Serie - "Diagnosi e trattamento del carcinoma polmonare"
Pubblicato: 2022-04-29

Assistenza respiratoria non invasiva nel paziente con neoplasia polmonare avanzata

UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo
UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo
UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo
insufficienza respiratoria acuta tumore polmonare ventilazione non invasiva alti flussi nasali riscaldati e umidificati intubazione tracheale

Abstract

L’insufficienza respiratoria acuta (IRA), è la complicanza più frequente nei pazienti con tumore maligno polmonare in fase avanzata come conseguenza dell’estensione della malattia neoplastica stessa e/o degli effetti tossici del suo trattamento – inclusi gli eventi infettivi broncopolmonari, le polmoniti immunorelate – e/o dello scompenso delle comorbilità cardiopolmonari. I supporti respiratori non invasivi (SRNI) erogabili tramite ventilazione non invasiva (non-invasive ventilation, NIV) e/o ossigeno ad alti flussi riscaldati e umidificati (High Flow Oxygen Therapy, HFOT) hanno l’obiettivo di migliorare gli scambi gassosi e ridurre il lavoro dei muscoli respiratori, potendo prevenire il ricorso all’intubazione endotracheale (IET) e alla ventilazione meccanica invasiva (VMI) e le possibili complicanze soprattutto di natura infettive a cui sono particolarmente esposti i pazienti oncologici. Scopo di questo lavoro è di riportare il razionale fisiopatologico e i dati presenti in letteratura per l’impiego della assistenza respiratoria non-invasiva nell’IRA complicante i tumori polmonari in 3 diversi scenari clinici: assenza di limitazioni di cure con possibile escalation a intubazione endotracheale (IET), trattamento tetto massimale, trattamento con solo finalità palliative.

Introduzione

Il cancro del polmone rappresenta il secondo tumore maligno più frequentemente diagnosticato e la principale causa di mortalità correlata al cancro in tutto il mondo 1. Nonostante i progressi terapeutici, la sopravvivenza globale a lungo termine rimane scarsa, in particolare nei pazienti con tumori metastatici. L’insufficienza respiratoria acuta (IRA) rappresenta una condizione clinica a rischio per i pazienti oncologici solitamente associata a una prognosi sfavorevole 2. Uno studio precedente ha dimostrato che il 16% circa di tutti i ricoveri per patologia oncologica in unità di terapia intensiva (UTI) è correlato alla presenza di cancro del polmone 3. Le cause alla base dell’IRA e dell’ammissione in UTI del paziente affetto da neoplasia polmonare includono condizioni spesso multifattoriali secondarie a infezioni, riacutizzazioni delle comorbilità sottostanti, polmonite da aspirazione, malattia tromboembolica, edema polmonare cardiogeno, edema polmonare non cardiogeno da sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), progressione della malattia oncologica, complicanze della terapia antineoplastica (tossicità polmonare) e della radioterapia (polmonite da radiazioni) 4. Tuttavia, la causa più comune di insufficienza respiratoria acuta rimane la sepsi e la polmonite 4-6 mentre la principale disfunzione d’organo è presente soprattutto negli stati avanzati di malattia neoplastica polmonare. Alcuni studi hanno dimostrato inoltre che lo stato di malnutrizione/cachessia, sia in grado di diminuire la forza dei muscoli respiratori e la conseguente risposta ventilatoria all’ipossia 7-9 alterando le difese dell’ospite e predisponendo il paziente allo sviluppo di polmoniti nosocomiali, che pongono un carico aggiuntivo sul sistema respiratorio 7.

La mortalità complessiva dei pazienti affetti da neoplasia polmonare e ricoverati in UTI risulta tra il 40% e il 55% 10,11, questo dato aumenta sostanzialmente fino a oltre il 70% in quei pazienti che sviluppano IRA necessitante ventilazione meccanica invasiva (VMI) 2,10,12 suggerendo che tali pazienti non dovrebbero essere sottoposti routinariamente a una gestione aggressiva che preveda l’intubazione endotracheale (IET) e la conseguente VMI per il rischio soprattutto di complicanze infettive e difficile o prolungato weaning dalla protesi ventilatoria.

Tuttavia, negli ultimi decenni diversi studi hanno dimostrato che alla progressiva evoluzione della medicina critica si sia associato un miglioramento degli outcome clinici dei pazienti affetti da tumore polmonare ricoverati in UTI; la maggior parte di questi dati risulta da studi monocentrici e retroprospettici 6,11,13-16. In particolare, uno studio di coorte includente 49.373 pazienti affetti da neoplasia polmonare e ricoverati in UTI segnala un tasso di sopravvivenza complessivo pari al 76% e del 35% a 6 mesi dalla dimissione, mentre conferma un’aumentata mortalità correlata all’uso della ventilazione meccanica 17.

Uno dei motivi del miglioramento del tasso di sopravvivenza è correlabile in buona parte a un maggiore utilizzo delle UTI per la gestione delle complicanze legate alla neoplasia e alla possibilità di intraprendere un trattamento mirato 18. Roques et al. 11 riportano che il 68% dei pazienti sopravvissuti avevano ricevuto durante la degenza un trattamento specifico per il tumore sottostante con una sopravvivenza a 6 mesi del 79% contro il 21% di coloro che non avevano ricevuto nessuna terapia antitumorale.

È difficile stabilire le ragioni specifiche del miglioramento registrato negli ultimi decenni dell’outcome dei pazienti con tumore del polmone e IRA ricoverati in UTI; l’analisi della letteratura suggerisce che la riduzione progressiva dei tassi di mortalità possa essere correlata non solo ai progressi nella terapia sistemica anti-tumorale ma anche all’utilizzo diffuso dei supporti respiratori non invasivi (SRNI) nelle fasi di scompenso respiratorio e all’applicazione di strategie di ventilazione protettiva nei pazienti intubati e ventilati invasivamente. I supporti respiratori non invasivi (SRNI) erogabili tramite ventilazione non invasiva (non-invasive ventilation, NIV) e/o ossigeno ad alti flussi riscaldati e umidificati (High Flow Oxygen Therapy, HFOT) costituiscono trattamenti di prima scelta in un ampio spettro di pattern fisiopatologici e clinici di IRA; hanno l’obiettivo di migliorare gli scambi gassosi e ridurre il lavoro dei muscoli respiratori, allo scopo di prevenire il ricorso all’intubazione endotracheale (IET) e alla VMI con le possibili complicanze soprattutto di natura infettive a cui sono particolarmente esposti i pazienti oncologici.

Numerose e più forti evidenze in tal senso provengono da studi su pazienti onco-ematologici con IRA e necessità di supporto respiratorio in cui l’uso precoce della NIV ha comportato un miglioramento degli scambi respiratori, una diminuzione della dispnea, un minore ricorso alla VMI e tassi di mortalità complessivamente inferiori 19-26. Nei pazienti con tumori solidi come quello polmonare, lo stato di immunodepressione legato alle terapie mediche sistemiche e/o allo stadio avanzato di malattia, può essere comparabile a quello dei pazienti onco-ematologici.

L’uso della assistenza respiratoria non invasiva per i pazienti oncologici con IRA può rientrare sostanzialmente in tre diverse categorie sulla base della potenziale reversibilità del trigger dell’evento acuto, delle scelte decisionali del paziente, delle sue condizioni cliniche generali, della prognosi della patologia neoplastica di base e idealmente condivise nel contesto di un team mutidisciplinare di cura con expertise delle metodiche di SRNI e della patologia di base: 1) SRNI e in particolare la NIV come “supporto vitale” senza limitazioni nei confronti di escalation a VMI e a metodiche di supporto di organi extrapolmonari (es. tecniche di rimozione e depurazione renale); 2) SRNI come “trattamento tetto” per i pazienti che rifiutano l’IET; 3) SRNI come trattamento “palliativo” per i pazienti che desiderano o in cui sia indicato ricevere solo misure di controllo dei sintomi e/o di fine vita. Scopo di questo lavoro è di riportare il razionale fisiopatologico i dati presenti in letteratura per l’impiego della assistenza respiratoria non-invasiva nell’IRA complicante i tumori polmonari

Metodologia della ricerca bibliografica

La ricerca bibliografica per il presente manoscritto è stata condotta tramite i database di PubMed National Library, Embase e Google Scholar Beta, utilizzando le parole chiave rappresentate da “high flow oxygen therapy, non invasive ventilation, lung cancer, palliazione, mechanical ventilation, oxygen therapy, acute respiratory failure”. La ricerca si è focalizzata sia su riviste pubblicate in lingua italiana che in inglese, senza alcun limite sul tipo di pubblicazione.

Fisiopatologia dell’insufficienza respiratoria nel paziente con tumore polmonare

L’approccio terapeutico dell’IRA richiede essenzialmente la risoluzione dei meccanismi sottostanti lo scompenso respiratorio e il supporto della funzione respiratoria per garantire la correzione dell’ipossiemia e/o dell’ipercapnia. Si definisce infatti IRA una serie di entità cliniche caratterizzate dalla perdita della capacità di ventilare adeguatamente e/o di fornire ossigeno sufficiente al sangue e agli organi sistemici, con conseguente inadeguata risposta metabolica dell’organismo nel fornire un’adeguata ossigenazione del sangue (ipossiemia) e/o l’eliminazione della CO2 (ipercapnia). Nel paziente affetto da neoplasia polmonare l’IRA può derivare sia da un coinvolgimento polmonare diretto da parte della neoplasia (infezione opportunistica, tossicità polmonare indotta dalla terapia, embolia polmonare, complicanze postoperatorie ed emorragia alveolare diffusa) o può essere causata da riacutizzazioni di malattie preesistenti come la broncopneumopatia ostruttiva cronica (BPCO) o l’insufficienza cardiaca congestizia.

La prognosi dell’IRA nel paziente oncologico polmonare dipende dalla potenzialità di poter trattare i fattori causali oltre che a supportare la funzione respiratoria. Alcune eziologie come la sepsi batterica, l’edema polmonare cardiogeno, la riacutizzazione di BPCO hanno una prognosi migliore di altre 27.

L’approccio fisiopatologico e terapeutico si correla quindi al tipo di IRA, fondamentalmente riconosciamo quattro tipi di IRA, quella di tipo I o ipossiemica che di solito si osserva in pazienti con danno primitivo polmonare.

L’IRA tipo II o ipercapnica che si osserva in pazienti con un aumento del lavoro respiratorio (dovuto all’ostruzione delle vie aeree o alla ridotta compliance del sistema respiratorio), ridotta forza dei muscoli respiratori e/o alterazione del drive centrale.

Il tipo III (peri-operatoria) è quella associata a complicanze peri e post-operatorie, mentre l’IRA di tipo IV è secondaria a instabilità cardiovascolare ed è generalmente correlata a stati di sepsi/shock settico.

Nei pazienti con neoplasia polmonare IRA può svilupparsi come conseguenza di forme isolate o combinata, con conseguente disfunzione fisiopatologica complessa.

Nei pazienti ipossiemici (IRA tipo I/IV) lo scopo del trattamento è quello di aumentare il contenuto di ossigeno alveolare incrementando la frazione inspirata di ossigeno (FiO2); generalmente l’approccio terapeutico basale è l’ossigenoterapia convenzionale (COT) dai sistemi a basso flusso (cannule nasali) fino ad alti flussi semplici (maschere Venturi, reservoir); un’ipossiemia più severa può essere corretta con una progressiva escalation anche sequenziale o alternata con la HFOT e COT, fino a fornire una pressione positiva continua nella vie aeree (CPAP in maschera o Casco) soprattutto nei casi in cui sia necessario migliorare il reclutamento alveolare con conseguente beneficio in termini di rapporto ventilo-perfusivo (es. polmoniti, edema polmonare cardiogeno).

La correzione dell’ipercapnia richiede invece un aumento della ventilazione alveolare e una riduzione del carico dei muscoli respiratori (aspetto importante soprattutto nei pazienti con deficit di pompa muscolare legato a carico resistivo da evento acuto in stato avanzato di malattia e malnutrizione) mediante la NIV che, a differenza della CPAP, eroga due diversi livelli di pressione sia nell’inspirazione che nell’espirazione.

La probabilità di successo della NIV dipende dal pattern fisiopatologico della IRA come riportato da numerosi studi e dalle recenti linee guida europee sulla NIV 27, essendo maggiore nell’IRA ipercapnica rispetto all’ipossiemica o alla cosiddetta IRA “de novo”. Le evidenze attuali inoltre suggeriscono inoltre che la NIV deve essere usata con cautela nell’IRA de novo e ipossiemica a causa del rischio di danno polmonare indotto da elevati volumi correnti promossi dal supporto pressorio inaproppriato (VILI) con conseguente aumento della pressione transpolmonare e potenziale peggioramento del danno polmonare preesistente 28,27. Nell’IRA ipossiemica una metodica emergente è rappresentata sicuramente dalla HFOT, numerosi studi hanno mostrato rispetto alla COT effetti benefici soprattutto in termini di riduzione della frequenza respiratoria, miglioramento del comfort e dello stato di ossigenazione 29,30; inoltre alcuni dei meccanismi alla base degli effetti degli alti flussi (wash-out dello spazio morto naso-faringeo, riduzione delle resistenze del naso-faringe, generazione di una modesta PEEP) hanno stimolato l’uso della HFOT anche in scenari clinici diversi dall’IRA ipossiemica e come terapia integrata con la NIV. Questa metodica trova sostanzialmente utilizzo nella pratica clinica nei pazienti affetti da IRA con alta domanda inspiratoria e richiede minori competenze tecniche e carico di lavoro infermieristico rispetto alla NIV e alla CPAP. Nella Tabella I viene riportato una serie di potenziali vantaggi della HFOT rispetto all’applicazione della Pressione positiva (NIV o CPAP) e dell’ossigenoterapia convenzionale.

Uso clinico dei SRNI nei pazienti con tumore polmonare

Impiego dei Supporti Respiratori non invasivi nei pazienti senza limitazioni di cure

Le prove a favore dell’utilizzo dei SRNI e in particolare della NIV nell’IRA da cause reversibili nei pazienti con tumori solidi e nello specifico, nei pazienti con neoplasia polmonare maligna, sono a oggi ancora controverse. I dati disponibili in letteratura sono limitati e provengono nella maggior parti da studi retrospettivi. Alcuni studi hanno dimostrato che la NIV risulta un trattamento efficace per l’IRA nei pazienti oncologici ricoverati in UTI e senza limitazioni di cure, specialmente quando la causa dell’IRA è l’edema polmonare cardiogeno 26,31. L’identificazione di fattori di rischio (indici di gravità clinica elevati all’ingresso in UTI, infezioni gravi, sepsi, uso di vasopressori) e uno stretto monitoraggio in corso di supporto ventilatorio sono fondamentali per valutare la probabilità di fallimento della NIV e la necessità di una eventuale rapida escalation verso un trattamento ventilatorio invasivo 26,31 qualora sussista la possibilità di una causa potenzialmente curabile/reversibile. Esiste nella pratica clinica un dilemma decisionale per i pazienti oncologici ammessi in cure intensive inizialmente trattati con NIV che vanno incontro a peggioramento clinico, l’escalation all’approccio invasivo respiratorio non deve in questi casi essere considerato né un trattamento “futile” né una “scelta ritardata”, il team di cura dovrebbe pesare ed escludere la refrattarietà/irreversibilità del peggioramento e condividere la scelta in un contesto multidisciplinare.

Tra gli studi che mostrano l’efficacia della NIV come strategia di supporto respiratorio nei pazienti con tumore polmonare con IRA troviamo un lavoro retrospettivo di Derya Kızılgöz et al. 32 condotto su 42 pazienti ricoverati in UTI per IRA che hanno ricevuto la NIV come trattamento di prima linea tra il 2014 al 2018. Le cause principali di IRA erano rispettivamente polmonite (48% dei casi) e riacutizzazione di BPCO (50% dei casi). Tra l’intera popolazione studiata solamente 7 pazienti sono andati incontro VMI e 1 a tracheostomia. La percentuale di dimessi è stata del 71% dimostrando l’efficacia della NIV in termini di sopravvivenza e in termini di riduzione dell’utilizzo di tecniche di supporto respiratorio invasivo.

Uno studio cinese 33 osservazionale retrospettivo, condotto su 58 pazienti con tumore polmonare ricoverati presso il reparto di UTI di Taiwan, tra il 2005 e il 2010, mostra che il tasso di mortalità (al 28° giorno di ricovero) era del 39,7%. Nonostante tra i 35 pazienti vi siano 5 casi trattati con VMI e 1 con tracheostomia in seguito a fallimento della NIV, più della metà dei casi ha ottenuto beneficio dal trattamento ventilatorio non invasivo in termini di sopravvivenza e di ritardo e/o evasione nel ricorso alla VMI.

In uno studio retrospettivo condotto su 40 pazienti oncologici (28 con tumori solidi di cui 19 con tumore del polmone e 12 con neoplasie ematologiche) Meert et al. 34 hanno valutato l’utilità e l’efficacia della NIV, intesa come tasso di sopravvivenza in UTI e in Ospedale. Le principali cause che hanno reso necessario il ricovero sono state polmonite e insufficienza respiratoria ipercapnica (rispettivamente 32,5% e 30%). La sopravvivenza in UTI e in ospedale è stata rispettivamente pari al 57,5% e al 42,5%. Tra i 10 pazienti (25%) che hanno richiesto la VMI dopo fallimento della NIV, solo 1 è stato dimesso dall’ospedale. Riguardo il tipo di malattie oncologica di base, dallo studio è emerso un tasso di sopravvivenza più elevato sia UTI che in ospedale per i pazienti con tumore solido rispetto a coloro con emolinfopatie maligne (64% e 50% vs 42% e 25%), attribuendo quindi alla NIV un ruolo di rilievo non solo nel paziente oncoematolgico, dove le evidenze in letteratura sono più consistenti, ma anche nei pazienti con tumori solidi tra cui anche quello polmonare.

Uno studio italiano, multicentrico e retroprospettico, ha analizzato per la prima volta l’utilizzo precoce della NIV in 23 pazienti con neoplasie solide in fase avanzata che venivano ricoverati prevalentemente in UTI o in terapia intensiva respiratoria per insufficienza respiratoria acuta ipossiemica o ipercapnica 35. La maggior parte dei pazienti ricoverati (56%) era affetto da cancro polmonare in fase avanzata (stadio IIIB-IV) e la causa principale di IRA era la riacutizzazione della patologia respiratoria di base o la polmonite. L’applicazione precoce della NIV è stata in grado di migliorare significativamente la dispnea (Borg dyspnoea score da 5,5 ± 1,2 a 2,3 ± 0,3) e lo stato di ossigenazione (PaO2/FiO2 154 ± 48 a 187 ± 55); mentre il pH solo nel sottogruppo dei pazienti ipercapnici.Tredici pazienti (57%) sono stati trattati con la NIV e dimessi a domicilio, mentre i rimanenti (43%) presentavano i criteri per una immediata intubazione o sono deceduti dopo un’iniziale trattamento con NIV. Nel gruppo dei pazienti intubati la mortalità era elevata (pari al 90%). Questo studio ha dimostrato sostanzialmente che l’applicazione precoce della NIV in un sottogruppo di pazienti con cancro in fase avanzata, affetti da IRA da potenziale causa reversibile, sia un trattamento efficace e con una sopravvivenza ospedaliera relativamente alta a breve termine (50%). Un’altra riflessione importante che traspare dall’analisi di questo studio è il setting di applicazione della NIV e dei SRNI nei pazienti oncologici, queste tecniche non sono estese nei dipartimenti oncologici; i dati della letteratura confermano che le chiavi di successo dell’applicazione dei SRNI sono strettamente dipendenti dall’expertice del team, dalla precocità dell’intervento e dalla giusta selezione del paziente.

In uno studio preliminare caso controllo 36 eseguito su una popolazione di 94 pazienti con neoplasie maligne (ematologiche 37 e solidi 57 dei quali 25 con tumore del polmone) ricoverati in UTI, sono stati confrontati 47 pazienti trattati con NIV e 47 trattati con VMI “accoppiati” considerando 5 variabili (tipo di tumore, leucopenia, trapianto allogenico di midollo osseo, punteggio SAPS II e cause che hanno reso necessario il ricorso della ventilazione). I risultati hanno mostrato che il trattamento con NIV ha una prognosi migliore anche nel sottogruppo di pazienti con tumore del polmone sia in termini di sopravvivenza (i pazienti dimessi vivi dall’ospedale erano maggiori nel gruppo NIV piuttosto che nel gruppo VMI, 69% vs 28% e 58% vs 21% rispettivamente) che in termini di durata della ventilazione (3 vs 10 giorni) e ricovero in UTI (9 vs 16 giorni). Per quanto non esente da limitazioni in quanto si tratta di uno studio preliminare emerge la superiorità della NIV rispetto alla VMI soprattutto nel ridurre i tempi di durata della ventilazione e di permanenza in UTI.

NIV come terapia “tetto”

Il ruolo della NIV nei pazienti per i quali esistono “limitazioni delle tecniche di supporto respiratorio invasivo” non è chiaro. Tuttavia, sembra essere un’opzione interessante supportare tali pazienti con IRA per diversi motivi, quali la riduzione della dispnea con preservata autonomia, comunicazione verbale e alimentazione del paziente. Solo pochi studi hanno valutato il ruolo della NIV nei pazienti con tumori solidi che hanno rifiutato l’intubazione. Tra questi: uno studio retrospettivo di coorte 37, ha indagato il ruolo della NIV in 18 pazienti oncologici (17 con tumori solidi, tra questi 12 con tumore del polmone e 1 con neoplasia ematologica) con indicazione a limitazione delle tecniche di supporto vitale – intese come IET, VMI, emodialisi e rianimazione cardiopolmonare – che accedevano in UTI per distress respiratorio acuto. L’efficacia delle NIV è stata valutata in termini di percentuale di dimessi da UTI e ospedale. Dall’analisi dei dati dello studio è emerso che 14 e 10 pazienti su 18 sono stati dimessi rispettivamente dalla UTI e dall’ospedale avvalorando l’ipotesi che la che la NIV sembra essere un efficace supporto di ventilazione per questa tipologia di pazienti.

SRNI a scopo palliativo

In ambito palliativo i supporti respiratori non rappresentano l’approccio finale dopo una serie di tentativi falliti di assistenza atti a prolungare la vita, ma piuttosto una cura integrata per i pazienti in condizioni acute atte ad alleviare la sofferenza.

La NIV può essere presa in considerazione anche nel paziente con limitazione di cure e ai fini palliativi, con due possibili finalità, secondo quanto suggerito anche da una Task Force della Società di Medicina Critica 38:

  1. quella di trattare l’evento acuto in atto non-invasivamente (pazienti che hanno rifiutato l’intubazione ma che accettano di essere sottoposti al trattamento di salvataggio con NIV), sapendo che un fallimento di essa non porterà a un ulteriore escalation di terapia, con l’obiettivo di poter superare la fase acuta o prendere tempo per permettere al paziente di gestire il fine vita anche in ambito familiare/personale;
  2. con la sola finalità di ridurre la dispnea nel paziente con insufficienza respiratoria in fase terminale e in cui la sopravvivenza e il timing non sono un obiettivo.

Numerosi studi hanno mostrato, come la NIV sia in grado di ridurre la dispnea durante le riacutizzazioni acute di BPCO e di edema polmonare cardiogeno, riducendo significativamente il lavoro respiratorio 27.

Sulla base di queste evidenze, si è ipotizzato che la NIV potesse essere utilizzata durante la palliazione come intervento per massimizzare il comfort e minimizzare il distress respiratorio.

Un precedente studio multicentrico randomizzato controllato 39 che ha confrontato l’utilizzo della NIV con l’ossigenoterapia in pazienti affetti da tumore solido in fase terminale e IRA, ha dimostrato che la NIV rispetto all’ossigenoterapia riduce significativamente la dispnea e la frequenza respiratoria, associandosi anche a un ridotto utilizzo di dosi di morfina.

La NIV è in grado di ridurre più efficacemente la dispnea 40,41 rispetto all’ossigenoterapia convenzionale, tuttavia, molti pazienti mostrano nella pratica clinica routinaria difficoltà a tollerare la NIV per tempi sostenuti.

Nell’ultimo decennio è anche incrementato nella pratica clinica l’applicazione della HFOT come trattamento palliativo nel paziente oncologico, anche se le evidenze scientifiche sono tuttora limitate. La letteratura recente ha confermato l’efficacia della HFOT nell’IRA ipossiemica nel ridurre frequenza respiratoria e migliorare lo stato di ossigenazione 42,43,30. Il primo lavoro che ha valutato l’effetto della HFOT in pazienti con IRA con “do-not intubate order” ammessi in terapia intensiva è stato pubblicato nel 2013 44. Peters et al. hanno valutato l’applicazione della HFOT in 50 pazienti con IRA ipossiemica ipercapnica associata a segni di distress respiratorio. Da segnalare che il 14% dei soggetti arruolati era affetto da neoplasia polmonare. La HFOT si è dimostrata efficace nel migliorare lo stato di ossigenazione, nel ridurre la frequenza respiratoria (soltanto per il 18% dei casi è stato necessario ricorrere alla NIV) con un tasso di sopravvivenza pari al 40%. Pertanto, gli autori dello studio suggeriscono il trattamento con HFOT potrebbe essere considerato in alternativa alla NIV in casi e setting selezionati. Altri limitati studi hanno dimostrato che la HFOT può essere considerata uno strumento efficace nei pazienti oncologici (affetti anche da neoplasia polmonare) con insufficienza respiratoria in grado di migliorare lo stato di ossigenazione, la percezione della dispnea in grado di non interferire sulla capacità di alimentazione e bere da parte dei pazienti 45,46.

L’applicazione dei SRNI deve prevedere un monitoraggio frequente degli outcome clinici (dispnea e comfort del paziente) allo scopo di evitare la persistenza dei sintomi e un inappropriato utilizzo delle risorse assistenziali. La finalità del trattamento impostato (NIV, CPAP, HFOT, Ossigenoterapia, terapia medica compresa sedazione) dovrebbe essere chiaramente condivisa con il paziente, parenti e personale ospedaliero e inoltre documenta nella cartella clinica.

In relazione alla scelta di un trattamento con SRNI che non prevede il ricorso alla IET e VMI nelle due ultime categorie di pazienti con neoplasia polmonare che sviluppano un episodio di IRA (trattamento tetto o solo palliativo), sicuramente il setting da preferire non è l’UTI, ma altri a più bassa intensità di cura e maggiore possibilità di trattamenti umanizzati con possibilità di fine-vita in caso di fallimento, quali l’unità di terapia intensiva respiratoria (UTIP) e/o la degenza ordinaria 47.

Definizione e criticità inerenti alle decisioni di fine vita nel contesto dell’IRA nel paziente oncologico

La scarsa conoscenza e interpretazione delle definizioni inerenti alle decisioni di fine vita spesso porta a problematiche relative alla condivisione della limitazione o sospensione dei trattamenti. Riportiamo nella Tabella II un elenco di definizioni relative alla palliazione e fine vita nel contesto dell’IRA e dei trattamenti con supporti respiratori 48,49.

Nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi 20 anni, esistono nella pratica clinica ancora ostacoli significativi nel processo decisionale ottimale in merito al supporto respiratorio e l’assistenza di fine vita nei pazienti oncologici ricoverati per IRA. Una interessante survey somministrata a personale medico e infermieristico che lavorava in UTI ha attestato alcuni punti critici: formazione del medico nella comunicazione efficace con i pazienti e familiari, aspettative non realistiche del paziente e della famiglia sulla prognosi; incapacità dei pazienti di partecipare alle decisioni terapeutiche (in fase di acuzia, quando non sono state espressa in precedenza e in maniera esplicita le direttive anticipate sui trattamenti da parte dei pazienti); disaccordi all’interno delle famiglie sugli obiettivi di cura 50.

Conclusione

In conclusione, sebbene le prove dirette dell’utilizzo dei SRNI nei pazienti con tumore del polmone che sviluppano IRA siano deboli e richiedano uno sforzo ulteriore per studi più approfonditi, possiamo ipotizzare che l’avvento di tali metodiche di supporto respiratorio possano rappresentare un punto si svolta anche nella cura di tali condizioni morbose.

La gestione dell’IRA nel paziente affetto da neoplasia polmonare dovrebbe tuttavia considerare diversi fattori: lo stadio della malattia, la volontà del paziente, le risorse sanitarie locali e l’esperienza del team. In questo scenario la NIV e l’HFOT rappresentano il supporto respiratorio di elezione nel paziente oncologico in fase avanzata, a condizione che il medico analizzi attentamente la corretta selezione del caso e l’opportuna scelta del setting.

Figure e tabelle

a. HFOT vs NIV/CPAP
Facilità di gestione e minor necessità di competenze tecniche
Minor rischio di decubiti cutanei sul volto
Minor carico lavorativo degli operatori sanitari
Stabilità della nasocannula versus posizionamento di maschere/casco
Migliore tolleranza (specie nei pazienti claustrofobici)
Capacità di bere, mangiare, comunicare
Umidificazione e riscaldamento dei gas ottimale
Assenza di asincronie respiratorie legate alla presenza di perdite/incoordinazione paziente ventilatore
b. HFOT rispetto alla Ossigenoterapia convenzionale
Generazione di una lieve PEEP
Umidificazione e riscaldamento dei gas ottimale
Migliore tolleranza per flussi alti vs le cannule nasali semplici
Migliore tolleranza rispetto alle ventimask o reservoire se usate in continuo, nei pazienti claustrofobici
Capacità di bere, mangiare, comunicare anche con FiO2 elevate (vs ventimask e maschere reservoire)
Tabella I.Vantaggi dell’applicazione della HFOT rispetto all’ossigenoterapia convenzionale e la pressione positiva applicata alle vie aeree nel paziente affetto da neoplasia polmonare.
Decisione Definizione
Cure di fine vita Cura (comfort, sostegno e/o trattamento dei sintomi con farmaci sedativi) garantita ad un paziente nelle fasi terminali della malattia
Limitazione della ventilazione meccanica invasiva Decisione pianificata di non istituire terapie altrimenti giustificate (es: intubazione)
Interruzione della ventilazione meccanica invasiva Interruzione di trattamenti precedentemente iniziati (es: interruzione del supporto ventilatorio, estubazione)
NIV come trattamento tetto Decisione elettiva e condivisa di utilizzare la NIV come trattamento massimale dell’IRA (limitazione di cure invasive)
NIV su richiesta NIV applicata al paziente su richiesta per ridurre la dispnea e/o il distress respiratorio
Eutanasia Il medico intenzionalmente uccide una persona che soffre in maniera intollerabile e senza prospettiva di miglioramento, dopo volontaria, chiara, ripetuta, ben valutata e informata richiesta
Tabella II.Definizioni inerenti trattamenti di fine vita nel contesto dell’insufficienza respiratoria del malato oncologico polmonare.

Riferimenti bibliografici

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Affiliazioni

Luca Guidelli

UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo

Teresa Renda

UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo

Raffaele Scala

UOC Pneumologia e UTIP; Ospedale S Donato Arezzo

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2022

Come citare

Guidelli, L., Renda, T., & Scala, R. (2022). Assistenza respiratoria non invasiva nel paziente con neoplasia polmonare avanzata. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 37(1), 11-19. https://doi.org/10.36166/2531-4920-A091
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