Articolo di revisione
Pubblicato: 2014-10-15

La valutazione funzionale preoperatoria del paziente candidato a chirurgia toracica

Department of Thoracic Surgery, St. James’s University Hospital, Leeds, UK
Unità Operativa di Chirurgia Toracica, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona
Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Unità Operativa di Pneumologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona
Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Unità Operativa di Pneumologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona
Valutazione funzionale Resezione polmonare CPET Consumo massimale di ossigeno

Abstract

Questo lavoro rappresenta una revisione della letteratura circa i principali studi internazionali che hanno influenzato i protocolli di valutazione funzionale preoperatoria dei pazienti candidati a resezione polmonare maggiore. Sono riportati in maniera dettagliata:

• le raccomandazioni per una corretta valutazione cardiologica preoperatoria in previsione di un intervento
di chirurgia toracica;
• le capacità e i limiti di stratificazione del rischio chirurgico dei tradizionali test di valutazione funzionale
respiratoria, in particolare del FEV1 e della DLco;
• il ruolo centrale dei test da sforzo cardiorespiratorio a basso e alto livello tecnologico nella definizione del
rischio chirurgico;
• l’impatto che le tecniche chirurgiche mininvasive, in particolare la VATS lobectomy, possono avere nella
modifica del rischio operatorio;
• i più recenti algoritmi funzionali di valutazione preoperatoria dei candidati a resezione polmonare.

Introduzione

Negli ultimi anni, si è assistito ad un progressivo incremento del numero di pazienti che necessitano di un intervento di resezione polmonare maggiore, e, nonostante i recenti progressi nelle tecniche chirurgiche, la stima del rischio post operatorio rappresenta un’importante sfida, soprattutto nei casi in cui coesistano comorbilità di rilievo 1.

A fronte di un progressivo incremento di pazienti che necessitano di resezione polmonare maggiore, la stima del rischio post operatorio rappresenta un’importante sfida, soprattutto nei casi con comorbilità.

Quest’evenienza, infatti, si verifica piuttosto frequentemente, poiché molti dei pazienti candidati a tale intervento hanno una storia di esposizione al fumo e presentano quindi concomitanti alterazioni della funzione respiratoria e cardiaca. Pertanto, sono stati condotti numerosi lavori al fine di quantificare il rischio postoperatorio complessivo e diversi protocolli di valutazione funzionale preoperatoria sono stati proposti dalle varie società scientifiche nel corso degli anni 2.

L’obiettivo principale di questa revisione della letteratura è quello fornire una sintesi delle più importanti evidenze in merito.

Stima del rischio cardiaco

Il rischio di complicanze cardiache maggiori postoperatorie (fibrillazione ventricolare, edema polmonare, arresto cardiaco o morte per evento cardiaco) è pari al 3% dopo resezioni polmonari anatomiche 3-5.

Un recente studio, basato sui dati del Surveillance, Epidemiology, and End Results-Medicare riguardo pazienti sottoposti a resezione polmonare entro un anno da stent coronarico, mostra un incrementato rischio di eventi cardiovascolari e mortalità nei pazienti “stentati” rispetto ai “non-stentati” (9,3% e 7,7% vs. 4,9% e 4,6%, entrambi p < 0,0001) 6.

Un recente studio mostra un incrementato rischio di eventi cardiovascolari e mortalità nei pazienti “stentati” rispetto ai “non-stentati” (9,3% e 7,7% vs. 4,9% e 4,6%, entrambi p < 0,0001).

Attualmente sono disponibili due distinte linee guida pubblicate dall’ERS-ESTS Joint Task Force 7 e dall’American College of Chest Physician 8 circa la stima del rischio cardiaco nei candidati a resezione polmonare.

Entrambi non raccomandano un’approfondita valutazione della patologia coronarica nei soggetti con un’accettabile tolleranza all’esercizio 5 9-11 e con un Revised Cardiac Risk Index (RCRI) < 2 3.

L’RCRI, come originariamente pubblicato da Lee et al. 3, è un risk score cardiaco in 4 classi basato su 6 fattori: storia di cardiopatia coronarica, patologie cerebrovascolari, diabete insulino-dipendente, scompenso cardiaco, creatinina > 2 mg/dl e chirurgia maggiore. Tali fattori pesano ugualmente con un punto sul rischio cardiaco globale 3.

L’RCRI è un risk score derivato da una popolazione di pazienti chirurgici, che include solo pochi pazienti toracici. Recentemente Brunelli et al. 4 hanno ricalibrato l’RCRI su un’ampia popolazione di candidati a resezione polmonare maggiore, ottenendo un risk score semplificato in cui solo 4, degli originari 6 fattori, sono risultati associati a complicanze cardiache maggiori e con un peso modificato (storia di cardiopatia coronarica – 1,5 punti, patologie cerebrovascolari - 1,5 punti, creatinina > 2 mg/dl – 1 punto, pneumonectomia – 1,5 punti). Lo score cumulativo risultante, denominato Thoracic RCRI (ThRCRI), varia da 0 a 5,5 punti risultando più accurato del precedente in questa popolazione (c index 0,72 vs. 0,61, p = 0,004): i pazienti in classe D (score > 2,5) hanno un rischio di complicanze cardiache del 23% contro l’1,5% di quelli in classe A (score 0). Ulteriori studi hanno poi validato l’uso del ThRCRI 12 13, in particolare è stato applicato a una popolazione derivata dall’STS database di oltre 26.000 pazienti sottoposti a resezione polmonare anatomica. In tali pazienti il tasso di complicanze cardiache maggiori è del 4,3%: il ThRCRI nei pazienti senza complicanze cardiache è dimezzato rispetto a quelli con complicanze (0,6 vs. 1,1, p < 0,0001). Inoltre le classi di rischio mostrano una probabilità incrementale di insorgenza di complicanze cardiache maggiori (A: 2,9%; B: 5,8%; C: 11,9%; D: 11,1%; p < 0,0001). Nei pazienti con ThRCRI > 1,5 o con una nota patologia cardiaca, è raccomandata una valutazione cardiologica, in linea con le linee guida AHA/ACC 3, per identificare la quota di coloro che necessitano di trattamenti cardiologici specifici.

Trattamenti cardiologici invasivi andrebbero istituiti preventivamente alla chirurgia solo in coloro che ne hanno necessità indipendentemente dall’indicazione all’intervento toracico 14.

Inoltre dati derivati dal POISE study group indicano che l’istituzione di terapia con beta-bloccanti non è raccomandata nei pazienti con ischemia miocardica che già non assumano tale trattamento prima dell’intervento, per un incremento del rischio di ICTUS (HR 2,17) e di mortalità (HR 1,33) 15.

Il test da sforzo cardiorespiratorio è in grado di svelare stati di ischemia miocardica con accuratezza simile alla perfusione con tomografia a emissione di singolo fotone e superiore allo standard ECG stress test.

In ultimo, il test da sforzo cardiorespiratorio è stato identificato come uno strumento in grado di svelare stati di ischemia miocardica con una accuratezza simile alla perfusione miocardica con tomografia a emissione di singolo fotone 16 17 e superiore allo standard ECG stress test 18.

Volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) predetto postoperatorio

Il FEV1 predetto postoperatorio (ppoFEV1), stimato in base al numero dei segmenti funzionanti non ostruiti da rimuovere con l’intervento, è stato a lungo usato nella stratificazione del rischio respiratorio dei candidati a resezione polmonare 19. Tanto la broncoscopia quanto la TAC sono utili nello stimare la pervietà bronchiale e la funzionalità dei segmenti polmonari.

Olsen et al. 20 hanno proposto per primi la soglia di 0,8 L come limite minimo per una resezione polmonare. D’altronde Pate et al. 21 hanno dimostrato che anche pazienti con un ppoFEV1 di 0,7 tollerano una toracotomia per resezione polmonare oncologica. Il maggior limite di tali studi risiede nell’uso dei valori assoluti di ppoFEV1: questo potrebbe escludere dall’intervento i pazienti anziani, di bassa statura e di sesso femminile (capaci di tollerare più bassi valori assoluti di FEV1).

Markos et al. hanno proposto per primi valori soglia espressi come “percentuale del predetto”, trovando una mortalità perioperatoria del 50% nei pazienti con ppoFEV1 < 40% 22; l’elevato rischio in pazienti con ppoFEV1 < 40% è stato confermato anche in altri studi 23-29.

Recentemente alcuni studi hanno messo in discussione l’uso del ppoFEV1, mostrando accettabili tassi di mortalità in pazienti sottoposti a resezione polmonare con FEV1 o ppoFEV1 proibitivi 30 31.

Alam et al. 32 hanno dimostrato un incremento lineare dell’odds ratio per il rischio di complicanze respiratorie postoperatorie corrispondente alla riduzione del ppoFEV1 e del ppoDLCO (incremento del 10% del rischio di complicanze per ogni riduzione del 5% della funzione polmonare predetta). Brunelli et al. 30 hanno mostrato che il ppoFEV1 è l’unico predittore di complicanze postoperatorie nei pazienti con FEV1 > 70%, ma non risulta tale in pazienti con FEV1 < 70%. Questo potrebbe essere parzialmente spiegato dall’effetto di “riduzione volumetrica lobare” (LVR), che comporta una minore riduzione funzionale nei pazienti enfisematosi 33-40.

In uno studio recente, Brunelli et al. 39 hanno trovato che i pazienti con COPD hanno una perdita di FEV1 e DLCO inferiore rispetto a pazienti non-COPD tre mesi dopo la lobectomia per cancro del polmone (8% vs 16% e 3% vs. 12%, rispettivamente). In questa serie il 27% dei pazienti addirittura migliora il suo FEV1 e il 34% dei pazienti la sua DLCO tre mesi dopo l’intervento.

In realtà l’effetto LVR si verifica molto precocemente dopo la resezione polmonare, infatti il 17% dei pazienti con limitazione di flusso migliora il suo FEV1 già alla dimissione rispetto ai valori preoperatori 41 42.

Sebbene molti studi mostrino che il ppoFEV1 è accurato nel predire il FEV1 a 3-6 mesi dall’intervento chirurgico, è stato recentemente dimostrato che esso sovrastima il FEV1 misurato nei primi giorni postoperatori, quando si verifica la maggior parte delle complicanze 43.

Capacità di diffusione polmonare del monossido di carbonio

La capacità di diffusione polmonare del monossido di carbonio (DLCO) è stata indicata per la prima volta come predittore di risultati negativi dopo resezione polmonare da uno studio di Ferguson et al. del 1980 44. Essi hanno dimostrato che i pazienti con DLCO < 60% hanno una mortalità del 20% e una probabilità di complicanze polmonari del 40%. Inoltre la DLCO è stata individuata come uno dei parametri maggiormente associati alla qualità di vita post operatoria 45. Anche la diffusione predetta postoperatoria (ppoDLCO), calcolata nella stessa maniera del ppoFEV1, è risultata un affidabile predittore di complicanze e mortalità in uno studio pubblicato nel 1990 46, in cui i pazienti con ppoDLCO < 40% mostrano un tasso di mortalità del 23%. Questi risultati sono stati confermati da Santini et al. 47. Lavori recenti hanno dimostrato che FEV1 e DLCO sono scarsamente correlati e che più del 40% dei pazienti con FEV1 normale può avere una DLCO < 80%; inoltre il 7% di essi può avere un ppoDLCO < 40% 48.

Diversi studi hanno dimostrato che un ppoDLCO ridotto è un efficiente predittore di complicanze cardiopolmonari e mortalità, non solo in pazienti con FEV1 ridotto ma anche in pazienti con una funzione respiratoria normale 48-50.

Molti pazienti sottoposti a resezione polmonare maggiore per cancro ricevono chemioterapia preoperatoria che può essere associata a una riduzione dal 10 al 20% della DLCO e a un incremento di complicanze post-operatorie 51-56. Pertanto si raccomanda di rivalutare la funzione polmonare e la diffusione dopo una terapia induttiva e prima della resezione polmonare 7 8.

Chirurgia toracica mini-invasiva videotoracoscopica

Numerosi lavori hanno dimostrato che si può ottenere una riduzione dei tassi di morbilità e mortalità nei pazienti operati per cancro del polmone tramite l’impiego di tecniche chirurgiche mini invasive (VATS lobectomy) 57-60.

Nei pazienti con FEV1 o DLCO < 60% sottoposti a lobectomia polmonare sia tramite toracotomia che tramite VATS, si osserva che l’unico predittore di complicanze all’analisi multivariata è rappresentato dall’approccio toracotomico (odds ratio 3,46, p = 0,0007) 61.

Allo stesso modo in un’ampia popolazione di pazienti sottoposti a lobectomia provenienti dall’STS database, un modello di regressione multivariata mostra che le complicanze polmonari sono associate all’approccio toracotomico (OR = 1,25, p < 0,001), a un ridotto FEV1 (OR = 1,01 per unit, p < 0,001) e a una ridotta DLCO (OR = 1,01 per unit, p < 0,001) 62; ma esaminando i pazienti con FEV1 < 60%, quelli sottoposti a toracotomia hanno un tasso di complicanze polmonari incrementato rispetto quelli sottoposti a VATS (p = 0,023).

Inoltre altri studi hanno dimostrato una migliore conservazione della funzione polmonare nei pazienti sottoposti a VATS lobectomy se confrontati con quelli sottoposti a toracotomia 63 64.

Pertanto, nonostante le evidenze siano ancora limitate, è probabile che con l’incremento del numero dei pazienti operati tramite VATS lobectomy, si possa essere in grado di modificare le tradizionali soglie di operabilità.

Test da sforzo

I test da sforzo sono sempre più usati nel protocollo di valutazione preoperatoria dei pazienti candidati a resezione polmonare.

I test da sforzo sono sempre più usati nel protocollo di valutazione dei pazienti candidati a resezione polmonare per la capacità di esaminare l’intera catena di trasporto dell’ossigeno e predire le complicanze post-operatorie.

Questi test hanno la capacità di esaminare l’intera catena di trasporto dell’ossigeno e di svelare possibili deficit che possono predisporre a complicanze post-operatorie 65.

Low-technology test

I test da sforzo low-tech più impiegati nella nostra specialità sono lo shuttle walk test e lo stair climbing test. Il 6-12 minute walking test non è stato raccomandato dalle più recenti linee guida date le contrastanti evidenze riscontrate in differenti studi 22 23 25 66.

Lo shuttle walk test è un test low-tech più riproducibile del 6-minute walk test ed è stato dimostrato che 25 shuttles corrispondono a un consumo massimale di ossigeno (VO2max) di 10 ml/kg/min 67. Ciononostante, studi più recenti hanno messo in discussione il ruolo dello shuttle test che sembra non discriminare tra pazienti complicati e non complicati e tende a sottostimare la capacità aerobica ai bassi livelli 68. Benzo et al. 69 hanno di recente dimostrato che 25 shuttles percorsi corrispondono a un VO2max > 15 m/kg/min con un PPV del 90%.

Lo stair climbing test è stato usato per decadi dai chirurghi 70 71. Esso presenta diversi vantaggi: attività famigliare per il paziente, economico, a basse risorse, rapido, non invasivo, altamente stressante.

Olsen et al. 72 hanno pubblicato una serie di 54 pazienti sottoposti a stair climbing test in previsione di resezione polmonare, trovando che l’incapacità di salire 3 piani si associa a una degenza prolungata, una maggiore durata di intubazione postoperatoria e un più elevato tasso di complicanze.

Nel 2001, Girish et al. 73 hanno valutato 83 pazienti sottoposti a toracotomia o laparotomia, mostrando che i complicati salgono meno piani di scale (2,1 vs. 4,4, p = 0,00002). L’incapacità di salire 2 piani si associa a un PPV di complicanze dell’80%, mentre la capacità di salire 5 piani a un NPV del 95%.

In una serie di 160 pazienti, Brunelli et al. 74 hanno trovato che solo il 6.5% dei pazienti che salgono 14 metri sviluppa complicanze. Il 29% dei pazienti che salgono tra 12 e 14 m e il 50% di quelli che salgono meno di 12 metri si complica. Nello stesso lavoro, gli autori hanno dimostrato che in un gruppo di pazienti ad alto rischio (17 pz con ppoFEV1 e/o ppoDLCO < 35%) e operati solo sulla base del loro soddisfacente stair climbing test, si sono verificate solo quattro complicazioni, non fatali.

Questi dati sono stati successivamente confermati in una più ampia serie di 640 resezioni polmonari maggiori 75, nella quale gli autori hanno anche dimostrato che, comparati con coloro che salgono più di 22 m, quelli che non raggiungono 12 m hanno un tasso di complicanze cardiopolmonari 2,5 volte maggiore, un tasso di complicanze cardiache tre volte maggiore e un tasso di mortalità del 13% contro solo l’1%. In 73 pazienti con funzione polmonare proibitiva (ppoFEV1 e/o ppoDLCO < 40%), quelli che hanno salito più di 22 m sono sopravvissuti all’intervento. Brunelli et al. 76 hanno inoltre dimostrato una correlazione diretta fra l’altitudine salita e il VO2max misurato durante lo stair climbing tramite un analizzatore di gas portatile. Il 98% dei pazienti che sale più di 22 m ha un VO2max > 15 ml/kg/min; il cut off di 22m ha un PPV dell’86% per un VO2max > 15 ml/kg/min.

Test da sforzo cardiorespiratorio (CPET)

Il test da sforzo cardiorespiratorio è il gold standard nel processo di valutazione preoperatoria dei pazienti candidati a resezione polmonare. È effettuato in un ambiente controllato con un monitoraggio continuo di vari parametri cardiologici e polmonari; è standardizzato e facilmente riproducibile. Oltre al VO2max, che rimane il più importante parametro associato alla capacità ergometrica, il CPET fornisce numerosi altre misurazioni dirette e indirette che consentono, in caso di una riserva aerobica limitata, di identificare precisamente possibili deficit nel sistema di trasporto dell’ossigeno 77 78.

Le linee guida ERS-ESTS enfatizzano il ruolo del test da sforzo high-tech, raccomandandolo nei pazienti con FEV1 o DLCO < 80% del predetto o con una storia di cardiopatia 7.

Le recenti ACCP Guidelines 6 raccomandano l’uso del CPET nei pazienti con ppoFEV1 o ppoDLCO < 30% del predetto o che hanno raggiunto meno di 22 m allo stair climbing o che abbiano una cardiopatia.

L’importanza del VO2max è stata suggerita per la prima volta nella nostra specialità da uno studio su 19 soggetti pubblicato nel 1982 da Eugene et al. 79, che dimostra che un VO2max inferiore a 1 L è associato a un tasso di mortalità del 75%. Successivamente altri piccoli studi negli anni 80 e 90 hanno confermato questi dati 80-82.

Nel 1995, Bolliger et al. hanno dimostrato che il VO2max espresso come percentuale del valore predetto ha maggiore capacità discriminatoria che espresso in valore assoluto. Essi hanno trovato che la probabilità di sviluppare complicanze nei pazienti con VO2max > 75% del predetto è solo del 10%, mentre sale al 90% in quelli con VO2max < 40% 83. Lo stesso gruppo ha successivamente sviluppato un modello per predire il rischio di complicanze cardiopolmonari basato sul grado di estensione della resezione polmonare e sul VO2max preoperatorio 84.

In una serie che includeva più di 400 pazienti provenienti dal database nazionale multicentrico del Cancer and Leukemia Group B, Lowen et al. hanno mostrato che i pazienti complicati hanno un VO2max significativamente inferiore rispetto ai non complicati 85.

Brunelli et al. hanno recentemente pubblicato una serie di oltre 200 resezioni polmonari maggiori valutate con CPET prima dell’intervento, confermando la soglia di sicurezza di 20 ml/kg/min (no mortalità, tasso di complicanze cardiorespiratorie = 7%) e dimostrando che un VO2max < 12ml/kg/min espone i pazienti ad un aumentato rischio di mortalità 86. In particolare i tassi di mortalità e morbilità di questi pazienti si attestano rispettivamente al 33 e 13%.

Una recente metanalisi ha confermato la capacità del VO2max di predire le complicanze cardiopolmonari e la mortalità dopo resezione polmonare 87. La maggior parte degli studi concorda che un VO2max < 10-15 ml/kg/min deve essere considerato come la soglia di alto rischio per le resezioni polmonari e che invece un VO2max > 20 ml/kg/min è un livello di sicurezza per ogni tipo di resezione, inclusa la pneumonectomia.

Oltre al VO2max, il CPET può offrire altre misure dirette e indirette che contribuiscono alla definizione del rischio chirurgico 88 89.

Algoritmi di valutazione funzionale

Per ragioni pratiche, le evidenze pubblicate sull’operabilità e la valutazione funzionale sono spesso sintetizzate in algoritmi o flowcharts. Gli algoritmi dovrebbero essere usati come guide per standardizzare la pratica clinica dello studio preoperatorio minimizzando le variazioni e le esclusioni inappropriate.

Per ragioni pratiche, le evidenze pubblicate sull’operabilità e la valutazione funzionale sono spesso sintetizzate in algoritmi o flowcharts.

Comunque, queste rappresentazioni schematiche non possono coprire l’intero spettro dei pazienti e alcune eccezioni possono verificarsi, quindi i pazienti andrebbero sempre valutati in maniera individuale.

I due più recenti algoritmi funzionali sono quelli proposti dall’ERS-ESTS joint task force for radical therapy 7 e dall’ACCP LCG 8.

Entrambi gli algoritmi mettono in risalto l’importanza di una preliminare valutazione cardiologica.

I due più recenti algoritmi funzionali sono quelli proposti dall’ERS-ESTS joint task force for radical therapy e dall’ACCP LCG.

I pazienti con un basso rischio cardiaco o con un trattamento cardiologico ottimizzato possono poi procedere col resto della valutazione funzionale. Entrambi gli algoritmi raccomandano la misurazione del FEV1 e della DLCO in tutti i pazienti e la loro espressione come percentuale dei valori predetti. Nella flow chart ERS/ESTS (Figura 1), i pazienti senza problemi cardiaci attivi e con un basso rischio cardiologico e tutti quelli con un FEV1 e una DLCO > 80% del predetto possono essere sottoposti alla resezione pianificata, compresa la pneumonectomia. Tutti gli altri pazienti con un FEV1 e/o una DLCO < 80% dovrebbero essere sottoposti a un test da sforzo. Idealmente dovrebbe essere eseguito un test da sforzo cardiopolmonare con misura diretta del VO2max, ma in assenza di questa disponibilità, può essere eseguito un test da sforzo low-tech, preferibilmente lo stair-climbing con il ruolo di test di screening. Quei pazienti che mostrino un’ottima performance in questi test (stair-climbing > 22 m o shuttle walk test > 400 m) possono procedere con la chirurgia, tutti gli altri devono essere sottoposti a un CPET formale per definire la loro capacità aerobica.

I pazienti con VO2max border-line (fra 10 e 20 ml/kg/min o fra 35 e 75% del predetto) dovrebbero eseguire il calcolo delle split lung functions per la stima del ppoFEV1 e del ppoDLCO.

I pazienti con parametri ergometrici borderline e con ppoFEV1 e ppoDLCO < 30% possono procedere con l’intervento. Per gli altri dovrebbe essere eseguita la stima del ppoVO2max: se risulta <10 ml/kg/min o 35% del predetto, il paziente dovrebbe essere supportato nella scelta di trattamenti alternativi.

Nella ACCP flowchart (Figura 2), i pazienti con un basso rischio cardiologico e con ppoFEV1 e ppoDLCO > 60% sono considerati a basso rischio chirurgico (mortalità < 1%). I pazienti con un ppoFEV1 o un ppoDLCO fra il 30 e 60% dovrebbero eseguire un test da sforzo low-tech di screening. Se la performance risulta soddisfacente saranno considerati a rischio chirurgico intermedio. Se il ppoFEV1 e/o ppoDLCO sono < 30% o se la performance al test da sforzo è insufficiente, i pazienti dovrebbero effettuare un CPET formale. Come nel caso dell’algoritmo europeo, un VO2max < 10ml/kg/min o 35% del predetto indica un alto rischio chirurgico per resezioni polmonari anatomiche.

Figure e tabelle

Figura 1.Algoritmo ERS-ESTS per la valutazione funzionale preoperatoria (riprodotta con il permesso della European Respiratory Society da Brunelli et al. 7).

Figura 2.Algoritmo ACCP per la valutazione funzionale preoperatoria (riprodotta con il permesso dell’American College of Chest Physicians da Brunelli et al. 8).

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Affiliazioni

Alessandro Brunelli

Department of Thoracic Surgery, St. James’s University Hospital, Leeds, UK

Michele Salati

Unità Operativa di Chirurgia Toracica, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona

Martina Bonifazi

Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Unità Operativa di Pneumologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona

Stefano Gasparini

Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Unità Operativa di Pneumologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti, Ancona

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2014

Come citare

Brunelli, A., Salati, M., Bonifazi, M., & Gasparini, S. (2014). La valutazione funzionale preoperatoria del paziente candidato a chirurgia toracica. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 29(5), 236-244. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2014-29-56
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