inerente alle implicazioni costo-beneficio i bambini con fibrosi cistica che svolgono una regolare attività fisica presentano un minore consumo di antibiotici 84.

Raccomandazioni per riabilitazione in pazienti con fibrosi cistica

L’esercizio fisico è altamente raccomandato soprattutto nell’ottica di candidare questi pazienti al trapianto polmonare.

Bronchiettasie

I pazienti affetti da questa patologia presentano sintomi cronici quali la tosse, la eccessiva produzione di espettorato, ed infezioni respiratorie ricorrenti. I documenti mirati sulla gestione della malattia raccomandano l’utilizzo della riabilitazione polmonare al fine di migliorare la capacità all’esercizio e la qualità della vita 85. Un recentissimo lavoro ha dimostrato che un intervento riabilitativo basato sull’esercizio fisico, proposto sulla base di quanto si applica nella BPCO, è un valido approccio anche in soggetti con bronchiettasie 86. Le evidenze a tutt’oggi disponibili sono ancora limitate con miglioramenti fisici solo nel breve termine ma con una riduzione delle esacerbazioni 87.

Raccomandazioni per riabilitazione in pazienti con bronchiettasie

Un programma riabilitativo nel paziente sintomatico con bronchiettasie comprendente esercizio fisico e modalità di disostruzione bronchiale è raccomandato.

Asma

È documentata nei soggetti asmatici una riduzione dei livelli di attività fisica. L’allenamento all’esercizio si è dimostrato in grado di migliorare la tolleranza allo sforzo nei pazienti asmatici, senza pericolosi effetti collaterali 88. Altri studi randomizzati-controllati hanno evidenziato effetti positivi anche sui sintomi e la qualità della vita 89. Uno studio prospettico ha dimostrato inoltre che una regolare attività fisica è associata ad una riduzione del numero delle esacerbazioni 90. L’allenamento di tipo aerobico determina anche un miglioramento della infiammazione delle vie aeree, riducendo gli eosinofili e l’ossido nitrico esalato 91; una più recente metanalisi 92 conferma un effetto positivo sulla iperreattività bronchiale. Nel programma riabilitativo rivolto ai pazienti asmatici però devono entrare anche altri componenti: recenti revisioni sistematiche ad esempio hanno dimostrato che esercizi di respirazione e tecniche di rilassamento hanno un effetto positivo sulla qualità della vita, anche se mancano dati a lungo termine 93.

Raccomandazioni per riabilitazione in pazienti con asma

Un programma riabilitativo nel paziente con asma persistente e disabilità respiratoria è raccomandato.

Ipertensione arteriosa polmonare

Con il termine di ipertensione arteriosa polmonare (IAP) si definisce un gruppo di condizioni patologiche caratterizzate da un aumento progressivo delle resistenze vascolari polmonari, spesso da causa ignota, che determina sintomi quali la dispnea e la limitazione all’esercizio, nonché disfunzione muscolare periferica 94 e riduzione delle attività della vita quotidiana 95. Alcuni studi recenti hanno dimostrato benefici dell’allenamento sulla capacità all’esercizio di pazienti con IAP, sia se condotti in regime di ricovero 96, sia in day hospital 97; tali benefici erano accompagnati da modifiche strutturali dei muscoli periferici 98.

Raccomandazioni per riabilitazione in pazienti con IAP

Esistono evidenze crescenti a supporto dell’utilità della riabilitazione. Tuttavia, è consigliabile attivare un percorso solo in pazienti in fase di stabilità clinica, con terapia farmacologica ottimizzata e sotto stretto monitoraggio da parte di personale specializzato.

Trapianto polmonare

Come avviene nella resezione per cancro, anche nel trapianto di polmone la riabilitazione polmonare può giocare un ruolo importante, sia nella preparazione all’intervento, sia nella fase postoperatoria. Nella fase preoperatoria il mantenimento di una buona capacità funzionale è essenziale, in quanto gli outcomes postoperatori sono ad essa strettamente correlati 99. In pazienti affetti da BPCO l’utilizzo di uno score pre-intervento come il BODE 100, si è visto essere predittore di sopravvivenza post-trapianto, anche a lungo-termine 101. Alcuni studi dimostrano come l’allenamento in questi pazienti sia sicuro ed in grado di migliorare mobilità e qualità della vita 102, anche nei pazienti in lista di attesa 103. Un recente studio di coorte retrospettivo condotto su 345 soggetti dimostra come un programma riabilitativo preoperatorio sia in grado di migliorare la capacità all’esercizio, influenzando in maniera positiva gli outcomes postoperatori immediati, come la durata del ricovero 104. La riabilitazione nella fase postoperatoria è altrettanto importante, in quanto la debolezza muscolare e la conseguente riduzione della tolleranza allo sforzo, già presente nella fase preoperatoria, tende a peggiorare dopo l’intervento 105, e può essere presente fino a tre anni dopo 106 107. La letteratura in merito non è molto abbondante: una revisione sistematica del 2010 ha identificato sette studi di vario genere ed ha concluso che, sebbene la loro qualità complessiva non sia elevata, l’allenamento nella fase post trapianto può determinare effetti positivi sulla capacità all’esercizio e sulla forza muscolare 108.

Raccomandazioni per riabilitazione nel paziente candidato e sottoposto a trapianto polmonare

Un programma riabilitativo fa parte della gestione multidisciplinare di tali pazienti e viene pertanto raccomandato.

Altre componenti di un programma riabilitativo

Aspetti nutrizionali

Una perdita di peso significativa è piuttosto frequente nei pazienti BPCO 109; a questo si associa quasi sempre una riduzione della massa muscolare, che rappresenta un importante fattore predittivo di mortalità 110. I pazienti sottopeso, inoltre, presentano ridotta tolleranza allo sforzo 111 e peggiore qualità della vita 112. Riguardo gli effetti della riabilitazione sul peso, i dati in letteratura sono scarsi: Lan ha trovato un incremento di peso medio di 0,8 kg in una popolazione sottoposta a riabilitazione 113, mentre un simile guadagno di peso è stato osservato anche in soggetti normopeso 114. Di contro, Steiner, in uno studio randomizzato-controllato, ha osservato una perdita di peso nel gruppo placebo 115. Una recente revisione della Cochrane infine, pone l’accento sulla importanza del supplemento nutrizionale nei pazienti BPCO malnutriti, in quanto il guadagno di peso determina miglioramenti significativi nella composizione muscolare, della forza dei muscoli respiratori, della capacità all’esercizio e della qualità della vita 116. Gli effetti invece della riabilitazione nei pazienti obesi sono assai poco studiati: uno studio osservazionale sono come un intensivo programma di riabilitazione di tipo inpatient, sia in grado di ridurre il peso e di migliorare la tolleranza allo sforzo 117. Un recente studio retrospettivo su una larga coorte di pazienti sottoposti a riabilitazione ha dimostrato infine che lo stato nutrizionale di base non influenza l’efficacia della riabilitazione, in termini di capacità all’esercizio e stato di salute 118.

Raccomandazioni per l’aspetto nutrizionale come componente di un programma riabilitativo

Allo stato attuale non esistono dati certi e conclusivi sugli effetti della riabilitazione sul peso corporeo. Lo stato nutrizionale non condiziona in modo determinante gli outcomes post-riabilitazione.

Disostruzione bronchiale

La clearance delle vie aeree può subire alterazioni che ne compromettono l’efficacia. La mobilità delle ciglia si riduce con l’età, il fumo e l’esposizione ambientale ad agenti irritanti, ma vi sono anche condizioni patologiche che limitano la capacità di trasporto e la rimozione del muco dai bronchi, come la fibrosi cistica, la discinesia ciliare primaria o difetti strutturali come le bronchiettasie che danneggiano l’attività dell’escalatore muco-ciliare; deficit di forza muscolare e patologie neuromuscolari alterano invece la meccanica della tosse rendendola ipovalida o inefficace. Patologie come la BPCO e l’asma o eventi respiratori acuti possono indurre un incremento della produzione di secrezioni bronchiali e necessitare di programmi di disostruzione.

Fra le tecniche più conosciute vi sono: il Drenaggio Posturale (DP) 119 e la sua evoluzione, il Ciclo Attivo delle Tecniche Respiratorie (ACBT) 120, la Respirazione Lenta Totale a Glottide Aperta in decubito Laterale (ELTGOL) 121 e il Drenaggio Autogeno (AD) 122, la Pressione Espiratoria Positiva (PEP) 123 applicata mediante maschera o boccaglio, sia in respiro spontaneo che collegati ad apparecchi che generano meccanicamente pressione (es. Temporary Positive Expiratory Pressure – TPEP), o con l’eventuale aggiunta di oscillazioni (Flutter, RC Cornet, Acapella) 124. Esistono, inoltre, strumenti meccanici per applicare compressioni/oscillazioni intra o extra-toraciche (IPV, HFCC) 125 e tecniche manuali di compressione toraco-addominale o apparecchiature, quali le cosiddette “macchine della tosse”, per supplire a una tosse inefficace 126.

Dal punto di vista pratico si preferisce classificare le tecniche di disostruzione bronchiale in base al livello di azione, distinguendo tra interventi che favoriscono la mobilizzazione del muco dalla periferia verso le alte vie aeree ed interventi che aiutano o sostituiscono la fase di rimozione/espettorazione.

L’aggiunta di percussioni e vibrazioni manuali applicate al torace, come descritto nei primi lavori sul drenaggio posturale, non è sostenuta da prove di efficacia 119; inoltre le percussioni utilizzate nel trattamento di soggetti BPCO riacutizzati, possono peggiorare l’ostruzione e non devono quindi essere incluse fra le strategie terapeutiche 127.

La manovra dell’espirazione forzata, o dosata (Forced Expiratory Technique - FET o “huffing”), è sempre consigliata in associazione alle altre strategie di mobilizzazione delle secrezioni. Tale manovra permette flussi espiratori elevati, con pressioni intrapolmonari inferiori a quelle raggiunte con la tosse, garantendo un’efficacia simile o superiore a quest’ultima in caso d’instabilità delle vie aeree 128.

Qualora le diverse tecniche citate non siano efficaci, richiedano un aumento eccessivo del lavoro respiratorio o provochino discomfort e/o peggioramento della dispnea e/o affaticamento, vanno considerate, quale aiuto alla disostruzione bronchiale, l’Intermittent Positive Pressure Breathing (IPPB) e la VMNI 129. Nell’ambito di questi presidi meccanici va citato lo studio randomizzato controllato inerente alla TPEP, sviluppata attraverso lo strumento UNIKO®, testata in pazienti respiratori cronici con ipersecrezione bronchiale 130.

L’efficacia delle tecniche di fisioterapia toracica fin ora discusse, attraverso un uso regolare, è stata dimostrata sopratutto in pazienti con fibrosi cistica 131 e con bronchiettasie 132; in pazienti BPCO, invece, una recente revisione sistematica 123 non sostiene l’utilizzo regolare di tecniche di disostruzione bronchiale, così come sono sconsigliate le compressioni toraco-addominali applicate da sole o in associazione ad apparecchi per l’assistenza meccanica alla tosse, causa sviluppo di effetti svantaggiosi 128. Anche in fase di acuzie 133 i risultati non ne giustificano un utilizzo routinario ed estensivo ma suggeriscono invece una prescrizione mirata in base alla clinica (accumulo sintomatico di muco difficilmente eliminabile). Nei soggetti BPCO riacutizzati l’adozione di tecniche di disostruzione bronchiale tuttavia si è dimostrata in grado di diminuire significativamente il ricorso alla ventilazione meccanica ed i giorni di degenza ospedaliera 123; è evidente inoltre in questi pazienti un vantaggioso rapporto costo-efficacia legato alla riduzione del numero di ospedalizzazioni, a fronte delle spese sostenute per condurre la terapia 134.

In soggetti con patologie neuromuscolari e deficit della tosse, infine, le principali società scientifiche raccomandano l’adozione di tecniche ausiliarie della tosse sia manuali, che meccaniche. Infatti, le frequenti complicanze dovute al coinvolgimento dei muscoli respiratori, sono causa di aumento della morbilità e della mortalità. L’assistenza alla tosse associata alla VMNI si è dimostrata in grado di ridurre il numero di ospedalizzazioni per complicanze respiratorie 128, migliorare la sopravvivenza ed evitare il ricorso alla tracheostomia 135. In queste patologie l’utilizzo concomitante delle “usuali” tecniche di mobilizzazione delle secrezioni bronchiali non è sostenuto da sufficiente evidenza scientifica 136: può infatti essere rischioso convogliare le secrezioni nelle vie aeree centrali se non si è in grado di eliminarle prontamente attraverso manovre di assistenza alla tosse.

Concludendo, la scelta della strategia più adatta deve quindi essere guidata dall’esperienza del fisioterapista respiratorio, dalla sua valutazione clinica e dall’efficacia dimostrata e dimostrabile del metodo utilizzato sul singolo paziente; nella selezione devono essere presi in considerazione anche i costi diretti degli eventuali dispositivi utilizzati, i costi indiretti (tempo impiegato quotidianamente dal fisioterapista, dal paziente, dal caregiver, manutenzione, ecc), la possibilità di “autogestire” il trattamento e il gradimento del paziente 137. Ciò assume ancora più valore nel caso il trattamento debba essere protratto nel tempo: infatti, le preferenze del paziente, la tolleranza alla terapia, la possibilità di autogestione, il ridotto consumo di tempo e risorse, la soggettiva percezione di efficacia sono fattori predisponenti una migliore aderenza alla terapia prescritta.

Raccomandazioni per la disostruzione bronchiale come componente di un programma riabilitativo

In pazienti con ipersecrezione cronica, la fisioterapia toracica deve essere sempre inclusa in un programma riabilitativo. L’assistenza alla tosse va riservata ai pazienti con patologia neuromuscolare e con ridotta abilità alla tosse. Le competenze dei singoli fisioterapisti possono influenzare notevolmente i risultati.

Approccio educazionale

L’intervento educativo è riconosciuto da tempo come cruciale nei programmi di gestione della malattia respiratoria cronica e descritto dalle linee guida come componente fondamentale della riabilitazione respiratoria 138, esso è raccomandato fin dal momento della diagnosi e dovrebbe essere protratto in continuum per tutta la vita del paziente 139. Non si possono quindi considerare gli interventi educativi come separati dal contesto della riabilitazione respiratoria 140.

La componente educativa della PR si è gradualmente evoluta da un approccio tradizionalmente didattico, alla promozione di un cambiamento comportamentale, puntando, in particolare, all’acquisizione da parte del paziente di uno stile collaborativo nell’autogestione della patologia (Self Management-SM). Questo cambiamento è sostenuto dalla consapevolezza che i programmi educativi tradizionali si sono dimostrati efficaci nell’aumentare le conoscenze specifiche da parte dei pazienti 141, ma non hanno avuto alcun impatto sulla salute, contrariamente a programmi educativi volti a modifiche comportamentali 142. Self-Management è quindi il termine applicato a programmi educativi che promuovono la salute e un utilizzo responsabile delle risorse sanitarie attraverso il miglioramento delle conoscenze e l’acquisizione delle competenze necessarie affinché i pazienti possano partecipare con i professionisti sanitari alla gestione della loro malattia in modo ottimale 143. Questo approccio può essere implementato attraverso la PR e dovrebbe essere indirizzato a tutti i soggetti con malattia respiratoria cronica 141. Percorsi di SM devono includere la definizione degli obiettivi che si desidera raggiungere, lo sviluppo di capacità risolutive degli eventuali problemi intercorrenti, il miglioramento della capacità di prendere decisioni e di agire in riferimento a un piano d’azione predefinito. Il paziente dovrà quindi essere in grado di: riconoscere l’insorgenza delle manifestazioni cliniche di una riacutizzazione e reagire prontamente e correttamente, sfruttare al massimo le sue capacità fisiche residue minimizzando gli effetti della malattia sulla qualità di vita, imparare a usare i farmaci correttamente e al momento giusto. Il percorso dovrà essere pertanto il più possibile personalizzato sul soggetto che partecipa al programma riabilitativo 144. Le strategie dell’intervento educativo devono quindi essere individuate fra quelle che sono in grado di agevolare un cambiamento comportamentale.

Quando vengono favoriti i processi descritti precedentemente si ottiene un miglioramento della motivazione del paziente. Un soggetto che, attraverso l’esperienza muta idee e comportamenti migliora la sua auto-efficacia e sarà più motivato a perpetrare gli atteggiamenti salutari adottati. L’auto-efficacia è stata inoltre associata a una migliore aderenza alla PR 145 e a migliori risultati in termini di performance fisica, anche a lungo termine 146.

Nella conduzione del percorso educativo è vantaggioso coinvolgere la famiglia del paziente, poiché il sostegno e la collaborazione che i familiari possono dare nel lungo termine è un fattore determinante per il successo. La letteratura oggi disponibile non consente ancora di sapere quale componente di un programma di SM sia più efficace 147, tuttavia il documento dell’ATS/ERS suggerisce di includere sempre i piani di azione 1. Programmi di SM in pazienti con BPCO sono stati associati a miglioramenti della HRQoL, misurata con il St. George Respiratory Questionnaire, e a una riduzione della probabilità di ospedalizzazioni per problemi respiratori 147. Pazienti BPCO allenati al SM riducono il rischio di subire una o più ospedalizzazione 143 147; tuttavia tale riduzione avviene solo per i ricoveri dovuti a cause respiratorie e non riguarda quelli conseguenti ad altre cause, che in questi soggetti sono perlopiù legati alle comorbilità 148. Il SM comporta inoltre una riduzione del rischio di peggioramento dello stato di salute e riduce costi sanitari 143 147; quest’ultimo dato è confermato anche da una revisione sistematica di Adams sulla gestione della BPCO, nella quale è riportato che l’allenamento all’auto-gestione, associato ad altri interventi specifici, può ridurre significativamente l’utilizzo di risorse sanitarie 149. L’adozione di un piano d’azione ha portato a un minor utilizzo di risorse sanitarie, inoltre ha consentito di ridurre i costi e di migliorare i tempi di recupero 143 150 grazie all’utilizzo tempestivo di antibiotici e corticosteroidi 151.

Raccomandazioni per l’approccio educazionale come componente di un programma riabilitativo

Nei pazienti respiratori cronici esistono numerose evidenze scientifiche a sostegno dell’efficacia di interventi educativo-comportamentali. È importante costruire un percorso specifico che guidi le esigenze del singolo paziente e che sia in grado di accompagnare e sostenere il paziente nel suo bisogno educativo durante l’evoluzione della patologia.

Conclusioni

Con queste “Raccomandazioni” sulla PR abbiamo voluto offrire a tutti gli Operatori Sanitari interessati, in primis agli Pneumologi, spunti di riflessione e di approfondimento per una pratica clinica, quella della PR, che dovrà sempre di più essere implementata a tutti i livelli, da quello delle Cure Primarie, ai poliambulatori, ed alle strutture Ospedaliere. L’alternativa alla diffusione della PR a livello territoriale e periferico, intesa ovviamente in una rete di tipo hub , è quella di negare da un lato prestazioni essenziali ed evidence based ai pazienti e dall’altro quella di aumentare (non diminuire!) i costi sanitari derivati dalla fascia di pazienti cronicamente disabili respiratori.

Figure e tabelle

Figura 1.Modalità di allenamento.

• Dispnea o fatica muscolare condizionanti le attività regolari della vita quotidiana
• Ridotta qualità di vita
• Riduzione dello stato funzionale
• Ridotta partecipazione ad attività lavorative
• Difficoltà di gestione della terapia medica
• Problematiche psicosociali legate alla patologia respiratoria di base
• Malnutrizione
• Incremento dell’utilizzo di risorse mediche (frequenti riacutizzazioni e/o ricoveri, numerosi accessi al pronto soccorso, necessità frequente di visite mediche)
• Anomalie degli scambi gassosi
Tabella I.Componenti della disabilità respiratoria che pongono indicazione alla PR.
• Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)
• Asma bronchiale
• Fibrosi cistica
• Bronchiettasie
• Insufficienza respiratoria cronica da qualsiasi causa
• Insufficienza respiratoria acuta su cronica
• Interstiziopatie polmonari
• Ipertensione polmonare
• Neoplasie polmonari
• Interventi di chirurgia toracica ed addominale
• Trapianto polmonare
• Disturbi respiratori del sonno
• Pazienti con svezzamento prolungato dalla ventilazione meccanica
• Malattie neuromuscolari*
Tabella II.Malattie e condizioni cliniche che presentano indicazione alla PR.

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Affiliazioni

Ernesto Crisafulli

Struttura Complessa di Pneumologia-UTIR, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera “Carlo Poma”, Mantova

Francesco D’Abrosca

Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

Oriana Delicati

UO Fisiopatologia Respiratoria, ASS 2 “Isontina”, Gorizia

Giuseppe Gaudiello

UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Milano Camaldoli, Milano

Franco Pasqua

UO Pneumologia Riabilitativa, Casa di Cura Villa delle Querce, Nemi (RM)

Elisabetta Zampogna

UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Tradate (VA)

Marta Lazzeri

Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda, Milano

Bruno Balbi

UO di Pneumologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno (NO)

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Crisafulli, E., D’Abrosca, F., Delicati, O., Gaudiello, G., Pasqua, F., Zampogna, E., Lazzeri, M., & Balbi, B. (2015). Raccomandazioni Italiane sulla Pneumologia Riabilitativa. Evidenze scientifiche e messaggi clinico-pratici - Articolo di sintesi di un gruppo di esperti. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(5), 250-263. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-52
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