Serie - “Indagini biologiche in Pneumologia”
Pubblicato: 2014-10-15

Esalato condensato e patologie dell’apparato respiratorio

Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.
Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.
Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.
Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.
Esalato condensato Patologie respiratorie Monitoraggio non-invasivo Biomarcatori

Abstract

Negli ultimi anni è cresciuto sempre di più l’interesse per le metodiche non invasive di studio delle vie respiratorie (espettorato indotto, frazione esalata dell’ossido nitrico (NO), esalato condensato, naso elettronico). Tra queste, la raccolta dell’esalato condensato (EBC) ha ottenuto recentemente numerosi consensi grazie all’identificazione di marcatori sempre più sensibili e specifici. La grande attenzione per questo campione biologico risulta evidente dal numero sempre maggiore di contributi scientifici disponibili oltre che dai seminari, simposi e corsi che le società scientifiche organizzano ogni anno su questo argomento. La metodica per la raccolta e per l’analisi dell’EBC, tuttavia, non è stata ancora standardizzata e nessuno dei biomarcatori studiati è stato validato sufficientemente da permetterne un impiego nella pratica clinica. L’augurio è che, così come è stato per il FeNO e per l’espettorato indotto, anche l’esalato condensato possa al più presto passare dal laboratorio di ricerca alla pratica clinica ed ambulatoriale fino ad arrivare al monitoraggio domiciliare delle principali patologie respiratorie.

La diagnostica delle patologie respiratorie, negli ultimi anni, tende ad avvalersi sempre di più di metodiche non invasive (studio dell’aria esalata, espettorato indotto) per lo studio delle vie aeree, che possono ridurre significativamente la morbilità connessa alle procedure invasive (broncoscopia, biopsia) ed incrementare la compliance della popolazione target che necessita di tale diagnostica.

Fra le metodiche non invasive, grande curiosità ed interesse sono oggi rivolti allo studio dell’aria esalata, campione biologico che deriva dalla condensazione dell’epithelial lining fluid, aerosolizzato dal moto turbolento che si genera nelle vie aeree quando il flusso respiratorio attraversa le diramazioni bronchiali.

Fra le metodiche non invasive, grande curiosità ed interesse sono oggi rivolti allo studio dell’aria esalata, campione biologico che deriva dalla condensazione dell’epithelial lining fluid.

Lo studio dell’esalato condensato affonda le sue radici nell’antica medicina empirica. Per moltissimi anni, infatti, l’approccio clinico organolettico, il cosiddetto “sniffing”, rientrava a pieno titolo nella pratica medica: in base alle proprietà olfattive dell’aria esalata dal paziente era possibile porre un sospetto diagnostico di insufficienza renale (alito “uremico”), epatopatia (alito “epatico”) o diabete mellito (“acetone”). La limitazione di questo approccio consisteva nel fatto che la malattia veniva diagnosticata solo nelle fasi più avanzate, quando il metabolismo sistemico era ormai totalmente compromesso 1.

Circa 40 anni fa, Linus Pauling ed il suo collaboratore Arthur Robinson dimostrarono che nel vapore delle urine e nell’aria esalata si potevano dosare minute quantità di metaboliti chimici mediante la gascromatografia 2.

Solo 20 anni dopo si apprese il valore di questo approccio e l’interesse in materia venne sollevato; si iniziò a comprendere come l’incremento dei livelli di alcuni metaboliti potesse diventare diagnostico di un disordine sistemico o, più specificamente, di una patologia d’organo. Grazie ai continui progressi tecnologici degli ultimi anni, che hanno portato alla messa a punto di strumenti miniaturizzati, è oggi possibile dosare nell’aria esalata biomarcatori nel range nano/picomolare. Il dosaggio di alcuni marcatori è molto semplice e diretto: basta pensare all’etanolo, quantificabile dopo ingestione orale mediante l’etilometro o, in ambito clinico, all’acetone quale biomarcatore esalato per il diabete 3, o ancora al monossido di azoto (NO) o al monossido di carbonio (CO) marcatori infiammatori rispettivamente utilizzati per il monitoraggio dell’asma e della disassuefazione tabagica.

Per il dosaggio delle sostanze non volatili organiche contenute nell’aria esalata, l’orizzonte si è solo di recente ampliato grazie all’avvento dell’esalato condensato, costituito per il 99% da vapore acqueo e microgoccioline. Proprio queste ultime agiscono da carriers per questi metaboliti, che tuttavia finiscono per diluirsi dalle 5000 alle 25000 volte rispetto alle concentrazioni nelle vie aeree 4.

L’esalato condensato non è un biomarcatore, bensì una matrice al pari di sangue, urine ed altri liquidi biologici, nella quale possono essere identificati biomarcatori con diverse proprietà chimiche.

Dunque l’esalato condensato non è un biomarcatore, bensì una matrice al pari di sangue, urine ed altri liquidi biologici, nella quale possono essere identificati biomarcatori con diverse proprietà chimiche. Esistono oggi diversi apparecchi per la raccolta dell’EBC disponibili in commercio. I più conosciuti sono l’EcoScreen (Jaeger), RTube (Respiratory Research) e il Turbo decss (Tecnosoluzioni) (Figura 1).

L’attuale interesse per tale metodica ha raggiunto un’importante dimensione internazionale, come testimoniano gli oltre mille dati bibliografici reperibili sui principali motori di ricerca medico-scientifici e sulle più rinomate riviste pneumologiche ed i sempre più numerosi seminari, corsi e simposi che le società scientifiche organizzano sulle indagini non invasive e sull’EBC 5.

Le prime raccomandazioni per la raccolta e la misura dei biomarcatori nell’esalato condensato sono state pubblicate nel 1999 e successivamente nel 2005 dalla task forse sull’EBC dell’American Thoracic Society (ATS)/European Respiratory Society (ERS) 6 7. Restiamo in attesa di un aggiornamento promesso a breve dalla task forse. Nel documento del 2005 a cui si faceva riferimento, sono riportate le principali raccomandazioni sul possibile utilizzo di questa metodica e si evidenziano le zone d’ombra che richiedono ulteriori approfondimenti.

Dieci minuti sono quelli previsti per la raccolta della maggior parte dei mediatori, dal momento che garantiscono il raggiungimento di un volume sufficiente di campione (1-2 ml) e sono ben tollerati dai pazienti. In merito alla conservazione del campione, la task force raccomanda la più bassa temperatura possibile (–70°C), temperatura alla quale è garantita la stabilità di molti mediatori.

La raccolta dell’esalato condensato non influenza la composizione dell’epithelial lining fluid, non causa infiammazione, è ripetibile e non è accompagnata da eventi avversi 8.

Sono molte le problematiche rimaste ancora irrisolte inerenti la riproducibilità della metodica. Al momento, inoltre, non si conosce ancora l’esatta sede di provenienza del condensato esalato né esiste un metodo validato per calcolare il fattore di diluizione del campione. Queste ultime zone d’ombra rendono oltretutto meno facile l’interpretazione dei risultati.

In merito all’esatta origine dei marcatori esaminati, l’ipotesi più plausibile è che se la loro concentrazione risulta flusso-dipendente, è verosimile che essi provengano dalle vie aeree principali, in quanto il flusso è direttamente proporzionale al tempo utilizzato dai mediatori per accumularsi nelle vie aeree. Invece, se la concentrazione appare flusso-indipendente, essi sono di derivazione alveolare. Sono attualmente in fase di progettazione condensatori che permettano la ripartizione dell’esalato proveniente dalle grandi vie da quello proveniente dalle piccole vie aeree come già avviene per l’NO 7.

Sono attualmente in fase di progettazione condensatori che permettano la ripartizione dell’esalato proveniente dalle grandi vie da quello proveniente dalle piccole vie aeree come già avviene per l’NO.

Ma quali sono i marcatori che si possono studiare nell’esalato condensato? In questi ultimi anni si è pensato all’esalato come ad una matrice biologica nella quale poter dosare e monitorare essenzialmente i mediatori dell’infiammazione, quali prostaglandine, leucotrieni, citochine, fattori di crescita, ecc. Successivamente, l’EBC è stato utilizzato anche per il dosaggio e lo studio di mediatori dello stress ossidativo (8-isoprostano, H2O2, nitriti/nitrati), di alcuni metalli (cromo esavalente, rame, alluminio) e del DNA. Al momento nessun gruppo è stato, invece, in grado di estrarre RNA da questo campione (Figura 2).

Tuttavia quando si parla di classificazione dei biomarcatori esalati esiste, ad oggi, una certa confusione dettata dalla diffusione di numerose proposte. Attualmente la più accreditata è la classificazione riportata nel documento dell’ATS/ERS prodotto dalla Task Force sull’EBC che suddivide i marcatori dosabili nell’EBC in tre gruppi: il primo in relazione alla volatilità, il secondo in relazione al peso molecolare ed il terzo in relazione alla natura chimico-fisica 9. Una classificazione più recente viene riportata nella review di Popov del 2011 1 che propone una suddivisione più semplice dei biomarcatori esalati in mediatori dello stress ossidativo, mediatori derivanti dall’ossido nitrico, metaboliti dell’acido arachidonico ed altri quali pH, purine, citochine, ecc.

Tra i vari approcci, nell’ultimo anno si è fatta strada la medicina del lavoro che suggerisce una classificazione basata sulla metodologia molecolare utilizzata per il dosaggio dei marcatori nell’aria esalata: genetica, epigenetica, tossicogenomica, ecc. 10.

Un’ulteriore classificazione che noi intendiamo proporre distingue i marcatori esalati in “classici” e “OMICI”. Fra i marcatori esalati classici sono compresi il pH ed i mediatori solubili; fra gli OMICI quelli identificabili con le nuove tecnologie “omiche” quali la proteomica, la genomica, l’epigenomica, la metabolomica, l’exposomica e la trascrittomica.

Marcatori esalati e patologie respiratorie

La patologia respiratoria nella quale maggiormente sono stati studiati i marcatori esalati è rappresentata sicuramente dall’asma con oltre 400 contributi apparsi su PubMed, seguita dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) (circa 200), dalla fibrosi cistica (circa 80), dalle polmoniti (circa 60), dal tumore del polmone (circa 40) e, più recentemente, dalla sleep apnea con circa 30 bibliografie.

La patologia nella quale maggiormente sono stati studiati i marcatori esalati è rappresentata dall’asma con oltre 400 contributi apparsi su PubMed, seguita dalla (BPCO) (circa 200), dalla fibrosi cistica (circa 80), dalle polmoniti (circa 60), dal tumore del polmone (circa 40) dalla sleep apnea con circa 30.

Qui di seguito abbiamo sintetizzato i principali marcatori esalati analizzati nelle suddette patologie respiratorie riportandoli schematicamente in tabella (Tabelle I e II).

Asma

pH e mediatori solubili

Numerosi gruppi di ricerca hanno valutato il pH nell’EBC di pazienti asmatici. Il pH valutato riflette componenti significative della patofisiologia di questa malattia quali l’infiammazione eosinofilica, il metabolismo del NO e le difese dell’ospite durante le esacerbazioni 11 12.

I pazienti con asma persistente controllato, sia adulti che bambini, hanno un pH più basso rispetto ai controlli sani 13; a loro volta, i soggetti con asma da moderato a severo hanno un pH più basso rispetto a quelli con asma intermittente. È stata, inoltre, dimostrata una significativa riduzione del pH esalato legata alle riacutizzazioni, alla gravità della patologia ed al fumo di sigaretta, una correlazione positiva con il FEV1 ed una tendenza alla normalizzazione in seguito a terapia anti-infiammatoria steroidea 14 15.

Nonostante il grande entusiasmo sollevato per questo marcatore valutabile nell’esalato, la mancanza di una standardizzazione della procedura ne impedisce il suo attuale impiego nell’iter diagnostico-terapeutico dell’asma.

Lo stress ossidativo è notevolmente incrementato nelle vie aeree di soggetti asmatici: cellule infiammatorie quali eosinofili, neutrofili, mastcellule e macrofagi rispondono agli stimoli con un’aumentata produzione di specie reattive dell’ossigeno, tra cui il perossido di idrogeno (H2O2) 16.

La maggior parte degli studi pubblicati hanno dimostrato una concentrazione più elevata di H2O2 nell’EBC di soggetti asmatici non trattati con steroidi rispetto ai pazienti asmatici in trattamento 17. I livelli di perossido di idrogeno sono fortemente influenzati dalla severità della patologia, dall’abitudine tabagica e dalla presenza di sintomi in pazienti non controllati. Una proporzionalità inversa, invece, è stata dimostrata tra i livelli di H2O2 ed i parametri funzionali quali FEV1, PEF e PC20, il che dimostra ulteriormente che il perossido di idrogeno è strettamente legato alla iperreattività bronchiale ed alla broncocostrizione. Ci sono, inoltre, diverse evidenze che correlano il H2O2 all’infiammazione eosinofilica 18.

I limiti di questo marcatore consistono nella scarsità di studi sulla popolazione sana, nella variabilità dei livelli di H2O2 tra i controlli e nella mancanza di standardizzazione della tecnica di misurazione.

Tra i marcatori dello stress ossidativo molto studiati nell’asma ci sono gli isoprostani, composti prostaglandino-simili derivanti dalla perossidazione dell’acido arachidonico catalizzata dai radicali liberi; tra questi, il più dosato nell’EBC è l’8-epi-PGF2a, meglio noto come 8-isoprostano 19. I livelli di 8-isoprostano appaiono raddoppiati nei soggetti con asma lieve ed aumentano ulteriormente nei casi di asma moderato ed asma severo 20. Risultati contrastanti esistono sull’effetto dei corticosteroidi inalatori sulle concentrazioni dell’8-isoprostano esalato 21.

Altri prodotti dello stress ossidativo che possono essere rilevati nell’EBC di pazienti asmatici includono i prodotti reattivi dell’acido tiobarbiturico (TBARs), le aldeidi ed il glutatione 22.

Negli ultimi anni è andato via via crescendo l’interesse per il dosaggio dell’NO esalato nell’asma bronchiale. L’ossido nitrico, oltre ad essere un importante neurotrasmettitore della mucosa bronchiale, gioca un ruolo fondamentale nella regolazione del tono della muscolatura liscia e nella coordinazione delle ciglia vibratili del tratto respiratorio. Dal momento che la misurazione dell’NO in fase gassosa richiede speciali attrezzature costose, la valutazione dei prodotti finali stabili del metabolismo ossidativo del NO (nitriti/nitrati, nitrotirosina, nitrosotioli) in fase liquida nell’EBC potrebbe fornire una valida alternativa per la diagnostica non invasiva 15. L’incremento della concentrazione di questi marcatori è stato descritto nell’esalato condensato di pazienti asmatici, in particolare nei pazienti non in trattamento steroideo e in quelli in fase di esacerbazione 23. Sussistono, però, due limiti importanti di questa diagnostica rappresentati dalla metodica (gli ossidi di azoto sono presenti ovunque in un laboratorio, anche su vetri e pipette, con un elevato rischio di falsi positivi) e dalla riproducibilità della loro misura (ad oggi non ci sono studi che dimostrino un’interscambiabilità tra NO esalato e prodotti del metabolismo dell’NO in fase liquida) 24.

Tra i mediatori solubili ricordiamo, infine, gli eicosanoidi (prostanoidi, leucotrieni ed epossidi), prodotti lipidici, appartenenti alla cascata dell’acido arachidonico, che hanno dimostrato un ruolo rilevante nella patofisiologia dell’asma. Al pari dei precedenti marcatori dell’infiammazione, essi sono risultati significativamente incrementati nell’EBC dei pazienti asmatici rispetto ai controlli sani 25. Tra questi, i cisteinil leucotrieni (cys-LTs) sembrano rappresentare dei marcatori specifici per la diagnosi di asma indotto da aspirina e per la valutazione dell’efficacia della terapia con farmaci antileucotrienici 26.

Marcatori “OMICI”

Recentemente è stato pubblicato uno studio di proteomica applicato all’EBC di 40 bambini, dai sei ai dodici anni, affetti da asma bronchiale che ha evidenziato la presenza di uno specifico pattern di proteine (citokeratina, albumina, actina, emoglobina, lisozima, dermacidina e calgranulina B) che discriminava i soggetti asmatici dai controlli sani 27.

Attualmente le difficoltà tecniche e di standardizzazione che la proteomica prevede ne limitano significativamente gli studi; ciò nonostante c’è da essere ottimisti sulle future implicazioni cliniche e diagnostiche di tale metodica.

Attualmente le difficoltà tecniche e di standardizzazione che la proteomica prevede ne limitano significativamente gli studi; ciò nonostante c’è da essere ottimisti sulle future implicazioni cliniche e diagnostiche di tale metodica 28.

Uno studio analogo è stato condotto qualche anno prima applicando la metabolomica all’EBC di venticinque bambini asmatici di età compresa tra 7 e 15 anni. I campioni analizzati mediante spettroscopia NMR discriminavano i soggetti asmatici dai controlli sani con un tasso di successo pari all’86% mediante l’individuazione di specifici prodotti metabolici acetilati 29. La frontiera che vuole aprire l’analisi metabolomica è quella di fornire profili biochimici di metaboliti endogeni a basso peso molecolare, presenti nei fluidi biologici, che fungano da impronte digitali di specifiche patologie respiratorie 30.

Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)

pH e mediatori solubili

Il pH esalato appare il mediatore più promettente nella diagnostica della broncopneumopatia cronica ostruttiva, in termini di maggior numero di risultati validati e di migliore discriminazione tra soggetti malati e controlli sani. Un sottogruppo di pazienti affetti da BPCO stabile manifesta un pH estremamente acido, che non si osserva nell’asma stabile e che potrebbe identificare un fenotipo distinto di malattia 31. È stata, inoltre, dimostrata una stretta correlazione tra il pH e la neutrofilia dell’espettorato di pazienti affetti da BPCO, mentre esistono risultati contrastanti sulla relazione con il FEV1 32. Non ci sono ancora studi convalidati sull’utilizzo del pH esalato nel monitoraggio delle esacerbazioni.

Risultati interessanti sono stati ottenuti con il dosaggio del Leucotriene B4 (LTB4) e della Prostaglandina E2 (PGE2) che appaiono significativamente incrementati nell’EBC dei soggetti affetti da BPCO rispetto ai controlli sani 33. Il LTB4, inoltre, al pari del pH, correla con la neutrofilia nello sputo mentre, a differenza di quest’ultima, subisce un incremento in concomitanza ad una esacerbazione della malattia 32.

Ulteriori mediatori solubili che presentano concentrazioni maggiori nell’EBC dei pazienti affetti da BPCO rispetto ai controlli sani sono rappresentati dal H2O2, dalle citochine (IL6, IL10 e TNFα), dall’8-isoprostano e dagli ossidi di azoto. L’IL6, inoltre, ha dimostrato una stretta correlazione con il fumo di sigaretta e con il FEV1 34, mentre il perossido di idrogeno correla, oltre che con il FEV1, anche con la neutrofilia nello sputo e con il grado di dispnea 35.

Nuovi studi sono necessari per valutare l’eventuale impiego di questi biomarcatori per la definizione dell’intervento terapeutico.

Marcatori “OMICI”

Nel 2008 è stato condotto uno studio di proteomica applicato all’EBC di venti pazienti affetti da enfisema polmonare associato a deficit di α1-antitripsina, il quale ha permesso di identificare un pannello di citochine e di citocheratine la cui concentrazione risultava maggiore nei pazienti arruolati rispetto ai controlli sani 36. Un ulteriore apporto di questa metodica nella diagnostica della BPCO deriva dalla dimostrazione di una proteina di risposta allo stress ossidativo (UPR) nell’EBC di pazienti fumatori, di rapida insorgenza e parzialmente reversibile dopo disassuefazione tabagica 37.

Dello stesso anno è uno studio di metabolomica che dimostra la capacità della spettroscopia NMR applicata all’EBC di differenziare i soggetti affetti da BPCO da quelli sani 38.

Fibrosi cistica

pH e mediatori solubili

Numerosi marcatori infiammatori e di stress ossidativo (pH, citochine, eicosanoidi, prostanoidi, leucotrieni, isoprostani, nitriti, adenosina) sono stati dosati in questi ultimi anni nell’EBC di pazienti affetti da fibrosi cistica 7. Un grande interesse è tuttavia oggi rivolto al dosaggio contemporaneo di numerosi marcatori grazie all’impiego di tecnologie avanzate (multiplex immunoassay e multi parametric biochip array). Un esempio in tal senso è rappresentato dal recente studio di Colombo e colleghi nel quale sono stati misurati venti biomarcatori solubili (citochine e fattori di crescita) nell’espettorato indotto e nell’EBC di 24 pazienti affetti da fibrosi cistica valutandone la risposta al trattamento terapeutico e le variazioni in fase di riacutizzazione. Sebbene alcuni marcatori abbiano manifestato una correlazione significativa con il FEV1 e con la proteina C-reattiva, per nessuno è stata evidenziata una valenza clinica 39.

Marcatori “OMICI”

Recentemente è stato condotto uno studio di metabolomica su EBC di pazienti affetti da fibrosi cistica che ha dimostrato la validità di questa metodica nella diagnostica di fibrosi cistica stabile e non 40.

Polmoniti

Sebbene interessanti risultati siano stati riportati relativamente al dosaggio di numerosi marcatori infiammatori e di stress ossidativo nell’EBC di pazienti affetti da polmoniti comunitarie e nosocomiali 7, una prospettiva molto allettante, soprattutto in ambito pediatrico, riguarda la ricerca e diagnostica delle infezioni polmonari organismo-specifiche nell’EBC. I primi studi in tal senso sono stati rivolti alla ricerca delle infezioni da Bacillo di Koch e da Pseudomonas aeruginosa. Tuttavia, lo studio infettivologico dell’EBC ai fini della diagnosi e del monitoraggio delle infezioni delle basse vie respiratorie non ha prodotto fino ad ora risultati incoraggianti: la contaminazione ambientale e la colonizzazione di saprofiti e patogeni nelle vie aeree superiori necessitano di un attento esame per la progettazione di studi futuri 41.

Tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC)

pH e mediatori solubili

Sul dosaggio di marcatori solubili nell’EBC di pazienti affetti da tumore del polmone esistono isolati contributi. Tra i marcatori oggetto di studio compaiono alcune citochine/chemochine (CCL-28, CXCL1, CCL23, LTB-4, IL-8, IL-6), la ciclossogenasi-1 (COX-1), marcatori di stress ossidativo (H2O2, 8-isoprostano), marcatori di neoangiogenesi (VEGF, βFGF, angiogenina, endotelina-1), marcatori di esposizione (cromo), marcatori di progressione e con significato prognostico (MMP-9, survivina, SOD e ferritina) 42. Tutti i suddetti marcatori sono risultati presenti in concentrazioni elevate nei soggetti affetti da NSCLC rispetto ai soggetti sani. La maggior parte di questi marcatori correlava, inoltre, con l’abitudine tabagica e con la progressione della malattia 43.

Marcatori “OMICI”

In questi ultimi anni, si sta diffondendo un grande interesse per lo studio proteomico dell’esalato condensato di soggetti a rischio oncologico (fumatori) per le grandi potenzialità che questo avrebbe in tema di diagnosi precoce non invasiva. Tuttavia i risultati discordanti generano una certa confusione a riguardo: ad un primo studio di proteomica nel quale sono state identificate elevate concentrazioni di cheratina nell’EBC di soggetti fumatori 44, ne è seguito uno effettuato sull’EBC di soggetti non fumatori, nei quali è stata, comunque, identificata un’ampia varietà di cheratine e non cheratine 45.

Più numerosi sono i contributi sui marcatori genomici. Il primo studio a tal riguardo risale al 2004: esso identificava nell’EBC di pazienti con NSCLC la presenza di mutazioni del gene p53 46. Altre mutazioni sono state in seguito analizzate nell’EBC di pazienti affetti da tumore del polmone fra cui le mutazioni dell’EGFR e del K-ras e le alterazioni dei microsatelliti localizzati sul braccio corto del cromosoma 3 e sul braccio lungo del cromosoma 19, entrambe già note per il loro coinvolgimento nella cancerogenesi polmonare 47.

L’ultima frontiera della genomica si apre sulla recente teoria virale oncologica: è stata nel 2011 dimostrata la presenza di DNA dei genotipi più cancerogeni del virus HPV nell’EBC di pazienti affetti da NSCLC dimostrando grandi potenzialità cliniche per lo studio di virus oncogeni in questo campione ottenuto in modo non invasivo 48.

Un recente studio dimostra che è possibile studiare nell’EBC anche un marcatore epigenomico, ovvero la metilazione aberrante: l’autore dimostra la presenza di un’alterata metilazione dei promoter dei geni DAPPK, RASSF-1a, PAXs 5 nell’EBC di pazienti con NSCLC, alterazione che correla sia con la malattia sia con l’abitudine tabagica 49.

Sleep apnea

pH e mediatori solubili

La patogenesi dell’OSAS si riflette in pieno nei risultati di recenti studi sui biomarcatori esalati che evidenziano un aumento dell’infiammazione delle vie aeree (acidificazione del pH esalato, incremento delle concentrazioni di LTB4, del TNF-α, dell’IL-6 nell’EBC) e dello stress ossidativo nei pazienti affetti da questa patologia (incremento delle concentrazioni dellH2O2, dell’8-isoprostano e degli ossidi di azoto nell’EBC). Gran parte di tali studi hanno, inoltre, monitorato tali marcatori, dimostrando un aumento delle loro concentrazioni al risveglio e una loro riduzione in seguito ad utilizzo di trattamento ventilatorio con CPAP 50.

Marcatori “OMICI”

Grandi aspettative sono riposte nella potenzialità di proteomica, genomica e metabolomica applicati all’esalato condensato dei pazienti affetti da sleep apnea. Ad oggi, tuttavia, non esistono ancora studi in questa direzione.

Conclusione

Nonostante il grande interesse per l’esalato condensato negli ultimi anni abbia condotto all’ottimizzazione della tecnica, all’ampliamento della diagnostica ed all’apertura di nuove frontiere, quali l’applicazione delle tecnologie “omiche”, al momento purtroppo l’impiego di questa matrice non invasiva rimane ancora confinato esclusivamente alla ricerca scientifica.

Nonostante il grande interesse per l’esalato condensato abbia condotto all’ottimizzazione della tecnica, all’ampliamento della diagnostica ed all’apertura di nuove frontiere, al momento l’impiego di questa matrice non invasiva rimane ancora confinato esclusivamente alla ricerca scientifica.

Il nostro augurio è che presto, come è già stato per gli eosinofili nell’espettorato indotto prima e per l’ossido nitrico esalato più tardi, anche l’esalato condensato possa presto trovare impiego nella pratica clinica pneumologica ed essere inserito nelle linee guida internazionali per la gestione delle principali patologie respiratorie.

Figure e tabelle

Figura 1.EcoScreen (Jaeger).

Figura 2.Impatto medico-scientifico dei biomarcatori esalati aggiornati al 2012.

Asma BPCO/FUMO NSCLC POLMONITE FC OSAS
pH X X X X X X
Isoprostani X X X X X X
Leucotrieni X X X X X X
Eicosanoidi/Prostanoidi X X X X X ?
H2O2 X X X X X X
Citochine/Fattori di crescita X X X X X X
Nitriti/nitrati X X X X X X
Adenosina/Glutatione/aldeidi X X ? ? X ?
Elettroliti X X X ? X ?
Tabella I.Marcatori solubili esalati, pH e patologie respiratorie.
Asma BPCO/FUMO NSCLC POLMONITE FC OSAS
Proteomica X X X ? ? ?
Genomica ? ? X ? ? ?
Epigenomica ? ? X ? ? ?
Metabolomica X X ? ? X ?
Exposomica ? ? ? ? ? ?
Trascrittomica ? ? ? ? ? ?
Tabella II.Marcatori “omici” esalati e patologie respiratorie.

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Affiliazioni

Giovanna Elisiana Carpagnano

Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.

Giulia Scioscia

Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.

Donato Lacedonia

Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.

Maria Pia Foschino Barbaro

Istituto di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia.

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2014

Come citare

Carpagnano, G. E., Scioscia, G., Lacedonia, D., & Foschino Barbaro, M. P. (2014). Esalato condensato e patologie dell’apparato respiratorio. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 29(5), 254-261. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2014-29-58
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