Articolo di revisione
Pubblicato: 2016-04-15

Disturbi respiratori del sonno e fibrosi polmonare idiopatica

UOC Pneumologia, Area Toracica e Pneumologica, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì
U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì
Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma
UOC Pneumologia, Area Toracica e Pneumologica, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma
Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma;
U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì; Department of Respiratory Diseases & Allergology, Aarhus University Hospital, Aarhus, Denmark
Fibrosi polmonare idiopatica Disturbi respiratori del sonno

Abstract

La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia polmonare interstiziale diffusa (ILD) caratterizzata da infiammazione e fibrosi progressiva del parenchima polmonare. I pazienti affetti da IPF presentano disturbi respiratori nel sonno (DRS) che si associano a ridotta qualità del sonno, ridotta qualità della vita e peggiore sopravvivenza. I DRS, la desaturazione sonno-relata e la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), hanno un’elevata prevalenza nei pazienti con IPF ma restano spesso non diagnosticati. La diagnosi e il trattamento dei DRS, in particolare dell’OSAS, consentono di migliorare sintomi, qualità della vita e sopravvivenza per cui dovrebbero essere perseguiti in tutti i pazienti affetti da IPF.

Introduzione

L’IPF è una polmonite cronica interstiziale progressivamente fibrosante da causa sconosciuta, è tipica dell’adulto anziano e si presenta con un pattern radiologico e istopatologico di polmonite interstiziale usuale (UIP) 1; ha una prognosi infausta sul breve-medio periodo (sopravvivenza media 2-5 anni) 2-4. Le principali vie patogenetiche dell’IPF non sono ancora chiare ma si ritiene che l’interazione tra fattori di stress ambientali e predisposizione genetica determini l’attivazione di percorsi multipli patogenetici per lo sviluppo della fibrosi 5-7. L’IPF è caratterizzata da grande eterogeneità clinica con un decorso molto variabile in ogni paziente che ostacola la valutazione prognostica, inoltre lo spettro clinico di questa malattia, la sua morbilità e mortalità sono influenzati anche dalla coesistenza di molteplici comorbilità 8 9.

I disturbi del sonno rappresentano un’importante comorbilità riconosciuta dalle linee guida ATS/ERS per la diagnosi e la gestione dell’IPF 1.

Numerosi studi hanno focalizzato l’attenzione sulla relazione fra DRS e qualità del sonno, sintomi, qualità di vita e sopravvivenza 9 10.

I disturbi del sonno rappresentano un’importante comorbilità riconosciuta dalle linee guida ATS/ERS per la diagnosi e la gestione dell’IPF.

Lo scopo del presente lavoro è quello di riassumere ciò che è attualmente conosciuto sui disturbi del sonno nei pazienti con IPF.

Struttura del sonno e IPF

I pazienti con IPF hanno importanti alterazioni della struttura del sonno, in particolare è stato descritto un incremento dello stadio 1-2 NREM ed una riduzione del sonno NREM ad onde lente e del sonno REM.

Bye et al. 10 hanno mostrato una grave riduzione del sonno REM. Perez-Padilla et al. 11 hanno osservato un peggioramento della qualità del sonno, un aumento dello stadio 1 NREM, una riduzione del sonno REM tra i pazienti con ILD rispetto ai controlli correlati per sesso ed età.

I pazienti con IPF hanno importanti alterazioni della struttura del sonno.

Inoltre nei pazienti con una saturazione ossiemoglobinica arteriosa in veglia inferiore al 90% si riscontravano maggiori anomalie della struttura del sonno rispetto a quelli con saturazione più alta, osservazione peraltro confermata da Mermigkis 12 e McNicholas 13.

Una riduzione dell’efficienza del sonno, dello stadio 3 NREM e del REM è stata riscontrata nei pazienti con ILD fibrosante stabile moderata (fibrosi diffusa all’esame radiologico, volumi e compliance polmonare ridotti) negli studi di Midgren 14 e Pihtili 15.

Qualità soggettiva del sonno e della vita

I DRS, frequenti nei pazienti con IPF, si associano a una scarsa qualità del sonno e della qualità della vita (QofL).

Krishnan et al. 16, attraverso l’utilizzo di test validati per la qualità soggettiva del sonno come l’indice di Pittsburgh (PSQI), per la sonnolenza diurna (scala di Epworth) e per la qualità di vita (SF36) hanno dimostrato che il gruppo dei pazienti con IPF, rispetto ai controlli sani, aveva una qualità del sonno peggiore. Inoltre la qualità del sonno era correlata con la sonnolenza diurna e la QofL.

In pazienti con IPF Mermigkis et al. 12 hanno studiato tramite polisonnografia e questionari standardizzati la qualità soggettiva del sonno (PSQI), l’attività fisica in veglia (FOSQ) e la fatica (FFS). Non è stata osservata una significativa correlazione tra i parametri di ossigenazione notturna e PSQI. Il valore totale di FOSQ era correlato negativamente con il tempo totale di sonno con saturazione ossiemoglobinica < 90% (CT90).

La FSS correlava con il CT90 e con la saturazione media di ossigeno durante il sonno. Clark et al. 17 hanno dimostrato che l’ipossiemia notturna (definita da un CT90 ≥ 2%) portava ad una riduzione della QofL peggiorando alcuni domini dell’SF36 (energia, attività fisica e attività sociale).

Disturbi respiratori nel sonno e IPF

I disturbi respiratori del sonno nei pazienti con IPF sono rappresentati dalla desaturazione sonno-relata e dalla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS).

I disturbi respiratori del sonno nei pazienti con IPF sono rappresentati dalla desaturazione sonno-relata e dalla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS).

Desaturazione sonno-relata e IPF

L’American Academy of Sleep Medicine (AASM) ha definito la desaturazione sonno-relata come una saturazione < 90% per almeno 5 minuti e con nadir ≤ 85% 18.

Nella patogenesi del disturbo desaturativo nel sonno dell’IPF intervengono l’ipoventilazione alveolare, l‘alterato rapporto ventilazione/perfusione e la ridotta capacità di diffusione polmonare dei gas.

Nella patogenesi del disturbo desaturativo sonno-relato dell’IPF intervengono, isolatamente o in associazione, l’ipoventilazione alveolare, l‘alterato rapporto ventilazione/perfusione e la ridotta capacità di diffusione polmonare dei gas. In veglia si instaurano dei meccanismi di compenso come l’aumento della chemiosensibilità ventilatoria e della risposta al carico meccanico che determinano un’attivazione dei muscoli respiratori favorendo, almeno nelle forme lievi di malattia, una normale ventilazione alveolare ed il mantenimento dell’omeostasi gassosa nel sangue. Nel sonno questi meccanismi di compenso si riducono con comparsa di insufficienza respiratoria ipercapnica e/o ipossiemica.

Gli studi che hanno valutato la prevalenza e la gravità del disturbo desaturativo nel sonno dei pazienti con ILD e/o IPF si caratterizzano per la grande disomogeneità di definizioni usate, quasi sempre non in linea con la definizione AASM di desaturazione sonno-relata.

Bye et al. 10 hanno osservato un’importante riduzione della SaO2 media durante il sonno REM. McNicholas et al. 13 hanno dimostrato in un limitato numero di pazienti IPF che tutti i soggetti avevano episodi di desaturazione ossiemoglobinica durante il sonno ma la SaO2 media presentava solo una lieve riduzione tra veglia e sonno: questi dati, che potrebbero comunque essere condizionati dall’esiguità ed eterogeneità del campione, escluderebbero per gli autori la necessità di esami nel sonno e di ossigenoterapia notturna in pazienti con SaO2 in veglia non gravemente compromessi. Midgren et al. 14 hanno mostrato risultati simili.

Perez-Padilla et al. 11 invece hanno osservato nei pazienti con ILD fibrosante un CT90 gravemente compromesso rispetto ai sani (43,3 ± 14,9% vs 0,2 ± 0,1) con SaO2 in progressivo peggioramento dal sonno leggero NREM al sonno NREM ad onde lente fino al sonno REM.

Corte et al. 19 hanno trovato una grave desaturazione notturna (CT90 >10%) nel 37% di 137 pazienti con ILD (IPF, NSIP, ipertensione polmonare).

Trakada et al. 20 hanno osservato che tutti i 38 pazienti con ILD studiati presentavano una caduta della saturazione nel sonno al di sotto del 90% per almeno 5 minuti con nadir 85%.

Mermigkis et al. 12 hanno dimostrato, confrontando pazienti con IPF e controlli sani, valori significativamente peggiori in SaO2 media, SaO2 minima e CT90 (SaO2 media 91,6% vs 95,3%, SaO2 min 81% vs 91,3%, CT90 34,3% vs 0,9%) senza sostanziali differenze invece nell’indice di apnea-ipopnea (AHI).

Nello studio di Clark et al. 17, comprendente 67 pazienti con ILD (60 IPF, 7 connettivopatie), la SaO2 media era 92,5% ed il 18% dei pazienti aveva un CT90 > 30%.

Questi dati nella loro globalità consentono di ritenere che il disturbo desaturativo tonicamente prolungato nel sonno nei pazienti con IPF è frequente e spesso grave.

Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno e IPF

Nonostante l’aumentato drive ventilatorio che è ritenuto un fattore di protezione per l’OSAS 12, la prevalenza del disturbo apnoico in sonno nell’IPF è alta arrivando fino all’80% dei pazienti 21, in particolare sarebbero a rischio i pazienti con indici clinici, funzionali e radiologici più gravemente compromessi.

La prevalenza del disturbo apnoico in sonno nell’IPF è alta arrivando fino all’80% dei pazienti.

Mermigkis et al. 22 hanno analizzato 18 pazienti con IPF diagnosticando l’OSAS in 11, una Upper Aiway Resistence Syndrome in 3, un russamento semplice in 4 soggetti. L’indice di apnea-ipopnea (AHI) in sonno REM e l’AHI totale correlavano negativamente con gli indici di funzionalità ventilatoria: FEV1 (volume espiratorio forzato al primo secondo), FVC (capacità vitale forzata) e CPT (capacità polmonare totale). Questi dati sono coerenti con l’ipotesi che i volumi polmonari ridotti nei pazienti con ILD possono ridurre la stabilità delle vie aeree superiori a causa della diminuzione della trazione tracheale. A questo si aggiunge la fisiologica riduzione dei volumi polmonari nel sonno, in particolare durante il sonno REM per ipoattività dei muscoli intercostali. Questa riduzione volumetrica è ulteriormente aggravata nei pazienti IPF con obesità.

Mermigkis et al. 23 in 34 pazienti con IPF moderata hanno confermato l’alta incidenza di OSAS (59% in totale, 44% lieve, 15% moderata-severa). Il sonno REM risultava il periodo più vulnerabile per i disturbi respiratori notturni con AHI in REM > 5 anche nei pazienti con AHI totale normale. L’AHI in REM correlava con la CPT rafforzando l’ipotesi che ridotti volumi polmonari favoriscano l’instabilità delle vie aeree superiori soprattutto durante la fase REM.

Lancaster et al. 21 hanno riportato simili risultati: l’88% dei pazienti con IPF aveva un AHI > 5, il 20% aveva un OSAS lieve (AHI > 5 e ≤ 15) e il 68% presentava un OSAS moderata-severa (AHI > 15). Gli autori hanno ipotizzato che i flussi, i volumi polmonari e il test di diffusione del CO (DLCO) non correlavano con l’AHI e la severità dei disturbi respiratori notturni a causa della posizione non supina ma seduta del paziente durante l’esecuzione dei test di funzionalità polmonare. Poiché l’OSAS nei pazienti con IPF risulta poco sintomatica, la scala di Epworth e la scala SA-SDQ (Sleep Apnea Scale of the Sleep Disorders Questionnaire) somministrati da soli e in combinazione non rappresentavano per gli autori un affidabile strumento di screening.

Mermigkis et al. 24 hanno osservato su 23 pazienti con IPF moderata, applicando le linee guida dell’American Academy Sleep Medicine 25, che il 22% dei soggetti aveva valori normali di AHI, il 26% presentava un AHI compatibile con OSAS di grado lieve e il 52% di grado moderato-severo. Negli studi di Lancaster 21 e Mermigkis 24 gli eventi respiratori erano prevalentemente ipopnoici.

Pihtili et al. 15 hanno diagnosticato un’OSAS nel 68% dei pazienti affetti da ILD (17 soggetti con IPF, 15 con sarcoidosi stadio II-III, 18 con sclerodermia), la prevalenza dell’OSAS era rispettivamente 82,3% nell’IPF, 66,6% nella sarcoidosi e 55,5% nella sclerodermia. La frequenza dell’OSAS era più alta nei pazienti con patologia più avanzata e con maggiore coinvolgimento radiologico.

IPF, DRS e mortalità

Oltre che su sintomi, qualità del sonno e della vita, i DRS sembrano condizionare gravità della malattia e mortalità dei pazienti con IPF.

L’ipertensione polmonare (IP) è una complicanza comune di IPF con una incidenza che varia tra 32 e 85% dei casi 26. Lo sviluppo dell’IP durante il corso della malattia ha un impatto negativo sullo stato funzionale, sulla qualità della vita dei pazienti ed è associato ad una peggiore sopravvivenza.

Lo sviluppo dell’IP durante il corso della malattia ha un impatto negativo sullo stato funzionale, sulla qualità della vita dei pazienti ed è associato ad una peggiore sopravvivenza.

La patogenesi dell’IP non è completamente nota ma la vasocostrizione polmonare ipossica unitamente all’aumento della endotelina-1, alla disfunzione endoteliale, al rimodellamento permanente della parete vasale sono meccanismi ben conosciuti di ipertensione polmonare sia idiopatica che secondaria a malattie croniche del polmone 27.

Pitsiou et al. 26 nello studio condotto su 33 soggetti con IPF hanno osservato la presenza di IP nel 57% dei pazienti. L’ipossia notturna correlava non solo con la disfunzione del ventricolo destro ma anche con l’IP nelle forme più severe per cui gli autori hanno concluso che essa rappresenta un fattore di rischio dell’IP.

Corte et al. 19 in pazienti ILD (IPF, NSIP, IP) hanno dimostrato che il rischio di mortalità correlava con l’indice di desaturazione ossiemoglobinica (ODI), numero di cadute di SaO2 < 90%, peptide natriuretico cerebrale ma soprattutto con IP moderata-grave. In pazienti con IPF e DLCO > 35%, gli autori hanno retrospettivamente comparato ODI, severità dell’IP e della fibrosi definita dall’indice composito fisiologico (CPI), osservando che la desaturazione notturna era correlata più con la gravità dell’IP che con il grado di fibrosi.

Kolilekas et al. 28 hanno dimostrato in pazienti con IPF che il pattern desaturativo intermittente acuto nel sonno è un predittore indipendente di sopravvivenza. I dati di questo lavoro sono coerenti con l’esistenza di una relazione tra danno polmonare, gravità delle desaturazioni acute intermittenti nel sonno, IP e sopravvivenza dei pazienti con IPF.

Strategie terapeutiche

La diagnosi ed il trattamento dei DRS nei pazienti con IPF è un obiettivo terapeutico primario in grado di migliorare significativamente qualità del sonno, sintomi e qualità di vita dei pazienti 15 21 24 26 29 30 31.

Gli strumenti terapeutici a disposizione sono l’ossigenoterapia per i disturbi desaturativi nel sonno e la pressione continua positiva nelle vie aeree superiori (CPAP) per l’OSAS.

Gli strumenti terapeutici a disposizione sono l’ossigenoterapia per i disturbi desaturativi nel sonno e la pressione continua positiva nelle vie aeree superiori (CPAP) per l’OSAS. La somministrazione di ossigeno non è di particolare difficoltà, risulta piuttosto tollerata dal paziente nel risolvere la dispnea e da tempo viene suggerita per le forme avanzate di IPF.

L’uso dell’ossigenoterapia domiciliare nell’IPF non modifica la curva di sopravvivenza, non ci sono dati sulla qualità di vita e sulle modifiche dei parametri funzionali 32 33.

Mermigkis et al. 24 hanno dimostrato che i pazienti con IPF e OSAS avevano un miglioramento significativo nella qualità del sonno e della vita (misurata con i questionari FOSQ, ESS, PSQI, FSS, SF-36, Beck Depression Inventory) nonché degli indici polisonnografici dopo 1, 3 e 6 mesi dall’inizio della terapia con CPAP.

In un successivo studio multicentrico lo stesso autore 29 ha evidenziato che il trattamento dell’OSAS con pressione positiva continua nelle vie aeree (CPAP) migliorava la sopravvivenza nei pazienti con IPF, in particolare nei soggetti con buona aderenza. Dopo due anni dall’inizio del trattamento con CPAP i pazienti con buona aderenza erano tutti viventi contrariamente al gruppo dei pazienti non aderenti.

Conclusione

I DRS hanno un’elevata prevalenza nei pazienti con IPF, si associano a un’alterazione della struttura del sonno, a riduzione della qualità della vita e a peggioramento della sopravvivenza.

In base alla letteratura oggi disponibile la terapia con CPAP dell’OSAS migliora questi outcomes; non ci sono dati su ossigenoterapia e correzione di disturbo desaturativo prolungato nel sonno.

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Affiliazioni

Luca Viglietta

UOC Pneumologia, Area Toracica e Pneumologica, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Marcello Bosi

U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì

Sara Tomassetti

U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì

Giulia Milioli

Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma

Flaminio Mormile

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Mario Giovanni Terzano

Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma

Liborio Parrino

Centro Disturbi Del Sonno, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma;

Venerino Poletti

U.O. di Pneumologia, Dipartimento Malattie del Torace, Osp. G.B. Morgagni-L. Pierantoni, Asl Romagna sede di Forlì; Department of Respiratory Diseases & Allergology, Aarhus University Hospital, Aarhus, Denmark

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2016

Come citare

Viglietta, L., Bosi, M., Tomassetti, S., Milioli, G., Mormile, F., Terzano, M. G., Parrino, L., & Poletti, V. (2016). Disturbi respiratori del sonno e fibrosi polmonare idiopatica. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 31(2), 78-82. https://doi.org/10.36166/4920-2016-31-25
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