Correva l’anno 2013
Pubblicato: 2014-04-15

Patologie Infettive Respiratorie e Tubercolosi

UOSC di Pneumologia-Endoscopia Bronchiale Diagnostica ed Interventistica, A.O.R.N. “A. Cardarelli”, Napoli

Articolo

Cosa ci ha portato questo 2013 nel campo della infettivologia respiratoria?

Molto da un punto di vista diagnostico, epidemiologico e di consumo di risorse: abbiamo la certezza che le polmoniti sono una delle maggiori cause di morte tra tutte le patologie infettive ed impegnano enormi risorse sia a domicilio del paziente sia nei pazienti ricoverati, che la tubercolosi, spesso multiresistente, pur essendo causa di oltre 400.000 nuovi casi/anno con oltre 40.000 morti in Europa, riceve un apporto di risorse economiche spesso osteggiato dalle autorità nazionali e che, merito delle moderne tecnologie diagnostiche e di immagine, si sono potute identificare particolari patologie con importanti implicazioni in campo infettivologico come le bronchiectasie nei pazienti non Fibrosi Cistica (NFCB).

Poco da un punto di vista farmacologico e procedurale: pochi sono i farmaci antibatterici entrati a far parte della nostra batteria terapeutica nel 2013, mentre è sempre più opprimente il ruolo dei batteri multiresistenti con ripercussioni sulla gestione domiciliare ed ospedaliera di molti pazienti anziani e con comorbilità che generano, a fronte di un eccessivo consumo di risorse a tutti i livelli, pessimi o deludenti risultati con alti tassi di mortalità nonostante prolungate ospedalizzazioni.

Sono proprio questi aspetti particolari come gli “outcome” in determinate classi di popolazione e la consapevolezza di nuovi scenari diagnostico/terapeutici che, credo, debbano essere attentamente presi in considerazione al giorno d’oggi per gestire al meglio con le attuali (poche) risorse disponibili i nostri pazienti.

Inizio con un articolo di Arnold et al. 1 che ha come obiettivo di determinare se il sesso femminile sia associato ad un migliore “outcome” clinico in pazienti ospedalizzati per CAP. Trattasi di uno studio retrospettivo internazionale con dati provenienti da 80 ospedali relativi ad un arco di tempo di un decennio circa (2001-2011) riguardanti 6718 pazienti (2665 donne, 4035 maschi) con diagnosi clinica e radiologica di CAP.

Questo studio mostra che il sesso femminile è un fattore indipendente di “outcome” clinici nella CAP ed in particolare (sorpresa!): i pazienti donna avevano un tempo di stabilizzazione clinica maggiore rispetto agli uomini con una mortalità in ospedale ed a 28 giorni più alta rispetto alla popolazione maschile e questo a parità di comorbilità e di severità della malattia. Questo sorprendente riscontro porta a due considerazioni di ordine pratico e procedurale: 1) rivedere il concetto, fino ad ora dominante nell’immaginario comune, che il sesso femminile sia a più basso rischio rispetto ad una popolazione maschile con CAP; 2) rivedere attentamente la congruità di alcuni score di rischio (PSI-CRB65) e correggerli per la differenza di rischio tra i due sessi in modo da giudicare come congrua una ospedalizzazione nelle donne anche se con uno score più basso rispetto agli uomini.

L’obesità è un problema in crescita in tutto il mondo. Nel 2005 la WHO ha calcolato che nel mondo erano presenti oltre 1.6 miliardi di persone con sovrappeso e circa 400 milioni di obesi. È stato dimostrato che l’obesità è un fattore indipendente di rischio per tutte le cause di mortalità e per lo sviluppo di molte infezioni. L’obeso ha una funzione respiratoria alterata e questo fattore, associato all’aumentato rischio di infezioni, porterebbe a pensare che l’obeso sia maggiormente predisposto all’insorgenza di polmoniti con una maggiore morbilità e mortalità.

King et al. 2 hanno cercato di confermare questa ipotesi “a priori” in uno studio retrospettivo che ha riguardato i dati sanitari tratti da un database del “Veteran Affairs Department” (centro di assistenza per ex combattenti) relativi ad una coorte di 18.746 pazienti ospedalizzati con una diagnosi alla dimissione di polmonite. Gli “outcomes” misurati sono stati: mortalità in ospedale dopo dimissione, ammissione in un reparto di terapia intensiva ed uso di ventilazione meccanica. Anche in questo caso i risultati emersi sono a dir poco sorprendenti: gli obesi avevano una mortalità a 90 giorni più bassa oltre a non risultare a maggior rischio per eventi avversi dopo una ospedalizzazione per polmonite. Al contrario si dimostrava, incidentalmente, che pazienti sottopeso non solo presentavano una mortalità più alta a 90 giorni ma anche maggiore frequenza di ricovero in ICU e di indicazione alla ventilazione meccanica. In verità anche altri studi avevano indicato questo “paradosso” che viene interpretato dai nostri autori come una ridotta risposta, del paziente obeso, alla infiammazione locale e sistemica indotta dal processo infettivo con relativo minor danno dell’epitelio alveolare.

Infine volevo soffermarmi su una patologia fino a pochi anni fa relegata tra le “malattie orfane”: le bronchiectasie nei pazienti non Fibrosi Cistica (NFCB). Negli ultimi anni, con l’introduzione della tomografia assiale computerizzata ad alta risoluzione (HRCT), vi è stato un rinnovato interesse nello studio dei pazienti adulti affetti da NFCB. Questi pazienti presentano una morbilità legata non solo ad infezioni da germi Gram-negativi (P. Aeruginosa) e Gram positivi (S. Pneumoniae e S. aureus meticillino-resistente) ma anche, in particolare nei soggetti con BPCO, ad infezioni persistenti da micobatteri atipici (TNM).

Il management di questi pazienti, ben descritto nella “concise clinical review” di Pamela J. McShane 3, richiede un approccio diagnostico-terapeutico multimodale ed in particolare: attento studio della “clearance” delle vie aeree, riduzione della infezione cronica e della infiammazione cronica e pronto trattamento delle riacutizzazioni. Le armi a nostra disposizione sono: alcuni antibiotici soprattutto per via inalatoria (tobramicina, colistina, gentamicina), l’uso dei macrolidi (azitromicina, eritromicina) con l’intento di sfruttare i loro effetti immunomodulatori sulla risposta infiammatoria in tutt’uno con l’uso di broncodilatatori per via inalatoria (a breve durata d’azione) e di una valida riabilitazione respiratoria.

Riferimenti bibliografici

  1. Forest WA, Wiemken TL, Peyrani P, for the Community Acquired Pneumonia Organization (CAPO) Study Group. Outcomes in females hospitalised with community-acquired pneumonia are worse than in males. Eur Respir J. 2013; 41:1135-40.
  2. King P, Mortensen EM, Bollinger M. Impact of obesity on outcomes for patients hospitalised with pneumonia. Eur Respir J. 2013; 41:929-93.
  3. McShane PJ, Naureckas ET, Tino G. Non-cystic fibrosis bronchiectasis. Am J Respir Crit Care Med. 2013; 188:647-56.

Affiliazioni

Bruno del Prato

UOSC di Pneumologia-Endoscopia Bronchiale Diagnostica ed Interventistica, A.O.R.N. “A. Cardarelli”, Napoli

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2014

Come citare

del Prato, B. (2014). Patologie Infettive Respiratorie e Tubercolosi. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 29(2), 77-78. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2014-29-23
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