Medical Humanities e Pneumologia
Pubblicato: 2018-10-15

Il dibattito filosofico e scientifico moderno e la medicina: Seconda parte - Paradigmi e libertà della ricerca scientifica

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Abstract

La moderna filosofia della scienza o epistemologia ha cercato per tutto il XX secolo di delimitare il campo di cosa fosse scientifico o meno. Ha cercato di rendere certo il procedimento della ricerca, per poi confessare la propria relativa impotenza. Ne consegue che oggi possiamo definire con maggiore sicurezza che cosa non sia scientifico dall’affermare che cosa lo sia. Questo fatto non deve scoraggiare lo studio e la comprensione della natura, ma rendere più umili e consapevoli sui limiti della conoscenza umana. La medicina moderna ha rinunciato da tempo al dibattito epistemologico. Segue il procedimento induttivo e non si pone troppe domande. Un limite che la rende debole e disarmata davanti alle sfide delle possibilità nuove di manipolazione del corpo umano e delle coscienze.

Articolo

Se esistono pensatori che hanno saputo abbracciare con le loro idee il panorama delle scienze e indicare dei punti di riferimento entro cui condurre ulteriori ricerche Thomas Kuhn appartiene a questo gruppo di filosofi. Era nato nel 1922 negli Stati Uniti, a Cincinnati, nello stato dell’Ohio. Dopo gli studi di fisica con il relativo dottorato presso l’Università di Harvard, si interessò alla Storia della scienza ed esordì come autore nel 1957 scrivendo un’importante monografia sulla nascita dell’astronomia moderna, La rivoluzione copernicana, un saggio dotato di una grande lucidità e qualità espositiva 1.

In questo libro Kuhn articolò una lucida definizione di quella che secondo lui poteva essere definita come scienza normale, una denominazione rassicurante che era in uso presso la comunità scientifica per fare affidamento su di un denominatore comune di conoscenza. Un territorio del sapere entro cui tracciare le direzioni per le esplorazioni verso verità razionali collegate all’assioma di partenza. Scrisse Kuhn:

Nel 1962 Thomas Kuhn pubblicò La struttura delle rivoluzioni scientifiche, un’opera che in pochi anni lo renderà famoso in tutto il mondo filosofico e scientifico. Insegnò lungamente ad Harvard sia Storia della scienza che Filosofia della scienza e poi a Berkeley, dove conobbe Paul Feyerabend con il quale iniziò un confronto speculativo che durerà tutta la vita. Fu infine professore a Princeton e presso il prestigioso MIT di Boston. Morì nel 1996 2.

Per Kuhn le grandi rivoluzioni scientifiche che avevano segnato i diversi momenti della storia della scienza non andavano considerate come confutazioni di singole ipotesi fino a quel momento accettate. Si trattava invece di complessi mutamenti degli orientamenti teorici, delle credenze anche di tipo metafisico e delle procedure sperimentali che caratterizzavano una data comunità scientifica. L’insieme di tali orientamenti fu da lui denominato utilizzando un termine divenuto famoso, quello di Paradigma. Le rivoluzioni scientifiche erano consistite nel passaggio da un paradigma all’altro, come ad esempio era avvenuto dal Sistema Tolemaico, che vedeva la Terra al centro dell’Universo, a quello Copernicano, che affermava invece il Sole essere fisso al centro del creato mentre tutti gli altri pianeti, Terra compresa, disegnavano le loro orbite intorno alla stella. La prevalenza di un dato paradigma aveva connotato una fase di scienza normale, in cui gli scienziati erano impegnati nella soluzione dei problemi che potevano essere formulati e risolti attraverso i concetti e gli strumenti propri del paradigma nel cui ambito essi lavoravano, senza mettere in discussione le verità di fondo del contesto scientifico e sociale entro cui conducevano le loro ricerche:

Contrariamente a quanto aveva affermato Karl Popper, Kuhn sostenne che gli scienziati non operassero mai per mettere in crisi le teorie in cui credevano, ma nella convinzione che all’interno di esse si potesse trovare la soluzione a tutti i problemi che potevano emergere durante le loro ricerche. La sperimentazione svolta all’interno di un paradigma poteva imbattersi in anomalie, ovvero in problemi non risolvibili all’interno del paradigma stesso e che si presentavano come una violazione delle aspettative del ricercatore. Il riconoscimento di un’anomalia non era tuttavia sufficiente di per sé a provocare una rivoluzione scientifica. Dava invece luogo a una situazione di crisi in conseguenza della quale la comunità scientifica cercava inizialmente di negare o di ridimensionare il problema, sforzandosi di introdurre degli aggiustamenti nel paradigma in modo da stabilizzarlo e da neutralizzare l’effetto dell’inconveniente. L’accumularsi di anomalie che non riuscivano a trovare una soluzione all’interno del paradigma dominante apriva un periodo di cambiamento definibile come Scienza straordinaria e rivoluzionaria, caratterizzato dall’elaborazione di nuovi concetti e dalla ricerca di nuove ipotesi sperimentali 2 3.

Questo stato poteva sfociare in una Rivoluzione Scientifica vera e propria, contraddistinta dall’adozione di un nuovo paradigma che si sostituiva al precedente. In ogni caso un paradigma non veniva mai abbandonato di colpo, per quanto inadeguato potesse rivelarsi e per quanto compromesso dalla presenza di molte anomalie. Rimaneva in vigore finché non ne fosse emerso uno nuovo che poteva sostituirsi al vecchio. La decisione di abbandonare un paradigma costituiva al tempo stesso la decisione di accettarne un altro e promuoveva la nascita di una nuova comunità scientifica la quale spesso non era in grado di comunicare adeguatamente con la vecchia. I costituenti teorici che erano alla base della nuova visione scientifica non erano infatti in accordo con quelli precedenti perché adoperavano un linguaggio ormai sostanzialmente diverso 4.

Il passaggio da un paradigma all’altro era quindi un mutamento che non consentiva la compresenza di altri. Come materia e antimateria essi si negavano l’uno con l’altro. Secondo Kuhn questo mutamento di prospettiva era paragonabile al processo di riorientamento comportamentale e visivo di un osservatore come era stato proposto dalla scuola psicologica della Gestalt. Secondo questa corrente della psicologia un individuo per comprendere il mondo che lo circondava tenderebbe a identificarvi delle forme visive familiari secondo alcuni schemi scelti tra i tanti possibili in base all’imitazione, all’apprendimento e alla condivisione di determinate credenze sociali. Attraverso processi di questo tipo si organizzavano sia la percezione umana che il pensiero e la sensazione. Secondo la Gestalt alcune immagini potevano essere interpretate da un osservatore come portatrici di un duplice significato. Ne erano un esempio alcune figure geometriche caratteristiche, come il Cubo di Necker, una rappresentazione bidimensionale ambigua, formata da una struttura a linee che corrispondeva a una proiezione isometrica di un cubo. Gli incroci tra due linee di cui era costituito il cubo non evidenziavano quale linea si trovasse sopra l’altra e quale sotto. In questo modo la rappresentazione diveniva ambigua e non era possibile indicare quale faccia del cubo fosse rivolta verso l’osservatore e quale fosse invece dietro il cubo. Oppure poteva trattarsi di disegni celebri, come quello del coniglietto che diventava una papera a seconda del diverso punto di osservazione dell’illustrazione (Figure 1 e 2).

Una caratteristica di questo passaggio interpretativo era costituita dall’incompatibilità delle due immagini alternative. Ciò voleva dire che quando si notava un significato non si poteva vederne l’altro e viceversa. Non esisteva dunque una fase intermedia in cui le due visioni fossero compresenti nell’interpretazione del soggetto, come avveniva per i due paradigmi scientifici, quello vecchio e quello nuovo, che non potevano in nessun caso coesistere:

Uno sviluppo più radicale di queste considerazioni e una diversa visione del processo della scoperta scientifica erano presenti negli studi e nei saggi del filosofo viennese Paul Feyerabend, vissuto a partire dal 1950 in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. Nato nel 1924 a Vienna e morto nel 1994 in Svizzera, Feyerabend fu allievo dapprima di Wittgenstein e poi di Popper e conquistò un’ampia fama internazionale con un suo libro del 1975 irriverente e provocatorio, intitolato emblematicamente Contro il metodo 6.

Per Feyerabend la scienza diventava una modalità di conoscenza per più versi impura, nel senso che egli la giudicava essere generata, alimentata e orientata da forti componenti storico-culturali e pratico-sociali. Erano presenti nella ricerca scientifica componenti ideologiche esterne che la influenzavano. Queste si muovevano sullo sfondo di interessi e di finalità reali, molto più che di astratti dettami teorici. Un sapere che viveva una condizione di cammino nel senso vero e proprio del termine. Mentre la tradizione del pensiero occidentale aveva disegnato un’immagine univoca e progressiva della scienza, Feyerabend si orientò verso una valutazione di tipo temporale e dinamico. Utilizzando questo punto di vista criticò la storicità dei principi considerati obiettivi, dei metodi e infine dei risultati finali sostenuti dalla scienza ufficiale:

Particolarmente interessanti appaiono alcune considerazioni di questo filosofo sul caso di Galileo Galilei. Secondo Feyerabend fu essenzialmente un approccio non filosofico ed epistemologico, ma di tipo storico, a favorire le sollecitazioni culturali che portarono Galileo a effettuare le sue scoperte. Lo scienziato pisano avrebbe infatti meritato la bocciatura se fosse stato esaminato secondo dei paradigmi strettamente razionalistici e induttivi. Nell’opera galileiana erano rintracciabili molte indebite generalizzazioni e molte disinvolture teoriche proibite dal giusto metodo. Ricordiamo tra tutte la non conoscenza del fenomeno dell’aberrazione della luce o aberrazione stellare, scoperto solo molti anni dopo Galileo dall’astronomo inglese James Bradley (1693-1762), di cui naturalmente lo scienziato italiano non poteva tenere conto. Una scoperta quest’ultima che avrebbe dimostrato con certezza il movimento orbitale della Terra intorno al Sole circa un secolo dopo la morte di Galileo. Ne derivava che le acquisizioni cognitive dell’astrofisica di Galileo fossero false, oppure che le regole del metodo potessero e talora dovessero essere trasgredite per permettere un balzo in avanti del sapere umano 7 8.

Su questa base Feyerabend propose una radicale liberalizzazione della metodologia scientifica tradizionale. Non aderì mai a una precisa scuola filosofica, ritenendo sbagliato uniformare il proprio atteggiamento a un insieme di principi invariabili. Il suo obiettivo fu quello di eliminare le sovrastrutture istituzionali sulle quali la scienza si era adagiata. Queste per il filosofo costituivano un freno per una conoscenza reale e innovativa dei problemi e per la stessa democrazia della comunità scientifica. Ritenne che ogni programma di ricerca, anche quelli più sicuri e condivisi, avessero dei limiti. Il modo migliore per sostenere questa valutazione consisteva nel dimostrare l’irrazionalità di alcune norme metodologiche che venivano di solito considerate fondamentali e intoccabili. Sottolineò l’importanza delle contraddizioni nella proliferazione di teorie che finivano a volte per essere in conflitto tra di loro. Valorizzò il ruolo di ciò che si potrebbe definire come la genialità della singola scoperta. Come alternativa propose una Teoria anarchica della conoscenza, secondo la quale la ricerca scientifica progrediva meglio se avveniva al di fuori di ogni autorità, compresa quella del metodo. Una ricerca che doveva cercare di essere dissacrante e libera dai condizionamenti, da qualunque parte questi provenissero 6-8.

L’anarchismo metodologico di Feyrabend coinvolse la storia della scienza e dell’epistemologia. Ogni mutamento di paradigma scientifico derivava dalla continua violazione di regole metodologiche e di condizionamenti culturali o ideologici. Feyerabend affermò che ogni principio proponibile era stato violato da scienziati brillanti e anticonformisti e che avrebbe dovuto essere violato perché la scienza potesse progredire. La filosofia della scienza tradizionale semplificava la logica scientifica, rendendola una successione di fatti e di conclusioni rassicuranti derivate da questi. Escludeva le violazioni di norme, di teorie e di interpretazioni e restava spesso in silenzio sugli errori con cui gli scienziati giudicavano alcuni eventi sperimentali o la benevolenza con cui spesso descrivevano le loro osservazioni. Secondo la visione di Feyerabend la metodologia pluralistica e anarchica che doveva essere alla base della proliferazione delle teorie non avrebbe ostacolato il progresso conoscitivo. Ne sarebbe stata invece un fattore di promozione, permettendo allo stesso tempo una vita più libera e felice per gli scienziati e di conseguenza per i beneficiari del loro lavoro, cioè l’umanità intera 9 10.

Figure e tabelle

Figura 1.Adottare un paradigma in una indagine scientifica è una modalità esclusiva di interpretare la realtà.

Figura 2.Uno schema derivato dai lavori di Thomas Kuhn che riassume la sua teoria del “paradigma”.

Riferimenti bibliografici

  1. Kuhn T. L’astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale.. Einaudi: Torino; 1972.
  2. Kuhn T. La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Come mutano le idee nella scienza.. Einaudi: Torino; 1969.
  3. Barnes B. T. S. Kuhn: la dimensione sociale della scienza. Il Mulino: Bologna; 1985.
  4. Geymonat L. Riflessioni critiche su Kuhn e Popper. Dedalo: Bari; 1983.
  5. Kuhn T. Le rivoluzioni scientifiche. Il Mulino: Bologna; 2008.
  6. Feyerabend PK. Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza.. Feltrinelli: Milano; 2013.
  7. Pacciolla C. La scientificità della scienza: saggio sull’epistemologia negativa di P. K. Feyerabend. Levante: Bari; 1999.
  8. Preston J. Feyerabend. Il Saggiatore: Milano; 2001.
  9. Corvi R. I fraintendimenti della ragione. Saggio su P. K. Feyerabend. Vita e Pensiero: Milano; 1992.
  10. Crescini A. (a cura di). Th. Kuhn-P. Feyerabend. L’irrazionalismo in filosofia e nella scienza. Editrice La Scuola: Brescia; 1989.

Affiliazioni

Federico E. Perozziello

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Perozziello, F. E. (2018). Il dibattito filosofico e scientifico moderno e la medicina: Seconda parte - Paradigmi e libertà della ricerca scientifica. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(5), 294-298. https://doi.org/10.36166/4920-2018-33-62
  • Abstract visualizzazioni - 128 volte
  • PDF downloaded - 278 volte